L'aspetto di Niccolò Paganini, violinista, chitarrista e compositore, non era certo dei più rassicuranti: alto e magrissimo, dimesso e spiritato allo stesso tempo.
Ma quando imbracciava il violino non aveva eguali!
Aveva un tale controllo dello strumento che i suoi contemporanei cominciarono a sostenere che il suo insegnante doveva essere stato il diavolo in persona!
Secondo le voci del tempo, occasione per quelle lezioni diaboliche sarebbe stato un suo soggiorno forzato in carcere per un orrendo delitto: avrebbe ucciso una ragazza per strapparle l'intestino e ricavarne una corda di violino magica.
Durante le notti passate in cella, il maligno si sarebbe materializzato e, guidando la mano ossuta del violinista, gli avrebbe insegnato il soprannaturale modo di suonare che sfoggiava sul palco.
In realtà Paganini non aveva commesso nessun delitto.
Era finito effettivamente in prigione dal 6 al 15 Giugno 1815, ma per aver messo incinta una sua allieva.
Denunciato dalla famiglia della fanciulla e incarcerato, fu infine liberato su cauzione.
Ma la verità giudiziaria non fermò le maldicenze.
Lo scultore David D'Angers, per esempio, sostenne di aver udito, nella casa parigina di Paganini, gli spaventosi lamenti di una ragazza.
E presto si sparse la voce che fosse sua abitudine andare a suonare di notte nei cimiteri e spiare le agonie dei moribondi.
La sua salute, che peggiorava sempre più, non lo aiutava ad apparire "normale".
A un certo punto, a Praga, gli estrassero anche molti denti e una parte dell'osso mandibolare a causa di una infezione.
Secondo un'ipotesi recente, Paganini era così inquietante perchè affetto da sindrome di Marfan, una malattia del tessuto connettivo che rende alti, sottili, con dita lunghe e iperflessibili.
A ciò si aggiungeva la sifilide, che gli dava un colorito grigiastro per via del mercurio, ai tempi unico rimedio.
Intontito dall'oppio che assumeva per calmare i tremendi dolori ricorrenti, verso la fine della sua vita Paganini fu irretito da una domestica e il suo amante.
Alla scomparsa del musicista testimoniarono che questi era morto rifiutando i sacramenti.
Il risultato fu che il corpo restò da maggio a settembre del 1840 nella cantina della sua casa di Nizza, accompagnato dal divieto di seppellimento in terra consacrata.
La bara fu poi trasportata nella casa di famiglia in Val Polcevera (Liguria) e solo nel 1896, annullato il veto ecclesiastico venne tumulata nel cimitero di Parma.
Da dove nel 1940, in occasione del centenario della sua morte, il fotografo incaricato di condurre una ricognizione della salma fuggì terrorizzato allo scatenarsi di un temporale proprio nel momento in cui si apprestava a fotografarla.
Ritratto di Paganini eseguito da Delacroix nel 1932
E' necessario sottolineare che Paganini, grandissimo promotore di se stesso, sfruttò a proprio vantaggio le sue caratteristiche fisiche e, soprattutto, non smentì mai le voci che accostavano il suo nome a quello del diavolo.
Nel 1812 Paganini assiste, alla Scala di Milano, ad uno strano balletto di Salvatore Viganò intitolato "Il noce di Benevento", che parla di streghe che si riuniscono nei pressi di un albero.
Una delle melodie di questo lavoro lo affascina a tal punto che incomincia ad inserirla nei concerti.
Diventa famoso e i media del tempo si occupano di lui, lo vediamo ritratto mentre suona circondato da diavoli.
Paganini si trasforma in un fenomeno massmediatico e fioriscono le prime leggende metropolitane sulla sua chiacchierata persona.
Le voci si rincorrono.
Sembra che da bambino, a causa del morbillo, sia quasi stato sepolto vivo!
Durante i suoi concerti c’è chi giura di vedere sinistri bagliori o di sentire odore di zolfo!
In questo clima eccitato, persino il poeta Heinrich Heine, nelle Florentinische Nächte, descrive così il musicista durante un’esibizione:
“Dietro a lui s’agitava uno spettro, la fisionomia del quale rivelava una beffarda natura di caprone e talvolta vedevo due lunghe mani pelose (le sue, pareva) toccare le corde dello strumento suonato da Paganini. Talvolta esse gli guidavano pure la mano onde reggeva l’arco e risate belanti d’applauso accompagnavano i suoni che sgorgavano dal violino sempre più dolorosi e cruenti.”
Niccolò Paganini, con le mani affusolate e le dita lunghissime che ghermivano il violino come artigli, suonava il suo strumento in modo inconsueto, strappando le corde o tenendolo capovolto.
Il musicista si presentava ai suoi concerti su di una carrozza nera a sua volta trainata da quattro cavalli neri.
Come già spiegato aveva perso tutta la dentatura e la bocca gli era così rientrata e naso e mento si erano avvicinati, così quando Paganini suonava sul palcoscenico doveva davvero sembrare ad uno scheletro in frack con un violino incastrato sotto la mascella.
Era dotato di una tecnica straordinaria e le sue composizioni erano considerate ineseguibili da un altro violinista.
Era velocissimo, compiva salti melodici di diverse ottave, eseguiva lunghi passi con accordi che coprivano tutte e quattro le corde, alternava velocemente note eseguite con l’arco e note pizzicate alla mano sinistra.
Eseguiva anche misteriosi e spettrali armonici artificiali.
Ogni tecnica era portata all’eccesso e le sue violente esecuzioni finivano quasi sempre con la volontaria e progressiva rottura delle corde e la conclusione del concerto sull’unica corda superstite, quella di sol.
Durante la fanciullezza Niccolò fu molto condizionato dallo studio: egli era costretto dal padre ad esercitarsi per giorni interi, al punto che la sua follia e la sua vita dissennata condotta nell’età adulta è certo ricollegabile alle coercizioni paterne, così dure e crudeli.
Quando infatti riuscì a liberarsi dal giogo paterno egli iniziò una vita disordinata ed assolutamente dissoluta, di cui però non si vergognava affatto, tanto che affermò:
“Quando finalmente fui padrone di me stesso mi buttai a capofitto nei piaceri della vita e li bevvi a grandi sorsate”.
Ma resta il mistero delle difficoltà tecniche ritenute insormontabili per i comuni mortali, anzi al di là di ogni logica strumentale.
Erano elementi interpretati da tutti come la prova provata, il segno evidente di un patto col Diavolo.
Francesco Benati, un medico famoso che lo frequentò per molti anni affermò:
“Senza la peculiare conformazione del suo corpo, delle spalle, delle braccia e delle gambe, egli non sarebbe mai diventato lo straordinario virtuoso che il mondo ha conosciuto.
La spalla sinistra è più alta della destra, una circostanza che fa sì che il lato destro appaia più lungo del sinistro.
Si possono osservare facilmente l’elasticità dei tendini delle spalle, il rilassamento di quelli che collegano il polso all’avambraccio e la giunzione delle mani con le falangi.
La sua mano non è più lunga del normale, ma grazie all’elasticità caratteristica di tutto il corpo essa ha un’estensione doppia: in questo modo egli può piegare le articolazioni delle dita della mano sinistra in direzione laterale con grande facilità e rapidità.
La natura deve aver concesso a Paganini una predisposizione fisica che l’esercizio ha poi condotto alla perfezione tecnica”.
In definitiva un miracolo della natura piuttosto che un patto con il Diavolo!
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