CHIARA VIGO maestro del bisso: la seta del mare [FOTO]

Sapete che cosa è il bisso? Non si vende e non si compera

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  1. Violetta:)
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    Sapete che cosa è il bisso?
    Non si vende e non si compera



    È una seta che nasce dal mare. gli abiti di re Salomone e di altri potenti. Lo raccoglievano e lo filavano le donne dell’acqua. Ne è rimasta una, a Sant’Antioco




    Panni nunziali, abiti da battesimo: tessuti in lino antico, intrecciati in bisso. Tradizioni per pochi. Non si tratta di denaro o propensione a una modernità che le ha cancellate. Il bisso, “il filo dell’acqua”, impercettibile al tatto, evanescente, forte e luminoso è prezioso. Preziosissimo: non si vende, non si compera. È. Nasce da un canto. E anche se arriva dal mare, non è un suono di sirene. Parole misteriose ne accompagnano la filatura che è quasi una danza. La tessitura, poi, avviene a telai in canne con l’unghia che entra fra le trame per disegnare nell’ordito. La “seta del mare” (l’altro suo nome) si ottiene dai filamenti che secernono le Pinna nobilis, molluschi conosciuti anche come nacchere, che così si ancorano ai fondali sabbiosi. Di bisso erano gli abiti di re Salomone, di sovrani e potenti. Lo raccoglievano e lo lavoravano le donne dell’acqua, sacerdotesse del mare che vivevano sulle sponde del Mediterraneo. Ne è rimasta una sola, Chiara Vigo, sessantenne dal volto mediterraneo, tratti decisi, espressione volitiva, vive a Sant’Antioco, lembo di terra trattenuto dalla Sardegna attraverso un piccolo istmo. La sua arte le arriva dalla nonna, passata attraverso gesti e parole che investono di sacralità. Sono i canti che Chiara Vigo intona a ogni alba di fronte l’orizzonte. Sono le lezioni (obbligatoriamente gratuite) che impartisce a chiunque arrivi alla sua “stanza”, il Museo del Bisso di Sant’Antioco, lo è l’insistere sui tempi necessari per fare le cose («ci voglio 3 primavere per filare 12 metri di bisso ritorto, 5 anni per un unghiato di 40 per 50 cm»). E sono sacre le forme, sempre simboliche e dense di messaggi, di ogni disegno.


    Sciamanico è il suo modo di porgere un filo a chi la va a trovare: lo arrotola intorno alla vera (quella che ha suggellato il suo giuramento dell’acqua), lo ritorce e lo dona. Perché ritornino a chiedere un panno nunziale o un abito da battesimo. Che verrà di nuovo donato (liste d’attesa permettendo). «Ho imparato da mia nonna a nuotare in apnea nelle acque della laguna», racconta Chiara Vigo. «Tornare a casa e dissalare la fibra, in seguito comporre il colore con le bave marine delle conchiglie e con le erbe. Tutto nasce dal fatto che il racconto orale e i gesti di mia nonna mi sono congeniali, lei tesse dentro di me un arazzo che non sarebbe possibile disfare». Chiara, adulta continua a tessere e imperlare storie che si materializzano nei tessuti e nei racconti. «Amo raccontare di volta in volta a chi vuole conoscere la mia storia perché la trasmissione orale e gestuale non si può mettere nero su bianco ma crea un tessuto di incontro verso chiunque voglia entrare nel mondo segreto di un Maestro». Alla parola scritta è giunta Susanna Lavazza che domani a Siena, e il 13 dicembre a Busto Arsizio, presenta Chiara Vigo l’ultimo Maestro di bisso (edito da Carlo Delfino). Il tempo ancora domina il tessuto. Cinque anni di ricerca sul campo, accanto a Chiara, Susanna ha raccolto l’alchimia delle sue parole e delle sue trame. «Chiara non è solo una tessitrice è Maestro di Vita», racconta la giornalista. «Tessere è un modo di essere che insegna a chi le sta accanto: l’ordito è già nelle nostre vite, come lo è nei telai, ma in base alle trame che ognuno di noi intreccia si costruisce il proprio futuro e il tappeto su cui cammineranno le nuove generazioni». Tessuto, dopo tessuto in centocinquanta immagini, ogni pagina sbircia nella “stanza” di Chiara Vigo. I racconti sulle stoffe si alternano alla voce di lei. Mare, terra e cielo che riprende le forme di su gipponi (il corsetto del costume femminile) e le stelle, guardiane della casa; pavocelle che si guardano reggendo un cuore oppure il Leone delle donne: «Il leone è il mio timbro», racconta, «è costruito su un unghiato a due fili su un lino del 1924 con una trama di lino del 1928. È l’unico pezzo che è stato messo a bagno in una formula per cui alla luce del sole sembra d’oro: è tessuto in modo che le fibrille siano rivolte verso l’alto». Al buio resta scuro. In basso un occhio di Horus: bisso tinto in verde. «Per fare il verde con i colori naturali si usano il fico e i sali di rame». Il bisso tinto perde la sua lucentezza, «volevo dimostrare che bisogna tingere senza componenti chimici», spiega Maestro Chiara. «I sali di rame sono gli unici che possono tornare alla terra, diventando concime. Oggi si parla tanto di tintura naturale ma poi si usa l’allume di rocca per il finissaggio: e di ecologico non c’è più niente». E ancora tra le pagine passano candelabri rituali, vasi, greche, animali mitologici come il basilisco: «La forza della natura, un monito per chi avvelena l’ambiente». Uno dei due esemplari di cravatta realizzata a tubolare con 498 metri di filo continuo, l’altro è stato donato a Bill Clinton, ora conservata al Museo Nazionale di Washington. E l’Albero della vita e della morte, «In certi momenti non so se l’essere umano ha un livello di coscienza rispetto alla conservazione del proprio habitat», dice. La sostenibilità, aspirazione dei giorni nostri, è fatta di giovani e star up che rincorrono l’innovazione per mantenere la vita sul pianeta. E di chi si alimenta di tradizione per tramandarla. Essere Maestro di bisso significa anche conoscenza e rispetto per la natura e per il mare. «Di solito un individuo adulto di Pinnide ha più di 20 mila piccoli filamenti attaccati al fondale». È ancora la voce di Chiara Vigo, trascritta da Susanna Lavazza che racconta: «Ogni filo di cheratina e lungo circa 25 centimetri. Per ottenere 300 grammi di grezzo occorre immergersi un centinaio di volte». Rispettare l’habitat significa prelevare solo i filamenti delle Pinne che hanno almeno 12 anni. «Se si prelevano solo le punte del bioccolo con cautela e metodo l’animale sopravvive, se lo si strappa dal fondale il mollusco muore». Non immaginatela fragile o sorpassata dai tempi. I gesti arcaici di Chiara stanno in equilibrio con il nostro tempo. Sposata, due figlie, un lavoro in passato con Montanelli, numerosi premi tra cui Un bosco per Kyoto come riconoscimento per il rispetto dell’ambiente. I suoi lavori di tessitura e ricamo sono esposti al Louvre e al British Museum. La sua arte nel 2005 è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Università e musei la invitano, i suoi interventi parlano di tradizioni, di presente, di tecniche e di organizzazione per migliorare condizioni di lavoro e di rispetto. Come sui telai intesse indipendenza, libertà e natura collegando le culture, invitando a fare rete per condividere competenze e conoscenze. Parole dopo parole, immagini dopo immagini, continuano i racconti di Chiara: sulla filatura, la tessitura e sulle storie ebraiche che hanno portato il bisso in Sardegna. «ll tempo della maestria è il tempo di una vita», dice. «Imparare a essere Maestri è mettere la propria vita in mano a un Maestro, lasciarsi plasmare come argilla e aspettare con pazienza che l’opera sia compiuta per potere poi dispensare in dono quanto ricevuto in dono». Tanta bellezza si potrà mai vedere brillare su una giacca o un abito d’alta moda? Quando gli stilisti sono arrivati alla stanza del maestro Chiara Vigo per offrirle denaro e produzione, la risposta è stata rituale: «Il bisso non si commercializza, non si vende e non si compra, si dona».


     
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0 replies since 8/12/2014, 12:55   77 views
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