VILLA DEI VESCOVI - Luvigliano di Torreglia (Pd) [FOTO]

Un soggiorno ai confini del tempo

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    VILLA DEI VESCOVI
    Luvigliano di Torreglia, Padova



    VILLA DEI VESCOVI
    Via dei Vescovi 4
    35031 Luvigliano di Torreglia, Padova
    Tel. 049 9930473 - Fax 049 9933395
    e-mail: [email protected]
    sito web: www.villadeivescovi.it

    VIRTUAL TOUR



    LA STORIA

    Villa dei Vescovi venne edificata tra il 1535 e il 1542 su un terrapieno dei Colli Euganei dalla curia di Padova, per offrire al vescovo una sontuosa casa di villeggiatura estiva. Il vescovo committente fu Francesco Pisani (episcopato dal 1524 al 1564), mentre per l’esecuzione dell’opera venne incaricato il nobiluomo Alvise Cornaro, amministratore della mensa vescovile dal 1529 al 1537. Cornaro, con l’appoggio del vescovo Pisani, ne affida il progetto al pittore architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona 1468 – Padova 1535).


    Nella versione originale, la Villa era costituita da un compatto parallelepipedo a base quadrata, alleggerito su due lati del primo piano da due logge aperte sul paesaggio circostante. All'interno la parte cinquecentesca prevedeva un ambiente centrale al piano terra, sovrastato da un cortile pensile in corrispondenza del piano nobile. Allontanandosi dai tradizionali canoni costruttivi locali, l’edificio superava quindi i confini regionali per trarre ispirazione dai contemporanei modelli fiorentini o per risalire addirittura agli esempi dell’antichità romana, fornendo così una personale anticipazione della posteriore opera palladiana. Tale influenza della classicità si inseriva d'altra parte all'interno di un più ampio programma politico di trasformazioni territoriali, teso a ribadire l'origine romana della città di Padova: lo stesso nome di Luvigliano deriva infatti da "Livianum", che all'epoca veniva identificato come il sito in cui Tito Livio avrebbe edificato la sua villa in campagna. Tra gli architetti che succedettero al Falconetto, oltre all’intervento di Giulio Romano sul bugnato del piano terreno, è certa la presenza dell’istriano Andrea da Valle (?-1577) che, chiamato dai vescovi Alvise Pisani (episcopato dal 1567 al 1570) e Federico Corner (episcopato dal 1577 al 1590), diresse importanti interventi monumentali che modificarono il complesso della Villa, privilegiando e sviluppando il lato ovest. Venne costruito con la sua direzione un nuovo accesso principale costituito dalla corte quadrata e dalla recinzione merlata aperta in tre ampi portali. La facciata stessa della Villa venne arricchita con le scalinate di collegamento tra la loggia e la piattaforma a terrazza. Successivamente Vincenzo Scamozzi (Vicenza 1552 - Venezia 1616) intervenne sulla facciata orientale con l’inserimento di una scalinata e di una grotta con fontana. Nel Seicento, diversi vescovi dedicarono molta attenzione ai giardini, agli orti e al brolo negli spazi circostanti la Villa. All’episcopato (1697-1722) di Giorgio Corner (o Cornaro), vanno ascritti ulteriori miglioramenti, tra cui il completamento della scalinata dalla loggia orientale alla piattaforma, così come alcuni interventi sono attribuibili a Minotto Ottoboni (vescovo dal 1730 al 1742), mentre all’epoca del benedettino Nicolò Antonio Giustiniani (vescovo dal 1772 al 1796) o del suo predecessore, potrebbe collocarsi la revisione planimetrica con la risistemazione di alcuni spazi interni. Poco si conosce delle vicende di Villa dei Vescovi nell’Ottocento. Nel 1910, il vescovo Luigi Pellizzo decise di privarsi dell’uso della dimora per affittarla a un privato che si facesse carico dei restauri resi necessari. Durante la seconda guerra mondiale la residenza fu messa a disposizione delle famiglie sfollate e per un breve periodo fu anche sede del monastero delle suore Carmelitane Scalze. Nel dopoguerra, Villa dei Vescovi divenne “Villa San Domenico Savio”, sede degli esercizi spirituali per i giovani. Nel 1962 esaurita anche quest’ultima funzione la Villa venne quindi ceduta, destinando il ricavato all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, a Vittorio Olcese e all'allora consorte Giuliana Olcese de Cesare, che ne curarono un primo restauro sia nella struttura architettonica sia nella decorazione interna ad affresco, riportata finalmente alla luce dopo secoli di mascheratura. Nel 2005 Maria Teresa Olcese Valoti, seconda moglie di Vittorio, e il loro figlio Pierpaolo decisero di donare Villa dei Vescovi al FAI. Concepita sin dall’inizio come palazzo di città e destinata a ritrovo per intellettuali e circoli umanistici, l’imponente dimora è giunta straordinariamente intatta fino ai nostri giorni, mantenendo a tutt’oggi l’antico rapporto di dialogo e armoniosa convivenza col paesaggio circostante.


    AFFRESCHI

    Lambert Sustris nasce tra il 1510 e il 1515 ad Amsterdam, dove probabilmente si educa all’arte nella bottega di Jan van Scorel. Giunge a Venezia nella prima metà degli anni Trenta e poco dopo scende a Roma per studiare le antichità e le opere di Raffaello e della sua scuola. Nella risalita verso Venezia è presumibile si sia fermato a Firenze e a Mantova, dove era attivo Giulio Romano, principale erede del Sanzio. Tornato a confrontarsi con il senso del colore e della luce dei pittori veneziani (Tiziano, Paris Bordon, Bonifacio de’ Pitati), Sustris, grazie alle sue esperienze centroitaliane, è subito in grado di diventare uno dei protagonisti del rinnovamento in chiave manieristica, prodotto dall’arrivo in laguna dei toscani Francesco Salviati, di Giuseppe Porta, suo allievo, e di Giorgio Vasari. Sustris arriva a Padova nel 1541 qualificandosi come portavoce della corrente postraffaellesca, particolarmente apprezzata dai colti mecenati patavini impegnati proprio in quegli anni in imprese edilizie e artistiche di grande rilievo e ansiosi di accogliere la nuova moda decorativa “alla romana”. Nel momento (1542) in cui il vescovo Pisani, desiderando dar corso all’arredo pittorico della sua nuova Villa, richiede i consigli di Giulio Romano, Sustris era, in Veneto, uno dei pochi artefici in grado di vantare un patrimonio di conoscenze visive, accumulato in centri quali Roma e Mantova in cui era stato messo a punto un linguaggio decorativo di orientamento classico e anticheggiante, allora inedito nel veneziano.


    SALA DELLE FIGURE ALL'ANTICA

    Si tratta dell’ambiente più integro per quanto riguarda gli affreschi.

    Tuttavia, alcune porzioni di affresco sono andate perdute per l’apertura di una porta sul lato est e per lo spostamento di quella che originariamente immetteva nell’attigua Stanza del putto, della quale resta traccia nel putto alato della sovrapporta. Questa Sala, la più ampia del piano nobile, con le finestre a sud e l’ingresso dal supposto cortile pensile al centro, doveva avere una funzione di rappresentanza, la decorazione è adeguatamente ricca di suggestioni romane e antichizzanti. Lesene in finto marmo poggianti su un basso zoccolo scandiscono la superficie delle pareti, inquadrando nicchie con finte statue (forse di divinità) alternate a edicole con figure virili e femminili paludate, sedute in atteggiamenti solenni sullo sfondo di tendaggi di colore verde e viola: si tratta forse di imperatrici e imperatori. Nel contesto privato della Villa vescovile l’omaggio alla romanitas si esplica in forme “silenziose”, prive di enfasi retorica. Sopra il cornicione, nell’alto fregio, erme monocrome (tra le quali si riconoscono Nettuno, Plutone e Bacco) scandiscono, in corrispondenza delle finte nicchie sottostanti, spazi “pieni” decorati con trofei di vasi, armature, scudi e vessilli, e, sopra le figure del registro principale, riquadri aperti su paesaggi, campestri o marini, con rovine e piccole figure: alcune riferibili a divinità (Cerere, dea della terra, Diana, protettrice delle fonti e dei torrenti, Bacco fanciullo sull’asino) o a episodi del mito (Ratto di Proserpina, Arianna abbandonata nell’isola di Nasso). Decisamente notevoli anche i paesaggi del fregio, finzioni così importanti per novità e bellezza nell’insieme della decorazione di Luvigliano. Questo tipo di pittura parietale presenta figure umane subordinate agli spazi aperti e un gusto per lo sfondamento illusorio delle superfici, ‘tipicamente’ antico.


    SALA DA PRANZO

    La Sala da pranzo di Villa dei Vescovi presenta due diverse tipologie decorative (a riquadri geometrici verso le finestre; con grandi paesaggi nella parte più interna) chiaramente pensate per stanze distinte, in seguito unificate. La Sala – dati i soggetti delle pitture – doveva essere un luogo destinato alla lettura e alla musica: sulla parete di destra, alquanto rovinata e poco leggibile, in un contesto naturale costellato di edifici antichi in rovina è raffigurato in primo piano il poeta Orfeo che suona la lira con a fianco probabilmente una donna seduta (Euridice?), mentre sul lato opposto è dipinta la scena di Apollo e Marsia, il satiro punito dal dio per la superbia dimostrata in una gara musicale. La parte più esterna della stanza presenta invece una decorazione ‘pompeiana’ a riquadri geometrici colorati, cornici con motivi vegetali stilizzati, piccoli paesaggi e tondi figurati su fondo bianco, che ripropongono schemi e motivi desunti dalla Domus Aurea, principale fonte di ispirazione per gli allievi di Raffaello. Medesima origine ha il fregio bianco a grottesche - con festoni vegetali trattenuti da figure di nudi maschili e femminili a mo’ di erme, aironi, pappagalli, bracieri, canestri e clipei - nei due ambienti del lato orientale, che immettono nelle stanze d’angolo, decorate da una finta tappezzeria (in gran parte rifatta) e un fregio con mascheroni.


    STANZA DEL PUTTO

    L’intera decorazione è risolta con grandi vedute paesaggistiche a tutta parete, che illusionisticamente si aprono oltre una semplice intelaiatura architettonica costituita da pilastri poggianti su un basso zoccolo e sormontati da un fregio a triglifi. Straordinaria è la soluzione delle due pareti d’angolo, spalancate su lontani orizzonti marini e su campagne costellate di ruderi, casolari e piccole figure, in un rapporto con l’ambiente reale visibile dalla finestra. Sulla parete verso la loggia sono invece raffigurati Apollo e Dafne, i due personaggi entrano nella stanza coinvolgendo il visitatore in un gioco illusionistico a differenza dell'immagine opposta del Putto che, invece, sembra faccia parte dello spazio interno. Da notare sicuramente è il grappolo d'uva tenuto in mano dalla figura del Putto. Si tratta della famosissima uva "Garganega": un uva ad acino grosso tipica dei Colli Euganei.

    LE LOGGE

    Straordinaria è tutt'oggi la decorazione delle logge situate sui lati est e ovest.

    Per il vescovo Pisani questi spazi, che connettevano il ‘blocco’ squadrato della Villa con la natura circostante, dovevano avere un significato particolare, se è proprio per dipingere “alcune logge” che egli cerca la consulenza di Giulio Romano. Come già aveva potuto vedere a Mantova, Sustris dipinge sulle pareti interne vasti paesaggi fluviali e rocciosi inquadrati da arcate con balaustre che raddoppiano quelle reali prospicienti sulla campagna. L’illusione di trovarsi nelle ‘passeggiate coperte’ (ambulationes) descritte da Vitruvio è poi assicurata, su tutti i lati della loggia orientale, da un finto pergolato con tralci di canne lacustri e vitigni, popolati di putti trainati da cani o reggenti in mano un serpente, e, nell’altra, da un traliccio ligneo con oculi da cui si affacciano dei putti che giocano e finte statue (ora pressoché scomparse). Qui più che mai è evidente come l’anima nordica del pittore produca una reinterpretazione in chiave più realistica delle illusive soluzioni decorative di origine antica: se, infatti, l’idea delle finte arcate e dei paesaggi dipinti è di ascendenza romana -antica e moderna-, le visioni di lontani orizzonti marini o campestri realizzate da Sustris sono ancora dentro alla tradizione fiamminga delle vedute ‘a volo d’uccello’, così come la profusione di elementi vegetali è spia di una particolare attitudine naturalistica.

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    I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI E GLI ARREDI STORICI

    Nel dicembre 2007, a pochi mesi dall’inizio dei lavori di restauro, alcuni significativi ritrovamenti archeologici hanno richiesto la necessaria sospensione delle attività di cantiere. La Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto ha eseguito accurati scavi in tutto il piano terrazza, che hanno rivelato l’esistenza di una necropoli attorno al sedime di una chiesa, dedicata a San Martino, e di una torre ottagonale. Nel 2008 i lavori sono ripresi: al piano terrazza si provvede all’inserimento di tutte le reti impiantistiche, opportunamente modificate per tutelare i ritrovamenti archeologici, dei quali si conserva traccia nel disegno della nuova pavimentazione in cotto. Nella primavera del 2008 il cantiere ha coinvolto le parti esterne della Villa: vengono montati i ponteggi su tutte le facciate, i corpi scala e le balaustre, che sono oggetto di un lungo e delicato lavoro di restauro che coinvolge anche la cinta muraria interna. Gli interventi, indirizzati a non modificare sostanzialmente l’aspetto dell’edificio e a evitare di effettuare rimozioni e sostituzioni, operando nell’ottica della conservazione della materia, sono stati preceduti da una serie di indagini chimico-fisiche preliminari di approfondimento diagnostico. Su stucchi, intonaci, cotti, materiali lapidei sono stati eseguiti puntuali interventi di preconsolidamento, per poi procedere a operazioni di pulitura, stuccatura, consolidamento e protezione. La cinta muraria interna è stata oggetto di importanti lavori di consolidamento strutturale. Anche il muro di cinta esterno e i portali sono stati restaurati molto accuratamente con interventi di pulitura, stuccatura, consolidamento e di protezione. Il progetto di sistemazione della corte, iniziato nel 2010, è stato preceduto da un accurato rilievo fitopatologico delle piante, che ci ha costretto all’abbattimento di un cedro. I lavori nella corte hanno compreso non solo la sistemazione delle aree verdi e dei vialetti, ma anche un complesso adeguamento delle reti impiantistiche di drenaggio e di illuminazione. Sia gli esterni che gli interni del bene, infatti, sono stati illuminati con apparecchi appositamente studiati e concepiti per la Villa e lo spazio antistante. L’accessibilità al piano nobile della Villa e al primo piano della Barchessa è stato reso possibile da due elevatori, la cui realizzazione ha comportato importanti lavori di adeguamento impiantistico e strutturale. Nella Barchessa vengono realizzati inoltre alcuni lavori di consolidamento strutturale del solaio e la posa degli impianti elettrici e di riscaldamento. Nel sottotetto è stata creata un'accogliente Foresteria, che permette di immergersi nella bellezza e nella tranquillità dei Colli Euganei. per una pausa dalla frenesia della vita quotidiana. Insieme alla Villa, al parco e ai vigneti circostanti, la donazione ha incluso anche una consistente quantità di arredi storici. Dopo averne eseguito l’inventario e la ricognizione dello stato di conservazione, e averli imballati e rimossi durante i lavori di restauro, sono stati finalmente restaurati e ricollocati nel 2011, quando sono iniziati gli allestimenti interni sia degli ambienti storici della Villa sia degli spazi funzionali all’attività museale. Nella Barchessa sono stati collocati il negozio e la biglietteria; al piano terrazza della Villa sono state allestite le sale della comunicazione, che raccontano la storia del bene, le sue peculiarità artistiche e architettoniche e illustrano i principali restauri eseguiti; al piano nobile, dopo aver restaurato i pavimenti alla veneziana, le stanze sono state riallestite con gli arredi storici; al piano sottotetto infine si sono allestite le due grandi e accoglienti foresterie.

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