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  1. .


    EMOTIONAL RESCUE
    The Rolling Stones


    1980 - Rolling Stones Records


    Un’iniezione di virilità in mezzo a tanti lustrini e paillettes dell'epoca

    La copertina dell'album, disegnata da Peter Corriston (già in Some Girls e poi in Tattoo You) colpisce da subito. Presenta una selezione di foto fatte con una termo camera, un dispositivo che immortala le emissioni di calore di ogni singolo componente. Quasi a dire, sono ancora vivi. In effetti, un disco degli Stones editato nel pieno del boom della disco-music, servì a dare un’iniezione di virilità in mezzo a tanti lustrini e paillettes. Oddio questa “stampella emozionale” non è un disco roboante di rock con composizioni eccezionali, ma è comunque un segno. Come per tutte le rock band in quel periodo, le influenze esterne si fanno sentire e le radici vennero mischiate come da moda del momento. Ecco allora una stesura che, a parte le due intromissioni disco come Dance (co autore Ronnie Wood) e la title track Emotional Rescue, spazia ancora in bilico tra soul, blues e qualche schizzo reggae (Send It To Me). Proprio la title track, con quel basso pulsante da discoteca e il falsetto di Mick, venne trasmessa parecchio dalle radio e ballata altrettanto, tra luci colorate e palle a specchietti, ma tutto sommato è una song convincente, rimasta nella memoria. Un lavoro non privo di gemme che dovevano venir racchiuse qui e vennero invece incise per l’album successivo Tattoo You (Black Limousine, Start Me Up, No Use in Crying), dieci composizioni che scatenarono i media, sempre poco generosi con gli albionici. She's So Cold, secondo singolo, pubblicato il 22 Settembre 1980, ricevette riguardose accoglienze e l’album sfondò di brutto accaparrandosi il doppio platino con naturale raggiungimento delle vette sia in Inghilterra che negli States. All About You è una delicatezza di Keith Richards: ballata soul proposta con stilemi alla Stones ma ricca di emozioni, con quel sax che sottolinea la linea tenera. Una song scritta dal chitarrista per la sua donna Anita e la loro storia, troppo vissuta all’insegna della tossicodipendenza, cosa questa che rovinerà la liason definitivamente. Il rock ritorna, deciso e secco, con Summer Romance scrollandosi di dosso le polveri sottili della disco ed ancor di più con Let Me Go, che risulterà assai gettonata dal vivo: chitarre dirette e Jagger in forma. Non da meno Where The Boys Go, incalzante nelle ritmiche e un po’ ubriaca nel chorus, con una registrazione migliore avrebbe potuto diventare un classico; cosa curiosa, ancora oggi Wood e Richards rivendicano e si litigano la paternità del solo. Fatto innegabile che testimonia le loro non perfette condizioni psico-fisiche dell’epoca, usando un eufemismo. Down In The Hole è una nota di merito ulteriore: un blues sofferente e sofferto con il drumming di Charlie Watts in evidenza e la bella prova vocale del labbruto Mick, così come accade in Indian Girl, traccia narrante le ingiustizie degli indigeni dell’America Latina e dei rifugiati cubani. Bellissime le intonazioni del singer e superba la pedal steel del bravo Ron Wood. Un lavoro cominciato ai Compass Point Studios Bahmas, interrotto per il volere di un drogatissimo Keith e trasferito di corsa a Parigi allo storico Pathè Marconi, dove vennero concluse le session di registrazione. La leggenda vuole che per 9 notti consecutive Richards sia rimasto sveglio, prima in studio e poi a fare baldoria in un notissimo locale alla moda parigino. Le storie ammantate di mitologia si fermano qui, Emotional Rescue è un buon album degli Stones ma non certo il loro apice massimo. In ogni caso, a tanti anni dalla sua uscita, rimane piacevole da ascoltare. Qualcosa vorrà pur dire...


    Emotional Rescue

    ASCOLTA L'ALBUM

    Pubblicazione - 20 giugno 1980
    Durata - 41 min : 15 s
    Tracce - 10
    Genere - Pop rock
    Hard rock
    Dance rock
    Rock and roll
    Etichetta - Rolling Stones Records
    Produttore - The Glimmer Twins e Chris Kimsey
    Registrazione - Pathe Marconi Studio, Parigi (Francia) - Compass Point Studio, Nassau (Bahamas)


    Tracce

    Tutti i brani sono accreditati a Jagger & Richards; tranne dove indicato.

    Lato 1

    Dance (Pt. 1) (Jagger, Richards, Ronnie Wood) - 4:23
    Summer Romance - 3:16
    Send It To Me - 3:43
    Let Me Go - 3:50
    Indian Girl - 4:23

    Lato 2

    Where the Boys Go - 3:29
    Down In the Hole - 3:58
    Emotional Rescue - 5:39
    She's So Cold - 4:14
    All About You - 4:18


    Formazione

    The Rolling Stones

    Mick Jagger - voce e armonie vocali, chitarra ritmica, chitarra acustica, piano elettrico
    Keith Richards - chitarre, chitarra acustica, armonie vocali, voce solista in All About You, pianoforte
    Ronnie Wood - chitarre, chitarra slide e pedal steel guitar, armonie vocali
    Charlie Watts - batteria
    Bill Wyman - basso, sintetizzatore

    Altri musicisti

    Ian Stewart - piano elettrico, pianoforte, percussioni
    Nicky Hopkins - piano, xilofono
    Billy Preston - clavinet
    Sugar Blue - armonica a bocca
    Bobby Keys - sassofono
    Michael Shrieve - percussioni
    Max Romeo - armonie vocali in Dance (Pt. 1)
    Jack Nitzsche - corni, arrangiamento in Indian Girl
  2. .


    Shine Eye Gal
    (1979 - Black Uhuru)

    From: Guess Who's Coming To Dinner





    VIDEO


    Shine eye gal is a trouble to a man
    Shine eye gal is a trouble to a man

    I arise early looking some tea, rise early
    Looking for the daughter but she noh on ya
    I take a walk down the street
    De gal deh pan corner weh push mouth lorna??
    And her bed no spread

    Shine eye gal is a trouble to a man
    Shine eye gal is a trouble to a man

    The next day she want I to take a route
    Take her to the beach party
    Feeling everything would be irie
    Wrinkles on her face
    Like the things I've done she don't appreciate

    Shine eye gal is a trouble to a man
    Shine eye gal is a trouble to a man

    She wants wants have noh when she really really getty
    Rastafari Know she can't take it
    She said natty turn off your light
    Give me dreadlock whe you give me first night
    So I say

    Shine eye gal is a trouble to a man
    Shine eye gal is a trouble to a man

  3. .


    BLACK AND BLUE
    The Rolling Stones


    1976 - Rolling Stones Records


    L'album del definitivo abbandono dello storico secondo chitarrista Mick Taylor

    Nonostante sin dai loro esordi la musica dei Rolling Stones sia sempre stata dominata da influenze nere, questo è probabilmente il loro album più "nero" dai tempi in cui i cinque interpretavano travolgenti re-make di brani di Chuck Berry , Solomon Burke e Sam Cooke. Dall'inizio alla fine di Black And Blue, i Rolling Stones Stones fanno un'accuratissima ricognizione del funky negro da New York a Kingston e come dimostra "Hot Stuff", talvolta entrambe le culture etniche si scontrano in una bizzarra collisione. Il gruppo cavalca un riff ripetitivo in chiave disco, mentre quel grande spaccone di Jegger farfuglia la sua personale interpretazione dello scherzoso talkover giamaicano. Comunque sia, la minacciosa posizione che gli Stones assumono in questo e altri brani non è sicuramente quella di certe punte della vuota generazione di strada, bensì quella di baldanzosi Sweet Macks , sfoggianti scarpe di coccodrillo con tacco alto, pieghe dei pantaloni affilate come rasoi e diamanti rosa delle dimensioni di un uovo di piccione: Gentiluomini Professionisti del Tempo Libero. Sicuro Hot Stuff e l'insidiosa Hey Negrita potrebbero ben rappresentare il tipo di ballabile brutalizzato che Le Jardin suona fino a farvi sanguinare i piedi e orecchie, ma questi due brani non richiedono un missaggio alla Tom Moulton per essere alla moda. Al contrario questo disco è un esperiemnto di stile in cui gli Stone riaffermano le loro origini, integrandovi gli elementi più grezzi del Salsa e del Fatback funk...


    Ci sono momenti in cui l'interpretazione è buona ma il risultato è debole. La Cherry Oh Baby di Eric Donaldson, ad esempio, è un fallimento dovuto agli stessi motivi che fecero di Luxury uno dei brani di maggior successo di Its Only RNR. In verità gli Stones sono molto più abili nel ricreare uno stile particolare secondo le loro esigenze, che nel riprodurre una copia pari-pari. Come brano "obbligatorio" di reggae, Cherry Oh Baby non aggiunge altre frecce al loro arco. In cerca di nuove ispirazioni nere, Billy Preston è preso per il colletto al punto da risultare l'ombra di Jagger in Melody, e insieme i due canticchiano questa perla di purissimo "polpettone" jazzato alla Uptown. Ad un livello puramente spontaneo , è senz'altro il brano migliore dell'album e, nonostante Preston faccia sentire la sua personalità qua e là, questo non va a discapito di gustosi fraseggi blues di Keith Richard o dell'abile drummig di Charlie Warrs, indubbiamente il maggior protagonista dell'album. Degli otto lunghi brani, solo Hand Of Fate, con pregevole assolo di chitarra di Wayne Perkins, e Crazy Mama si avvicinano ai più tradizionali riffs degli Stones, anche se ridotti all'essenziale. Memory Motel è il modo in cui Jagger preferisce cantare il blues; fatta con lo stesso stampo stilizzato da cui uscirono Moonlight Mile e If You Really Want To Be My Friend, si tratta di una canzone d'amore "sulla strada" di sette minuti, che vede Jagger, Richard e Preston alle tastiere con Perkins e Mandel alle chitarre. Per finire Black And Blue non è forse l'album che la maggior parte degli aficionados si aspettava, anche perchè Mick Taylor se ne andato dopo cinque anni e se ne sente l'assenza. Gli Stones ne proveranno una manciata ma senza risultati eclatanti. Forse è il materiale che mostra troppe crepe di fantasia...

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    Black and Blue

    ASCOLTA L'ALBUM

    Pubblicazione - 20 aprile 1976
    Durata - 41 min : 14 s
    Tracce - 8
    Genere - Rock
    Reggae
    Funk rock
    Etichetta - Rolling Stones Records


    Tracce

    Tutti i brani sono opera di Jagger/Richards, eccetto dove indicato.

    Hot Stuff - 5:26
    Hand of Fate - 4:33
    Cherry Oh Baby (Eric Donaldson) - 3:53
    Memory Motel - 7:06
    Hey Negrita - 4:57
    Melody - 5:45
    Fool to Cry - 5:02
    Crazy Mama - 4:30


    Formazione

    The Rolling Stones

    Mick Jagger - voce, piano, chitarra
    Keith Richards - chitarra, piano, voce
    Ron Wood - chitarra, voce
    Bill Wyman - basso
    Charlie Watts - batteria

    Musicisti aggiuntivi

    Bobby Keys - sassofono
    Billy Preston - piano, organo, voce
    Nicky Hopkins - piano
    Wayne Perkins - chitarra
    Harvey Mandel - chitarra
  4. .


    THE GREAT TWENTY-EIGHT
    Chuck Berry


    Chess - 1982


    Nella seconda metà degli anni '50, Chick Berry pubblicò una serie di singoli che definirono il suono e lo spirito del rock & roll. "Maybellene", un rocker veloce e di gusto country su una gara tra una Ford e una Cadillac, aprì le danze nel 1955. Poi un successo dopo l'altro, ognuno alimentato dall'esplosiva chitarra country-blues in staccati di Berry: "Roll Over Beethoven", "School Day", "Rock & Roll Music", "Sweet Little Sixteen", "Johnny B.Goode", "Back in the U.S.A". Qual'era il segreto? Per usare le parole del maestro: "La natura è la spina dorsale del mio ritmo sono il boogie, il muscolo della mia musica è fatto di semplici melodie". E l'album raccoglie il meglio di quella magia dal 1955 al 1965.

    (Marc.Divine@74)


    The Great Twenty-Eight

    Pubblicazione - 1982
    Durata - 70 min : 57 s
    Dischi - 2 (LP), 1 (CD)
    Tracce - 28
    Genere - Rock and roll
    Rock
    Etichetta - Chess Records
    Produttore - Leonard Chess, Phil Chess
    Registrazione - 1955-1965


    Tracce

    Tutte le canzoni sono scritte da Chuck Berry

    Lato A

    Maybellene - 2:18 (dal singolo, 1955)
    Thirty Days (To Come Back Home) - 2:24 (dal singolo, 1955)
    You Can't Catch Me - 2:42 (dal singolo, 1956)
    Too Much Monkey Business - 2:53 (dal singolo, 1956)
    Brown-eyed Handsome Man - 2:17 (dal singolo, 1956)
    Roll Over Beethoven – 2:23 (dal singolo, 1956)

    Lato B

    Havana Moon - 3:05 (dal singolo, 1956)
    School Days - 2:40 (dal singolo, 1957)
    Rock and Roll Music - 2:30 (dal singolo, 1957)
    Oh Baby Doll - 2:33 (dal singolo, 1957)
    Reelin' and Rockin' - 3:14 (dal singolo, 1958)
    Sweet Little Sixteen - 2:55 (dal singolo, 1958)
    Johnny B. Goode - 2:38 (dal singolo, 1958)
    Around and Around - 2:35 (dal singolo, 1958)

    Lato C

    Carol - 2:46 (dal singolo, 1958)
    Beautiful Delilah - 2:08 (dal singolo, 1958)
    Memphis, Tennessee - 2:12 (dal singolo, 1959)
    Sweet Little Rock and Roller - 2:20 (dal singolo, 1958)
    Little Queenie - 2:38 (dal singolo, 1959)
    Almost Grown - 2:19 (dal singolo, 1959)
    Back in the U.S.A. - 2:25 (dal singolo, 1959)

    Lato D

    Let It Rock - 1:50 (dal singolo, 1960)
    Bye Bye Johnny - 2:03 (dal singolo, 1960)
    I'm Talking About You - 1:48 (dal singolo, 1961)
    Come On - 1:50 (dal singolo, 1961)
    Nadine (Is It You?) - 2:30 (dal singolo, 1964)
    No Particular Place to Go - 2:44 (dal singolo, 1964)
    I Want To Be Your Driver - 2:15 (da Chuck Berry in London, 1965)


    Musicisti

    Chuck Berry – voce, chitarra
    Gene Barge – sassofono
    Fred Below – batteria
    Martha Berry – voce
    Leroy C. Davis – sassofono tenore
    Willie Dixon – basso
    Equadors – voce
    Jerome Green – marimba
    Ebby Hardy – batteria
    Johnnie Johnson – pianoforte
    Lafayette Leake – pianoforte
    The Moonglows – voce
    Matt "Guitar" Murphy – chitarra
    Odie Payne – batteria
    Jimmy Rogers – chitarra
    George Smith – basso
    Otis Spann – pianoforte
    Jasper Thomas – batteria
    Paul Williams – pianoforte
  5. .


    SKILLED MECHANICS
    Tricky


    2016 (False Idols)


    Fra narcolessi trip-hop ed electro un po' scontata, l'intrigante nuovo progetto del guru bristoliano

    Ci sono degli indiscutibili pregi nel nuovo progetto firmato da Tricky. Anzi tutto la concisione. “Skilled Mechanics” conta tredici tracce che soltanto in due casi eccedono i tre minuti, imponendo frequenti cambi di scenario, non tanto a livello di sonorità quanto a livello di contributi, visto che sono tanti (e questo è il secondo pregio) gli ospiti che nobilitano il disco con la propria presenza. E se i tempi migliori (non penso tanto a “Maxinquaye” - sarebbe troppo facile - quanto a buoni lavori troppo spesso sottovalutati, quali “Blowback”) sono inesorabilmente alle spalle, Tricky cerca in qualche modo di affrancarsi dal passato, sforzandosi di proporre un interessante mix di (relative) novità e cose già sentite. Ci si muove fra alti e bassi, è inevitabile: c’è l’intrigante incedere narcolettico di “Don’t Go”, ma anche il trascurabile synth-pop di “Hero”, le significative strofe autobiografiche di “Boy”, ma anche momenti nei quali l’ispirazione tende un pochino a latitare (“Necessary”, non a caso buttata là verso fine tracklist). Berlino, il luogo ove attualmente viene dato come residente, ha probabilmente generato l’idea per il primo singolo estratto, “Beijing To Berlin”, brano denso di blackness à-la Erykah Badu, affidato alla voce della rapper cinese Ivy. I featuring al femminile difficilmente escono male, e ad eccellere sono sia “We Begin”, affidata all’oramai fedelissima Francesca Belmonte, sia l’iniziale “I’m Not Going”, con la cantante danese Oh Land che gioca a fare la Martina Topley Bird di turno: andatura lenta, sensuale e avvolgente su chitarra in palm mute. Ma se la cava egregiamente anche il batterista di Tricky, Luke Harris, protagonista vocale in due cover: la suadente, solo pianoforte e voce, “Bother” (degli Stone Sour), e “Diving Away”, rifacimento di “Porpose Head” dei Porno For Pyros di Perry Farrell. L’album è ricco di momenti minimali, quasi spogli, come la conclusiva “Unreal”, e di non troppo vaghe allusioni al trip-hop: “How’s Your Life” e “Here My Dear” sono state concepite appoggiandosi su richiami bristoliani anni 90. A conti fatti, pur nella consapevolezza di quanto l’avanguardia elettronica non passi più da queste parti, non sarà “Skilled Mechanics” (e questo è individuabile come il terzo pregio) a dover essere ricordato come uno dei suoi peggiori dischi.




    Tracklist

    I’m Not Going
    Hero
    Don’t Go
    Beijing To Berlin
    Diving Away
    Boy
    Bother
    How’s Your Life
    Here My Dear
    We Begin
    Well
    Necessary
    Unreal

  6. .


    VALSPAR CHAMPIONSHIPS 2016
    Jordan Spieth grande favorito, in gara anche Francesco Molinari


    Jordan Spieth, numero uno del world ranking, difende il titolo nel Valspar Championship (10-13 marzo) che avrà luogo sul percorso del Copperhead Course all’Innisbrook Resort di Palm Harbour in Florida. Disputerà la sua sesta gara stagionale nel PGA Tour Francesco Molinari, che nelle precedenti cinque ha ottenuto quattro piazzamenti, dei quali il migliore è stato il 33° posto nel Sony Open, e non ha superato un taglio. L’azzurro non attraversa un buon momento di forma e sta anche lentamente scendendo nella classifica mondiale (80°), dove ha perso 14 posizioni da inizio anno, e naturalmente ha assoluta necessità di ritornare rapidamente entro i primi 50 se non vorrà saltare i tornei che contano. Nell’edizione precedente in questa gara si classificò 40°. Lascia qualche dubbio sulla suacondizione anche Jordan Spieth, che probabilmente sta calibrandosi per arrivare al top in occasione del Masters (7-10 aprile, Augusta, Georgia) dove ha chiaramente l’obiettivo di bissare il successo del 2015. Sono nel field, tra gli altri, Keegan Bradley, Patrick Reed, Jason Dufner, Bill Haas, Matt Kuchar, Hunter Mahan, il tedesco Martin Kaymer, lo svedese Henrik Stenson, il nordirlandese Graeme McDowell, l’irlandese Padraig Harrington, i sudafricani Ernie Els, Charl Schwartzel, Louis Oosthuizen, Retief Goosen e Branden Grace, gli inglesi Luke Donald e Ian Poulter e il fijiano Vijay Singh. Il montepremi è di 6.100.000 dollari con prima moneta di 1.098.000.

  7. .


    THE COMPLETE RECORDINGS
    Robert Johnson


    1961 - Columbia


    Tutte le 29 registrazioni di Robert Johnson, compreso le versioni alternative degli stessi brani

    "Vuoi sapere fino a che punto è bello il blues?" chiese Keith Richards. "Be', ascolta questo". Il bluesman in questione era Robert Johnson, vissuto dal 1911 al 1938 nel delta del Mississipi, la cui abilità chitarristica era tanto grande da ispirare la leggenda secondo la quale, in cambio del suo stupefacente dono, aveva venduto l'anima al diavolo. Nelle due uniche sedute di registrazione, Johnson incise solo 29 canzoni, ma la loro passione evanescente ha risuonato attraverso i decenni: un'ispirazione cruciale per tutti, dal pioniere del blues di Chicago Elmore James a eredi inglesi come i Rolling Stones ed Eric Clapton. Qui sono raccolte, una per una, le sue canzoni (insieme a 12 versioni alternative): il "graal" del blues. (MarkDivine@74)


    The Complete Recordings

    ASCOLTA L'ALBUM

    Pubblicazione - 1990
    Durata - 104:53
    Genere - Blues
    Etichetta - Columbia


    Tracce

    Kind Hearted Woman Blues (take 1)
    Kind Hearted Woman Blues (take 2)
    I Believe I'll Dust My Broom
    Sweet Home Chicago
    Ramblin' on My Mind (take 1)
    Ramblin' on My Mind (take 2)
    When You Got a Good Friend (take 1)
    When You Got A Good Friend (Take 2)
    Come On in My Kitchen (take 1)
    Come On In My Kitchen
    Terraplane Blues
    Phonograph Blues (take 1)
    Phonograph Blues (Take 2)
    30-20 Blues
    They're Red Hot
    Dead Shrimp Blues
    Cross Road Blues (take 1)
    Cross Road Blues (take 2)
    Walkin' Blues
    Last Fair Deal Gone Down
    Preachin' Blues (Up Jumped the Devil)
    If I Had Possession Over Judgement Day
    Stones in My Passway
    I'm a Steady Rollin' Man
    From Four Till Late
    Hellhound on My Trail
    Little Queen of Spades
    Malted Milk
    Drunken Hearted Man
    Me and the Devil Blues
    Me and the Devil Blues (take 2)
    Stop Breakin' Down Blues (take 1)
    Stop Breakin' Down Blues (Take 2)
    Traveling Riverside Blues
    Honeymoon Blues
    Love in Vain Blues (take 1)
    Love In Vain Blues (Take 2)
    Milkcow's Calf Blues (take 1)
    Milkcow's Calf Blues (take 2)
  8. .


    OLD MAGICK
    Steven James Adams


    2016 (Fortuna Pop)


    Un ritorno più essenziale e semi-acustico per l'ex Broken Family Band



    Si sente che fa musica da una vita, Steven James Adams, soprattutto nella sua Broken Family Band, con la sua sgangherata mattanza alt-country. Col tempo si è addolcito, naturalmente, e ancora di più in questa sua seconda uscita solista, con Dan Michaelson a guidare i lavori e a suonare molte delle parti del disco, dal piacevole suono “organico” e corale, con quei bei brani solari alla Leisure Society (“Kings Of The Back Of The Bus”, l’ukulele da spiaggia inglese di “An Ending”, il salmodiare bucolico e abbandonato di “Modern Options”). Il power-pop dinoccolato del suo buon esordio solista (“House Music”) ritorna nella Hefner-iana “The Golden Bough”, ma tutto “Old Magick” racconta di una rinnovata sensibilità espressiva, trovata senza rinunciare alla freschezza nella scrittura e nell’interpretazione (la dolcezza indie-pop di “Togetherness”, la trionfante cavalcata di “Sea Of Words”).
    Il tutto trova compimento nel chamber-folk-pop drammatico di “Ideas”, che ricorda l’ultimo Villagers, in cui è appunto la bontà della resa sonora, con il bell’intermezzo minimalista al pianoforte, a nobilitare la traccia. Qualche momento più spigoloso dal punto di vista melodico (“French Drop”), anche se senza mai scadere nel banale. In attesa del nuovo Laish, la prima perla del cantautorato inglese indipendente di quest’anno. (Fonte: Ondarock)


    Tracklist

    Togetherness
    Kings Of The Back Of The Bus
    Modern Options
    Ideas
    French Drop
    More Togetherness
    Sea Of Words
    The Golden Bough
    An Ending
    Sonny
  9. .


    KEUKENHOF
    TULIPANI E DINTORNI


    La grande fiera dei tulipani apre alla vigilia di Pasqua. Sette milioni di bulbi per almeno un milione di visitatori


    Vendite allo scoperto, “futures”, speculazione. Altro che “ditelo con i fiori”.

    La “bolla dei tulipani” fu il primo caso di crack finanziario della storia e se lo conferma anche il sito della Consob c’è da crederci. Tra il 1636 e il 1637, nell’Olanda del Secolo d’Oro, il crescere della domanda dei pregiati bulbi di tulipano — beni di lusso — la spirale dei prezzi, la speculazione, la follia di massa generarono una bolla finanziaria completamente slegata dalla realtà e pronta a deflagrare. Fu sufficiente un’asta di bulbi andata deserta per scatenare il primo caso di panico da vendite della storia e il catastrofico crollo che travolse l’economia e migliaia di famiglie in Olanda e in tutta Europa.


    Vicenda ben nota agli studiosi ma insufficiente a far da monito agli emuli anche recentissimi, quella della Tulipmania — nome olandese della bolla dei tulipani — è uno dei temi dell’edizione 2016 del Keukenhof, la spettacolare esposizione di tulipani che non è solo uno degli appuntamenti più amati dagli appassionati di floricoltura di tutto il mondo, è anche uno degli eventi più frequentati della primavera turistica europea. I numeri del Keukenhof, che si vanta di essere il più bel parco floreale del mondo, sono impressionanti: 1 milione di visitatori nel 2014, 7 milioni di fiori da bulbo con 800 varietà di tulipani su un’area di 32 ettari, esposizioni tematiche, giardini specializzati, spazi per i bambini, aree dedicate ad opere d’arte. Tutto attorno al filone tematico del “Secolo d’Oro” olandese che ispirerà anche il grande mosaico floreale composto da ben 100mila bulbi. Nato nel 1949 su iniziativa di un gruppo di coltivatori ed espositori, il grande parco floreale è quindi il luogo ideale non solo per una piacevolissima escursione tra colori e composizioni davvero sorprendenti ma anche per approfondire il mito del tulipano, le sue origini asiatiche e i processi culturali ed economici che lo hanno fatto diventare il simbolo dei Paesi Bassi. Per non parlare delle tecniche di coltivazione, delle varietà più pregiate e delle loro sfumature di colore come quelle dei “tulipani fiammeggianti” i cui colori sono dovuti all’azione di particolari virus. Il Keukenhof aprirà i battenti il 24 marzo e sarà visitabile sino al 16 maggio; la grande affluenza, però, rende indispensabile organizzare con grande anticipo la visita, meglio se acquistando il biglietto online. Va ben calcolato, poi, se frequentare o deliberatamente evitare causa folla il weekend dedicato alla antiche tradizioni olandesi (1- 3 aprile) e la grande Parata dei fiori di sabato 23 aprile. Vicinissimo ad Amsterdam, ancor più vicino all’aeroporto di Schiphol, il parco è collegato ad entrambi da navette che nelle ore di punta partono ogni 5 minuti e che propongono pacchetti trasporto + ingresso. Per chi già conoscesse la capitale olandese, due consigli: pernottare nella vicina e bellissima Haarlem — che propone anche pacchetti speciali con approfondimenti sulla Tulipmania e visite al piccolo ma splendido Frans Hals Museum — o scegliere l’altrettanto bella e ancor più vicina Leiden. È qui che nel 1593 fu piantato il primo bulbo di tulipano giunto in Olanda ed è qui che, nel centro storico attraversato dagli immancabili canali, sorge la più antica università dei Paesi Bassi. Città natale di Rembrandt, Leiden conserva alcune sue opere nel Museo De Lakenhal. Ma l’abbinamento perfetto è la visita all’Hortus Botanicus lungo il percorso guidato dedicato al grande studioso Carolus Clusius, il primo vero importatore del prezioso bulbo. Infine, il Keukenhof può essere spunto per una permanenza prolungata nei Paesi Bassi. In questo caso, altri eventi da non perdere sono la grande mostra (13 febbraio – 8 maggio) dedicata a Hieronymus Bosch nella città di Den Bosch e il “ritorno a casa” del celebre quadro di Vermeer “La stradina”, e esposto in prestito dal Rijks di Amsterdam in una Delft completamente tematizzata dal 25 marzo al 17 luglio.













    Delft, la piazza del mercato



    Leiden dall'alto



    Il municipio di Delft



    Il canale ghiacciato a Leiden

  10. .


    ELECTRIC LADYLAND
    Jimi Hendrix


    1968 (Experience Hendrix)



    L’apogeo della musica di Hendrix e un disco centrale nella storia del rock

    "Electric Ladyland" è probabilmente il capolavoro di Jimi Hendrix, un disco molto complesso e difficile da comprendere. In ciò, non aiuta il fatto che esso sia stato completamente trascurato nella selezione dei brani per l’antologia del 1997, con l’eccezione di "Crosstown Traffic", "All Along the Watchtower" e "Voodoo Child (Slight Return)". Per capire bene questo disco, bisogna notare che Jimi Hendrix cercava il "colpo", la conferma presso il pubblico e la critica, e guardare i primi due lavori del grande chitarrista di Seattle, "Are You Experienced?" e "Axis: Bold As Love": mentre il primo è una sintesi della sua abilità tecnica, il secondo dà voce alla sua capacità compositiva, in particolare per le tre grandi ballate blues che lo caratterizzano ("Bold As Love", "Castles Made Of Sand" e la bellissima "Little Wing"). Invece, in "Electric Ladyland", che oltretutto è un disco doppio (l’unico di Hendrix in vita), Jimi si dedica alla sua vena psichedelica e hard rock, la stessa di "Purple Haze" e "Foxy Lady". Il disco promette bene sin dalla copertina (censurata nella versione in cd): un insieme di foto, alcune delle quali riportavano dei seni nudi, e furono considerate pornografiche. Si comincia con un brano che cita la musica di Broadway, "And the Gods Made Love", per proseguire con un po’ di blues cantato in falsetto ("Have You Ever Been"); il terzo brano è un selvaggio e velocissimo rock’n’roll, "Crosstown Traffic", del quale durante il tour del disco Jimi Hendrix suonò una infernale versione di otto minuti, dopo il quale arriva uno dei grandi capolavori del disco, con il contributo del grande Steve Winwood (Spencer Davis Group, Traffic, Blind Faith) all’organo e Jack Casady (Jefferson Airplane) al basso: "Voodo Child", l’affascinante e famoso blues elettrico lungo ben quindici minuti, uno dei primi brani a superare la classica durata delle canzoni.


    Finito il lato A, il B comincia con "Little Miss Strange", composta e cantata dal bassista del gruppo, Noel Redding, alla quale segue un’altra canzone con un ospite: "Long Hot Summer Night", dove Al Kooper (Super Session) suona magistralmente il piano; all’inizio, Hendrix non era sicuro dell’ordine di questa canzone e di quella che la segue, "Come On (Let the Good Times Roll)", una cover di Earl King, che comincia con un’attacco inconfondibile a base di energia pura e si scatena in quattro frenetici assoli diversi, di cui uno dura oltre due minuti, nei quattro di durata della canzone (!). Con un ormai famoso attacco di batteria, arriva un altro dei tanti capolavori del disco: "Gypsy Eyes", dedicata alla madre del grande chitarrista, morta quando lui aveva solo undici anni; il lato B si chiude con una delle canzoni più psichedeliche di Hendrix (l’unica in questo disco, insieme a "1983"): "Burning Of the Midnight Lamp". Il lato C si apre con un colpo di tosse e "Rainy Day, Dream Away", una canzone dal testo leggero ("Giorno piovoso, sogna tutto il giorno"), alla quale hanno contribuito Mike Finnigan all’organo, Freddie Smith e Larry Faucette ai congas, mentre il batterista è Buddy Miles, che lavorerà ancora con Hendrix in "Band of Gypsies". La canzone ha una seconda parte in "Still Raining, Still Dreaming", sul lato D. Dopo "Rainy Day", Hendrix ci dà un’altra grande prova della sua abilità compositiva, con la canzone forse più bella di tutto il disco, "1983 (A Merman I Should Turn To Be)", un psichedelicissimo blues (nel quale suona anche il flautista Chris Wood, un altro dei Traffic), che si allunga fino a diventare quasi impercettibilmente "Moon, Turn the Tides". L’ultimo lato comprende le tre canzoni più celebri del disco; dopo "Still Raining, Still Dreaming", come già detto seconda parte di "Rainy Day", insieme agli stessi collaboratori, con un attacco al fulmicotone parte "House Burning Down", divenuta ormai celebre grazie al suo ritornello ("Look at the sky turn a hell fire red, somebody's house is burnin' down down, down down") e alla sua chiusura, con la chitarra di Hendrix a imitare il crollo della casa (un espediente timbrico che avrebbe poi usato a Woodstock per richiamare i bombardamenti in Vietnam durante la sua versione di "Star Spangled Banner"). Conclusasi questa, ecco un altro capolavoro: "All Along the Watchtower", la bellissima cover del pezzo di Bob Dylan, della quale esiste anche una versione (reperibile in South Saturn Delta) con Dave Mason dei Traffic al basso e Brian Jones dei Rolling Stones alle percussioni. Il disco si chiude con uno dei pezzi più potenti e ad effetto di tutto il repertorio hendrixiano, un’altra testimonianza della sua vena hard rock, "Voodoo Child (Slight Return)", con tre assoli intervallati da battute deliranti ("Mi ergo accanto a una montagna e la abbatto con il taglio della mano"), con un celeberrimo ritornello, "Cause I’m a Voodoo Child, Lord knows I’m a Voodoo Child". Nel progetto originale, l'album doveva comprendere anche "Tax Free", che venne suonata durante il tour; anch’essa può essere rintracciata su "South Saturn Delta". Insieme ai concerti al Fillmore East e a Woodstock, "Electric Ladyland" è l’apogeo della musica di Hendrix e un disco centrale nella storia del rock.

    Electric Ladyland

    Pubblicazione - 16 settembre 1968 - Stati Uniti
    26 ottobre 1968 Regno Unito
    Durata - 75 min : 28 s
    Dischi - 2
    Tracce - 16
    Genere - Blues rock
    Hard rock
    Rock psichedelico
    Acid rock
    Proto-metal
    Etichetta - Reprise Records
    Track Records
    Polydor Records
    Produttore - Jimi Hendrix
    Registrazione - Tra luglio del 1967 e agosto del 1968
    Note - Registrazioni negli Olympic Studios di Londra e Record Plant Studios di New York


    Tracce

    Tutti i brani sono accreditati a Jimi Hendrix, eccetto dove indicato.

    Lato A

    And the Gods Made Love - 1:21
    Have You Ever Been - 2:12
    Crosstown Traffic - 2:26
    Voodoo Chile - 14:59

    Lato B

    Little Miss Strange (Noel Redding) - 2:50
    Long Hot Summer Night - 3:30
    Come On (Let the Good Times Roll) (Earl King) - 4:10
    Gypsy Eyes - 3:46
    Burning of the Midnight Lamp - 3:44

    Lato C

    Rainy Day, Dream Away - 3:43
    1983... (A Merman I Should Turn to Be) - 13:46
    Moon, Turn the Tides...Gently Gently Away - 1:03

    Lato D

    Still Raining, Still Dreaming - 4:24
    House Burning Down - 4:35
    All Along the Watchtower (Bob Dylan) - 4:01
    Voodoo Child (Slight Return) - 5:14


    Formazione

    Gruppo

    Jimi Hendrix - chitarra solista, ritmica, slide e acustica, voce, pianoforte, tastiere, basso, percussioni, kazoo
    Mitch Mitchell - batteria, percussioni, voce
    Noel Redding - basso, chitarra, voce

    Altri musicisti

    Jack Casady - basso in Voodoo Chile
    Steve Winwood - organo in Voodoo Chile
    Larry Faucette - conga in Rainy Day, Dream Away e in Still Raining, Still Dreaming
    Mike Finnigan - organo in Rainy Day, Dream Away e in Still Raining, Still Dreaming
    Fred Smith - corno in Rainy Day, Dream Away e in Still Raining, Still Dreaming
    Buddy Miles - batteria in Rainy Day, Dream Away e in Still Raining, Still Dreaming
    Chris Wood - flauto in 1983... (A Merman, I Should Turn to Be)
    Al Kooper - pianoforte in Long Hot Summer Night
    Mike Mandel - pianoforte
    Dave Mason - chitarra, voce
    The Sweet Inspirations - voce
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    YOU AND I
    L'ALBUM POSTUMO DI JEFF BUCKLEY


    Una goccia di purezza in un oceano di rumore


    La sensazione è quella di ascoltare un tesoro. O per dirla con Bono: «Una goccia di purezza in un oceano di rumore». È stata la madre di Jeff Buckley, Mary Guibert, a trovare questo tesoro negli archivi della Sony mentre cercava materiale per l’edizione celebrativa dei 20 anni di Grace. È il 1992, Jeff Buckley ha appena firmato un contratto e ha preso in mano il suo destino. Ha esordito cantando alla St. Ann’s Church di Brooklyn il pezzo che suo padre Tim Buckley ha scritto per lui e sua madre, I Never Asked to Be Your Mountain e suona ogni settimana al club Sin-é. Entra negli studi della Columbia e registra otto cover e due canzoni, una sublime versione acustica di Grace e Dream of You and I. Ci sono diverse considerazioni che si possono fare su questo gioiello, You and I, o forse nessuna. Jeff Buckley era talmente immenso che è inutile commentare la bellezza di quel poco che ci ha lasciato. Il rock degli anni ’90 era ribellione contro gli eccessi e Buckley dimostra quanto era capace di arrivare all’essenza delle canzoni, di qualsiasi canzone. Buckley mette insieme influenze impossibili filtrando attraverso la sua voce Everyday People di Sly & the Family Stone e i Led Zeppelin di Night Flight, e quando entra nel suo territorio emotivo con gli Smiths e Just Like a Woman di Bob Dylan brilla nella sua fragile goccia di purezza. «Questo è tutto, più o meno. Andiamo avanti», sussurra ancora alla fine di I Know It’s Over degli Smiths. L’inizio di una storia troppo breve.

    ASCOLTA L'ALBUM IN STREAMING

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    ROLLING STONES EN CUBA
    L'evento è storico, i Rolling Stones suoneranno un concerto gratuito a L'Avana


    Il gruppo ha chiuso l'accordo: sarà la più importante rock band occidentale a suonare nella capitale cubana dal 1959


    Era il 18 settembre 2015 quando il Granma, il giornale ufficiale che rappresenta il Partito Comunista di Cuba, pubblicava sul proprio sito la notizia, ripresa da un'indiscrezione raccolta dal quotidiano spagnolo El Mundo: "I Rolling Stones stanno finalizzando l'accordo per un concerto da tenersi al Latinoamericano Stadium de L'Avana. Keith Richards, che si trova a Parigi, ha confermato che la band sta attualmente definendo i dettagli del suo arrivo con le autorità locali". Oggi, dopo l'annuncio del The America Latina Olé - che per 12 date porterà Mick Jagger e compagni in tournée in Sud America - con il debutto il 3 febbraio a Santiago del Cile e che li ha fatti sbarcare a Buenos Aires, Rio de Janeiro, San Paolo, Lima e Bogotà con una tappa finale il 14 marzo a Città del Messico, arriva la conferma: i Rolling Stones diventeranno la più grande rock band occidentale a suonare a L'Avana dal 1959, l'anno della rivoluzione che ha visto la contrapposizione tra il dittatore Batista e la milizia popolare guidata da Castro e Che Guevara. La data? Il 25 marzo alla Ciudad Deportiva - e non il Latinoamericano Stadium come precedentemente detto, tempio del baseball, lo sport locale - il cosiddetto "colosseo" cubano, un centro sportivo costruito nel 1957 che ha una capienza di 25.000 persone. Gli Stones saliranno sul palco del palazzetto esattamente tre giorni dopo la visita di Barack Obama a Cuba, il primo presidente statunitense ad arrivare sull'Isola in ben ottantotto anni.


    Nonostante la musica sia una delle basi più solide della cultura cubana, nonostante molti registi abbiano tentato di coglierne lo spirito (Buena Vista Social Club di Wim Wenders) e nonostante generi come il bolero, il son, la rumba e la salsa, solo per citarne alcuni, abbiano a loro volta influenzato il mondo, il rock è sempre stato un nemico. Simbolo del capitalismo, qualcosa da tenere lontano, osteggiato dal governo. I dischi? Nemmeno a parlarne, a differenza, ad esempio, di quello che succedeva nei paesi dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dove gli lp occidentali riuscivano a venire stampati almeno in versione "pirata". L'arrivo degli Stones sull'Isola è quindi una notizia epocale da molti punti di vista: "Abbiamo suonato in tanti posti speciali durante la nostra lunga carriera", ha dichiarato la band, "ma questo spettacolo a L'Avana è destinato a diventare una pietra miliare per noi e, lo speriamo, per tutti nostri amici cubani". L'evento, completamente gratuito e chiamato Concert for Amity, mostrerà anche il lato buono degli Stones: il gruppo donerà infatti una serie di strumenti musicali, in accordo con case produttrici come Gibson, Vic Firth, Pearl, Zildjian, Gretsch, Boss e Roland, agli artisti locali, grazie anche al supporto della Latin Grammy Cultural Foundation, la fondazione dedicata al supporto della musica latina nel mondo. E chissà se l'istrionico Mick Jagger penserà anche a qualcos'altro di speciale per far entrare a pieno titolo lo show nella storia del rock&roll.
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    After all is said and done
    Gotta move while it's still fun
    Let me walk before they make me run


    "Viene dal cuore" disse Keith a proposito di questo pezzo di "Some Girls", "sono rimasto in studio per cinque giorni a registrarlo, senza mai uscire". Il ritmo è pieno di energia, il riff con l'accordatura in Sol aperta è un classico di Richards e il testo è una supplica alle autorità canadesi perchè non siano troppo severi nel suo processo per droga. "Alcol, pastiglie e polvere...ho già scontato la mia pena all'inferno", canta Keith in una delle sue performance più grezze ed eroiche.

    (Mark.Divine@74)


    Before They Make Me Run
    Jagger-Richards - Da "Some Girls" 1978

    Worked the bars and sideshows along the twilight zone
    Only a crowd can make you feel so alone
    And it really hit home
    Booze and pills and powders, you can choose your medicine
    Well here's another goodbye to another good friend
    After all is said and done
    Gotta move while it's still fun
    Let me walk before they make me run
    After all is said and done
    I gotta move, it's still fun
    I'm gonna walk before they make me run
    Watched the taillights fading, there ain't a dry eye in the house
    They're laughing and singing
    Started dancing and drinking as I left town
    Gonna find my way to heaven, `cause I did my time in hell
    I wasn't looking too good but I was feeling real well
    After all is said and done
    I gotta move I had my fun
    Let us walk before they make me run
    After all is said and done
    I did alright, I had my fun
    I will walk before they make me run
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    L'iguana è sempre l'iguana...

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    BEFORE A MILLION UNIVERSES
    Big Ups


    2016 (Tough Love)


    Secondo lavoro e grandi conferme per i protagonisti della nuova scena newyorchese post-hardcore

    Joe Galarraga (voce), Amar Lal (chitarre), Carlos Salguero Jr (basso) e Brendan Finn (batteria) all’alba del decennio in corso unirono le forze in quel di New York, nel 2014 concretizzarono i propri sforzi dando alle stampe l’acclamato esordio “Eighteen Hours Of Static”. Nei successivi due anni hanno lavorato sodo per far girare il nome e concepire un seguito in grado di realizzare le altissime aspettative che si erano create attorno a loro. “Before A Million Universes” è il secondo capitolo della storia dei Big Ups, il contenitore nel quale in tredici tracce nuove di zecca viene frullato il post-hardcore dei Fugazi, la rabbia senza fine dei Nirvana, l’incorruttibilità degli Shellac e la follia dei Jesus Lizard. Il gioco al massacro, fatto di bombe nucleari lanciate sull’ascoltatore (ascoltare per credere la doppietta iniziale “Contain Myself” / “Capitalized”) e di inni da stadio simil punk (“Proximity Effect”), funziona che è una meraviglia, ma anche quando giocano di fino, rallentando i tempi (“Meet Where We Are”, “So Much You”), i newyorchesi mantengono sempre altissima la tensione. Ritmiche granitiche, dissonanze chitarristiche, voce a tratti isterica, esplosioni di rabbia pronte a sorprendere l’ascoltatore in qualsiasi momento, tutto concentrato in quarantadue minuti densi, compiuti ed efficacissimi. L’eccitazione che scaturisce dall’ascolto di questi suoni (passatisti, secondo i detrattori) è la medesima che segue la visione delle vicende vintage rock narrate nella serie televisiva di Scorsese “Vinyl”: ma in nessuno dei due casi si tratta di nostalgia, è semmai l’apprezzamento nei confronti di opere ben fatte che, oltre a risvegliare piacevoli sensazioni legate al passato, meritano di essere seguite e apprezzate. “Before A Million Universes” è il difficile ma riuscito secondo atto di una formazione che ha parecchie frecce al proprio arco, ed è la straripante conferma di quanto, a pari merito con Metz (in area post-grunge) e Nothing (sul versante shoegaze), i Big Ups siano la più incandescente novità alternativa del nuovo millennio. (Ondarock)


    Tracce

    - Contain Myself
    - Capitalized
    - Posture
    - Feathers Of Yes
    - Meet Where We Are
    - Negative (intro)
    - Negative
    - Hope For Someone
    - Knight
    - National Parks
    - So Much You
    - Proximity Effect
    - Yawp
2929 replies since 21/4/2008
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