RODOLFO SIVIERO: cacciatore d'arte rubata ai nazisti [VIDEO]

Rodolfo Siviero: il misterioso 007 dell'arte

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    Rodolfo Siviero
    il cacciatore d'arte rubata dai nazisti.


    Rodolfo Siviero ha avuto un ruolo di grande importanza per la salvaguardia del patrimonio culturale italiano.

    A lui si deve infatti il recupero di gran parte delle opere che erano state trafugate dal nostro paese nel corso della Seconda Guerra Mondiale. I metodi rocamboleschi ed avventurosi con i quali le opere furono talvolta recuperate, il fascino personale di uomo colto e raffinato e allo stesso tempo spregiudicato e concreto nell'azione, i molti successi con il gentil sesso gli valsero il soprannome di 007 dell'arte. Rodolfo nasce a Guardistallo, in provincia di Pisa il 24 dicembre 1911. E' figlio di un sottoufficiale dei carabinieri, che nel 1924 si trasferisce a Firenze con la famiglia. Qui Rodolfo si forma culturalmente, frequentando gli ambienti artistici-letterari e coltivando ambizioni poetiche e di critico d'arte. Nel 1936 pubblica la raccolta di poesie 'La selva oscura', nella cui introduzione troviamo già espresso uno dei suoi più radicati convincimenti, quello dello stretto legame tra l'arte moderna e l'arte antica in una linea ininterrotta che unisce Michelangelo a De Chirico e Picasso. Già fin dal 1934 Siviero aveva iniziato il suo lavoro di agente segreto, entrando a far parte del Servizio Informazioni Militari italiano per raccogliere informazioni sui progetti nazisti di invasione dell'Austria. Nel 1937, sotto la copertura di una borsa di studio in storia dell'arte, si trasferisce in Germania dove rimane per un anno. L'adesione giovanile al fascismo da parte di Siviero, come quella di molti suoi coetanei, si fonda sulla fiducia che il regime possa rivoluzionare il paese migliorandolo. Complesso e per molti versi poco noto è il passaggio da queste posizioni a quelle opposte. L'avversione al nazismo, che traspare fin dall'inizio nelle pagine del suo diario, si inasprisce dopo l'introduzione delle cosiddette 'Leggi razziali', da lui sentite come un affronto alla tradizione culturale italiana.


    Roma (1944), soldati tedeschi della divisione Hermann Göring in posa di fronte a Palazzo Venezia con un quadro prelevato nella Biblioteca del Museo Nazionale di Napoli prima dell'ingresso delle truppe alleate nella città, durante la cerimonia di restituzione delle opere alla RSI

    Nei primi anni del secondo conflitto mondiale, l'avversione di Siviero per il nazi-fascismo è alimentata dalla sua contrarietà di fronte al flusso di opere d'arte che i gerarchi nazisti, con la compiacenza del governo fascista, esportavano illegalmente dall'Italia per arricchire le loro collezioni. Con l'occupazione tedesca seguita all'armistizio dell'8 settembre 1943, il trafugamento d'opere verso la Germania diventa una vera e propria razzia. Il 'Kunstschutz', il corpo militare tedesco che avrebbe dovuto proteggere le opere, con la scusa del pericolo dei bombardamenti, comincia a requisire le opere d'arte italiane e a trasportarle verso la Germania. Dopo l' 8 settembre Rodolfo Siviero si schiera decisamente con le forze antifasciste. La sua attività di agente segreto continua ora in collaborazione con il Comando Militare Alleato. Divenuto punto di riferimento dell'intelligence inglese a Firenze, Siviero tiene i contatti e collabora con i partigiani. Nell'ambito della sua attività di informatore Rodolfo Siviero si adopera anche per prevenire le razzie naziste di opere d'arte e segnala ai servizi segreti alleati i trasferimenti dei capolavori verso la Germania. In questo periodo la palazzina sul Lungarno Serristori di proprietà dello storico dell'arte di religione ebraica Giorgio Castelfranco, oggi conosciuta come Casa Siviero, funge da centrale operativa dei partigiani impegnati contro le operazioni del Kunstschutz. Sospettato dalle milizie fasciste di Mario Carità, dall'aprile al giugno 1944 viene imprigionato e poi torturato nella cosiddetta Villa Triste di via Bolognese. Riesce però a resistere agli interrogatori e, grazie all' intervento di ufficiali repubblichini che in realtà collaboravano con gli anglo-americani, viene in seguito rilasciato, riprendendo quindi la sua attività di agente segreto.


    Roma (1943), soldati tedeschi trasportano casse piatte di legno contenenti opere d'arte prelevate nella Biblioteca del Museo Nazionale di Napoli durante la cerimonia di restituzione alla RSI

    Dopo la Liberazione, grazie ai meriti acquisti nel periodo delle Resistenza e ai rapporti di fiducia e stima reciproca stabiliti con gli alleati, Siviero è scelto dal Governo Italiano come la persona più idonea a trattare il problema della restituzione al nostro paese delle opere d'arte trafugate durante la guerra. Nell'aprile 1946 è nominato capo dell'Ufficio Interministeriale per il Recupero delle Opere d'Arte. Nell'ottobre dello stesso anno è inviato a dirigere la missione diplomatica italiana presso il Governo Militare Alleato in Germania. Nel 1947 ottiene la restituizone all'Italia delle opere trafugate dopo l'8 settembre 1943, come i capolavori dei musei napoletani che erano stati portati via dall'Abbazia di Montecassino. Nel 1948 ottiene anche la restituzione di quelle opere che i gerarchi nazisti avevano comprato in Italia prima dell'8 settembre 1943 e che erano state illegalmente esportate in Germania con la complicità del regime fascista. Una di questa era il Discobolo Lancellotti, copia romana da Mirone, diventata simbolo dell'opera di recupero portata avanti dal "ministro plenipotenziario" Siviero. Nel 1953 Siviero fa concludere un accordo tra il capo del governo italiano De Gasperi e il cancelliere della Germania Federale Adenauer, con il quale sono restituite tutte le opere ritrovate in Germania alla fine della guerra. Negli anni seguenti Siviero dà la caccia ai capolavori di cui si era perso traccia, come le Fatiche di Ercole di Antonio del Pollaiolo degli Uffizi, e alle opere che in vario modo continuavano ad essere rubate ed esportate illegalmente dal nostro paese. I numerosi e straordinari successi fanno nascere la sua 'leggenda' di 007 dell'arte. Dal suo ufficio romano in Palazzo Venezia, Siviero organizza i recuperi servendosi di una efficiente rete di informatori e muovendosi all'interno della diplomazia europea del dopoguerra con grande abilità negoziale e altrettanta spregiudicatezza. Siviero continua il suo lavoro fino alla morte avvenuta nel 1983, ma con il passare degli anni il ruolo della Delegazione per il recupero delle opere d'arte comincia a perdere importanza. L'amarezza per la poca attenzione che i governi italiani dedicano al problema del recupero del patrimonio culturale traspare chiaramente dai suoi diari. Altrettanta amarezza gli procura il fallito progetto di istituire un museo delle opere d'arte recuperate che mantenesse viva la memoria dei valori ai quali la sua azione si ispirava. Negli ultimi anni della vita, Siviero è attivo sul piano culturale soprattutto attraverso il suo ruolo di presidente della Accademia delle Arti del Disegno, la prestigiosa istituzione fiorentina fondata da Vasari e da Cosimo I dei Medici. Siviero la rivitalizza dandole una nuova organizzazione e realizzando una serie di importanti manifestazioni. Ultimo atto di Siviero è la disposizione testamentaria che lega alla Regione Toscana la sua casa e la sua collezione affinché diventino un museo che ricordi i valori per i quali ha combattuto. La concezione che le opere d'arte non sono un trofeo destinato ad arricchire le case e i musei dei vincitori delle guerre, ma invece sono un bene inalienabile della identità culturale di una nazione è l'ideale a cui si sono ispirate la vita e l'azione di Siviero. Il contributo che egli ha dato all'affermazione di questo principio è la eredità più importante che ci ha lasciato.

    RODOLFO SIVIERO: LO 007 DELL'ARTE

     
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