TOUR DE FRANCE 2014: altimetria, percorso, tappe [FOTO]

Al via 22 squadre, 198 corridori, 17 italiani. Niente abbuoni

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    13^ TAPPA
    Nibali trionfa sulle Alpi nel giorno del mito Bartali.


    Straordinaria impresa della maglia gialla, che arriva solitario sul traguardo di Chamrousse proprio nel giorno un cui il leggendario 'Ginettaccio' avrebbe compiuto 100 anni. Staccati Valverde e Pinot, alla deriva l'australiano Richie Porte.

    Avrebbe sicuramente entusiasmato anche Gino Bartali, proprio nel giorno del centenario dalla nascita del mito, l'impresa sulle Alpi di Vincenzo Nibali. Su una salita finale lunghissima, per certi aspetti monotona, triste come il suo naso, direbbe Paolo Conte, Bartali avrebbe apprezzato quell'italiano dalla faccia tranquilla che in maglia gialla stacca tutti e cavalca solitario verso l'arrivo. Un padrone della situazione che, rimasto senza compagni di squadra (Scarponi in crisi, Fuglsang a terra), potrebbe difendersi comodamente, ma sceglie il ciclismo d'altri tempi. A più di sei km dal traguardo rompe gli indugi, va all'attacco, sgretola le sicurezze dei rivali per la vittoria finale. Porte crolla subito (arriverà quasi a 9'), Thibaut Pinot e Alejandro Valverde vengono staccati in una maniera così naturale da sembrare semplice. Vincenzo ha quasi timore di fare il tiranno. Riprende due attaccanti (Majka e Konig), cerca di tenerli con sè, poi è 'costretto' alla cavalcata solitaria verso l'arrivo in quota. E' troppo più forte, per lui è la terza vittoria in questo Tour, ma rispetto alle precedenti fa più effetto perchè arriva con la maglia addosso. Per ritrovare un italiano che vince in giallo bisogna riavvolgere il nastro fino al 1965, con la cronometro finale Versailles-Parigi vinta da Felice Gimondi. Vincenzo Nibali vive un giorno da leone nella prima fatica sulle Alpi, insidiosissima. Nel momento decisivo, due GPM: prima l'inedito Col de Palaquit (14 km al 6%, ma con punte del 12), poi l'ascesa finale verso Chamrousse (18 km intorno al 7%, ma con paio di settori in cui tocca l' l'11%), la prima Hors Categorie, marchio sacro per i francesi.


    Oltre alle due ascese, il caldo come terzo, ingombrante, incomodo. Temperatura intorno ai 37°, di quelle che possono far malissimo se sbagli mezza mossa nell'idratazione: ne sa qualcosa Daniel Navarro, uno dei ritirati di giornata, che abbandona al limite dello svenimento. Fattori acuiti da una battaglia accesa sin dalle prime fasi, con conseguente media molto elevata. La fuga che va via è molto interessante: nove uomini, tra loro due italiani (De Marchi e Visconti) e tre che al Tour hanno già agguantato una tappa (Feillu, Kadri e Bakelants). La classifica non c'entra niente, ma dietro l'inseguimento è molto serrato: 'colpa' di Purito Rodriguez, spalleggiato dalla Katusha nella difesa alla maglia a pois che peraltro finirà per cedere proprio a Nibali. Sul Palaquit, De Marchi parte solitario. Strada tosta in salita, molto pericolosa in discesa: per alcuni tratti si sovrappone a quella del Col de Porte. Qui Bernard Hinault nel Giro del Delfinato del 1977 fece vivere momento di terrore alla Francia finendo a piena velocità in un fosso: ne riemerse poco dopo, ma il terrore nello sguardo è impresso in parecchie foto storiche. Ne fa le spese Jakub Fuglsang, un altro bel problema per Vincenzo Nibali, che nella salita precedente aveva già perso un Michele Scarponi apparso stavolta svuotato di energie. Delicatissima quindi la situazione per Vincenzo Nibali: Kangert, suo malgrado, non può dargli più di tanto, ma Movistar (per Alejandro Valverde) e Fdj.fr (per Thibaut Pinot) provano a gettare la rete per fregare lo Squalo. Lavora meno il Team Sky, ed il motivo si capisce poco dopo: Richie Porte non tiene il ritmo ed esce di scena, è l'ennesima batosta per lo squadrone inglese. Kangert è l'ultimo luogotenente ad abbandonare Nibali, ma anche gli altri big restano da soli. E' una resa dei conti. Valverde l'attendista, stavolta non attende. Nibali replica insieme a Thibaut Pinot, è il terzetto che caratterizza la salita. Ai -6 la decisione: scatto secco, per fare un po' di differenza, poi su, forte di un passo superiore a Pinot (che comunque sale sul terzo gradino del podio) e Valverde. Un sigillo in un giorno importante: cento anni fa, lo abbiamo ripetutamente sottolineato, nasceva Bartali. Ma 19 anni or sono vi fu il dramma di Casartelli, proprio sulle strade del Tour. Nibali oggi ha corso anche per loro. "Quello che è successo a Casartelli, ero molto piccolo, ma me lo ricordo molto bene - commenta Vincenzo Nibali -. Ieri era anche l'anniversario della scomparsa di Kivilev, grande amico del mio team manager Vinokurov". Poi l'analisi della tappa: "Sono molto contento perchè oggi lo scopo era quello di cercare di guadagnare il più possibile nei confronti dei miei principali avversari, in particolare su Porte e Valverde. Porte si è staccato subito, è rimasto Valverde e su di lui ho guadagnato quanto potevo", aggiunge il corridore dell'Astana che si sofferma anche sul caldo. "E' stato incredibile, sembrava di essere a Palermo e Messina, mancava solo il venticello. Oggi non sono riuscito nemmeno ad esultare, è stata una salita lunghissima, era caldissimo, pensavo solo di arrivare al traguardo"

    ORDINE D'ARRIVO DELLA TREDICESIMA TAPPA

    1. Vincenzo Nibali (ITA-Astana)
    2. Rafal Majka (POL-Tinkoff) a 10''
    3. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 11''
    4. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 50''
    5. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 53''
    6. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 1'23''
    7. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 1'23''
    8. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 1'36''
    9. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 2'09''
    10. Frank Schleck (LUX-Trek) a 2'09''

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (ITA-Astana)
    2. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 3'37''
    3. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 4'24''
    4. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 4'40''
    5. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 5'19''
    6. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 6'06''
    7. Bauke Mollema (NED-Belkin) a 6'17''
    8. Jurgen Van den Broeck (BEL-Lotto) a 6'27''
    9. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 8'36''
    10. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 9'18''

     
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    14^ TAPPA
    Nibali all'attacco nel giorno dell'Izoard. La maglia gialla è sempre più sua.


    Nella seconda e ultima frazione alpina, vinta dal polacco Majka, il siciliano controlla per poi sferrare l'offensiva nella salita finale.

    Il sovrano delle Alpi. Vincenzo Nibali dà un'altra scossa al Tour anche nella seconda ed ultima tappa alpina, quella del mitico Izoard. Nella salita verso Risoul il siciliano non fa il cannibale come a Chamrousse, 'limitandosi' a mettere in atto la sua superiorità senza strafare. Basta uno scatto quando mancano 3 km all'arrivo. Pinot e Bardet, giovani orgoglio di Francia, dopo una giornata passata a meditare tranelli alla maglia gialla, si inchinano consolandosi in un derby familiare comunque eccitante per lo sciovinismo dei padroni di casa, che non vedono il podio di Parigi da 17 lunghi anni (secondo posto del discusso guascone Virenque). Valverde invece tende a sgretolarsi, ingobbito sotto il peso di un acuto che all'università del ciclismo proprio non vuole arrivare. L'asturiano resta secondo, ma i segnali, visti i transalpini rampanti, non sono granchè. Un controllo assoluto quello di Nibali, nel quale trova spazio Rafal Majka, il sopravvissuto della fuga iniziale di giornata, al primo successo - e che successo - della sua carriera. Un po' di gioia dunque per il padre padrone della Tinkoff, malinconico quanto orgoglioso dopo l'abbandono della stella Contador. Orgoglio, perchè mister Tinkoff non resiste alla tentazione di lanciare il sassolino: "Se Alberto non fosse caduto, oggi sarebbe maglia gialla". Chissà, magari ha ragione lui ma...


    Primo: sono parole senza controprova. Secondo: al momento del ritiro, il pistolero stava dietro quasi 3'...La seconda tappa alpina si intreccia con la storia del Tour. Si parte da Grenoble, città simbolo anche nell'attività su pista, che nel 1911 fu sede di arrivo nella prima volta delle Alpi alla Grande Boucle (vinse Emile Georget). Si arriva a Risoul dopo una salita di quasi 13 km, che però è una semplice damigella della regina di giornata. Prima infatti si scala la leggenda, il Col d'Izoard. Consacrato al ciclismo nel 1922, il primo italiano a domarlo fu il piemontese Bartolomeo Aymo. Ci fece l'impresa, tanto per cambiare, Gino Bartali, ma i francesi hanno eletto altri sovrani per la montagna: Fausto Coppi e Louison Bobet, le gesta dei quali sono ricordate in cima da due stele. L'assalto all'Izoard lo porta per primo un drappello di uomini molto ben assortito. Ne fanno parte, tra gli altri, Majka, Roche, Sagan (che però cede presto) Rodriguez (a caccia di punti per la maglia a pois) e quell'Alessandro De Marchi già in fuga il giorno precedente e splendido vincitore proprio a Risoul nel Delfinato dello scorso anno. Si sale a quota 2360 metri, e l'altitudine spesso può fare più male delle pendenze: il souvenir Henry Desgrange - in onore dell'ideatore del Tour - per la cima più alta, se lo aggiudica Purito Rodriguez. Vincenzo Nibali e gli altri big ovviamente lasciano fare. Già sul Lautaret, una specie di goccia cinese con le sue pendenze modeste compensate dalla lunghezza infinita (34 km), l'Astana si limita ad una andatura regolare, accettata senza batter ciglio dai vari Valverde, Pinot e compagnia. Una situazione tattica che lascia spazio a situazioni collaterali: ad esempio il campione di Francia Arnaud Demare, invece di espletare i propri bisogni in corsa, si accomoda in un camper gentilmente messo a disposizione da alcuni tifosi australiani. Inoltre, Valls che va, Valls che viene: Manuel, il Primo ministro di Francia, si accomoda sull'ammiraglia del patron Christian Prudhomme e segue la corsa, Rafael, corridore della Lampre, l'abbandona. La prima scintilla di classifica nella discesa dall'Izoard, la temibilissima caisse desert, ma è roba tra francesi. Peraud pilota Bardet lungo traiettorie a dir poco insidiose, Pinot soffre nella replica, mentre Vincenzo Nibali non lascia nulla di intentato, andando a chiudere con l'aiuto del fido Fuglsang. La resa dei conti verso Risoul. Il primo a partire è ancora De Marchi, il più brillante però è Majka, che accumula un margine che, sia pur di poco, risulterà decisivo. Dietro Nibali resta senza compagni di squadra, ma non si scompone minimamente. Lascia che gli altri mettano su i loro piani, lascia che Peraud - il più tosto sulla sua ruota - lavori ancora per Bardet. Poi l'acuto, quella maglia gialla che fu assegnata per la prima volta esattamente 95 anni fa (19 luglio 1919) è sempre più sua. Manca solo la vittoria di tappa, ma va benissimo lo stesso: se non altro mister Tinkoff per una volta può sorridere. E fantasticare... Nibali non manca la replica: "Tinkoff lo conosciamo tutti come personaggio e poi parla da patron. Io sto molto bene e poi già dopo la tappa sul pavè avevo due minuti e mezzo di vantaggio sul campione spagnolo Alberto Contador. L'unica cosa certa è che su queste salite ce le saremmo date di santa ragione". Sulla tappa: "Sono andato su con la mia andatura, poi dall'ammiraglia mi hanno detto che se ne avevo, potevo guadagnare ancora e cosi' è stato. Poi Valverde è crollato, quindi vuol dire che ho fatto bene. Sul traguardo ho deciso di fare lo sprint con Peraud perché non mi ha dato cambi per tutta la salita, ma ha sprintato, allora ho deciso di fare io il secondo".

    ORDINE D'ARRIVO DELLA QUATTORDICESIMA TAPPA

    1. Rafal Majka (POL-Tinkoff)
    2. Vincenzo Nibali (ITA-Astana) a 24''
    3. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 26''
    4. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 50''
    5. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 50''
    6.Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 54''
    7. Frank Schleck (LUX-Trek) a 1'01''
    8. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 1'07''
    9. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 1'20''
    10. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 1'24''

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (ITA-Astana)
    2. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 4'37''
    3. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 4'50''
    4. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 5'06''
    5. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 5'49''
    6. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 6'08''
    7. Bauke Mollema (NED-Belkin) a 8'33''
    8. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 9'32''
    9. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 10'01''
    10. Pierre Rolland (FRA-Europcar) a 10'48''

     
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    15^ TAPPA
    Bauer beffato da Kristoff a 50 metri dal traguardo.


    Il neozelandese va in fuga al pronti via insieme con lo svizzero Elmiger, ma quando piazza lo sprint ormai impossibile viene ripreso sul filo e scoppia in lacrime. Il norvegese si impone e per lui c'è il bis. Difesa di personalità da parte del siciliano in una giornata con vento.

    Il pianto a dirotto di Jack Bauer è la foto più amara ed al tempo stesso più bella della giornata al Tour. Capita se uno sta davanti 221 km e 950 metri su una tappa che ne misura 222 ed alla fine vede esultare un altro. Il neozelandese scappa al pronti via con lo svizzero Elmiger, si fa tutta la tappa davanti, e non certo con un ritmo sonnolento. E' lui che sul più bello prende l'iniziativa, vede il traguardo come un oasi nel deserto ma viene inghiottito da un gruppo senza scrupoli. Bauer piange, mentre Alexander Kristoff, il vincitore della Sanremo, coglie la sua seconda perla a questo Tour. Il norvegese si conferma il velocista con più tenuta, mentre all'epilogo l'esplosivo Kittel dei primi giorni è un illustre sconosciuto. La beffa di Bauer non è la prima, e non sarà l'ultima nella storia del ciclismo. Una di quelle situazioni che quando accadono fanno subito evocare Franco Bitossi ed il suo dramma sportivo ai Mondiali di Gap nel 1972, passato da Marino Basso sul filo di lana quando ormai il suo cuore matto era in totale subbuglio. Finale che per Vincenzo Nibali è un dettaglio. Il siciliano mantiene con buona disinvoltura la maglia gialla nel classico giorno da ordinaria amministrazione.


    La Tallard-Nimes del resto viene prima del giorno di riposo, ma soprattutto, prima del micidiale trittico sui Pirenei: non si può dire che si viva una giornata tranquilla, essendo la parola relax bandita a vita dal Tour. Si può però affermare a rigor di logica che, vista l'assenza di GPM (ma qualche dentino non manca), le insidie a cui fare attenzione sono altre. Il vento, che a conti fatti non incide granchè portandosi dietro il rischio di frazionamenti, e la pioggia, che invece torna ad affacciarsi dopo giornate di grande calura senza risparmiarsi: a tratti il gruppo viene battuto in stile uragano. Insommma, Vincenzo Nibali e l'Astana devono limitarsi a svolgere un compito di routine badando a tenere alta la concentrazione. La missione compiuta con puntualità: l'esempio lo dà proprio Nibali, che quando la Bmc tenta il classico attacco di squadra in pianura, mulina pedalate con una prepotenza tale da strappare a Van Garderen e compagnia qualsiasi sogno proibito. L'arrivo di Nimes è luogo caro ai velocisti. Tra coloro che vi hanno vinto, non poteva mancare Mark Cavendish: purtroppo stavolta Cannonball non può scaricare quintali di adrenalina, costretto a guardare tutto dal divano dopo la caduta in terra inglese. Città non solo di sprinter, ma in generale di ciclismo, Nimes sarà parte integrante del processo di internalizzazione della Vuelta di Spagna, che prenderà il via nel 2017 proprio dalla Linguadoca. La fuga di giornata parte al km 0. La portano avanti Bauer e lo svizzero Martin Elmiger, due bei passistoni che allargano il margine in maniera considerevole. In particolare per Elminger, i km passati in avanscoperta significano la conquista del primato in una classifica non scritta. Scavalca infatti De Marchi tra i forzati della fuga. Per dirla alla francese, è il nuovo baroudeur, suona affascinante, dà il senso dell'avventura. Il campione svizzero del resto sta interpretando bene il Tour, se lo merita. Il cielo scurissimo e l'acqua a catinelle sono i principali alleati dei due attaccanti. Dietro infatti i big si muovono come in una cristalleria per non correre rischi eccessivi. Sul più bello però, il sole... Bauer ed Elmiger lo accolgono con l'entusiasmo di un vampiro, visto che dietro iniziano una caccia senza quartiere. Spettacolo sul filo dei secondi. Martin dà una tirata, ma lo fa in maniera isolata. Si vede qualche Giant Shimano (per Kittel e Degenkolb), ma è la Katusha che fa il treno per Kristoff. Greipel, detto il Gorilla non per caso, cerca di chiuderlo alle transenne, ma il norvegese va a vincere in maniera nettissima.

    ORDINE D'ARRIVO DELLA QUINDICESIMA TAPPA

    1. Alexander Kristoff (NOR/KAT) 222,0 km in 4h56:43. (media: 44,9 km/h)
    2. Heinrich Haussler (AUS/IAM) a 0:00.
    3. Peter Sagan (SVK/CAN) 0:00.
    4. André Greipel (GER/LTB) 0:00.
    5. Mark Renshaw (AUS/OPQ) 0:00.
    6. Bryan Coquard (FRA/EUC) 0:00.
    7. Ramunas Navardauskas (LTU/GRM) 0:00.
    8. Romain Feillu (FRA/BSE) 0:00.
    9. Michael Albasini (SUI/ORI) 0:00.
    10. Jack Bauer (NZL/GRM) 0:00.

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (ITA/AST) 66h49:37.
    2. Alejandro Valverde (ESP/MOV) a 4:37.
    3. Romain Bardet (FRA/ALM) 4:50.
    4. Thibaut Pinot (FRA/FDJ) 5:06.
    5. Tejay Van Garderen (USA/BMC) 5:49.
    6. Jean-Christophe Péraud (FRA/ALM) 6:08.
    7. Bauke Mollema (NED/BKN) 8:33.
    8. Leopold König (CZE/APP) 9:32.
    9. Laurens ten Dam (NED/BKN) 10:01.
    10. Pierre Rolland (FRA/EUC) 10:48.


     
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    Vincenzo Nibali:
    ''Non ho ancora vinto nulla, si festeggia solo a Parigi''.


    ''Mancano ancora tappe difficili, devo rimanere vigile, controllare la gara, mantenere il vantaggio ed evitare le cadute. A Sheffield ho capito che avrei potuto lottare per la maglia gialla. Contador e Froome out? Mi dispiace, ma le cadute fanno parte del gioco'.

    ”Il Tour si vince a Parigi, non prima”...

    Vincenzo non alza ancora le mani dal manubrio. Il dominatore del Tour de France 2014, con 4’37″ di vantaggio su Valverde, non si sente ancora il vincitore della corsa francese. ”Devo rimanere vigile – afferma a L’Equipe – e prestare attenzione alle cadute, stando vicino ai miei compagni di squadra. In ogni caso non posso commettere l’errore di pensare di aver già vinto il Tour, mancano tutte tappe difficili, già da quella di domani a Bagneres-de-Luchon e ancora di più a Hautacarn. L’obiettivo è quello di controllare la gara, mantenendo il mio vantaggio che è già considerevole”. L’azzurro rivela di essersi sentito in grandissima forma già durante la seconda tappa. ”Immediatamente, già il secondo giorno a Sheffield, ho capito di poter competere ad alti livelli. C’erano stati diversi attacchi, compresi quelli di Froome e Sagan. Dopo il mio attacco, nessuno ha potuto seguirmi ed ho vinto la tappa, prendendo la maglia gialla. Quell’azione mi ha dato grandissima fiducia. Non sentirei sminuito il mio successo per l’assenza di Froome e Contador: sono caduti e mi dispiace per loro, ma le cadute fanno parte delle corse. Non ruberei nulla a nessuno e tutti i migliori sono ancora in gara”.

     
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    16^ TAPPA
    Nibali resta in giallo nella prima sui Pirenei. Rogers fa l'impresa.


    Il siciliano, per il cinquantesimo giorno leader di una grande giro, pur accusando un leggero momento di flessione in salita non cede nulla ai diretti avversari. L'australiano Rogers aggiunge un'altra perla alla sua collezione dopo i due successi al Giro d'Italia.

    Vincenzo Nibali fa cinquanta. Con la maglia gialla mantenuta nella prima pirenaica, il siciliano arriva a cifra tonda quanto a giorni da leader dei grandi giri (Tour, Giro, Vuelta). Difesa facile? Neanche per sogno. Non può mai esserlo quando di mezzo c'è una salita Hors Categorie come il Port de Bales, ma l'italiano conferma di avere forza nei muscoli e nella mente anche nella giornata in cui deve gestire il secondo momento di minidifficoltà dopo quella nella prima sui Vosgi, attaccato dal Contador. Succede quando Thibaut Pinot, giovane di una Francia finalmente orgogliosa dopo un buco di podi che dura da 17 anni, scatena l'offensiva. Nibali resta senza squadra, non è la prima volta che gli capita di restare da solo, la pedalata sembra imballarsi leggermente sotto i colpi del francese. Ma non c'è neanche il tempo di avere paura, inizia la discesa: il siciliano prova solo un pizzico di angoscia, quando si trova una macchina della stampa in mezzo alla sede stradale. Gli bastano però poche, curve disegnate con equilibrato coraggio, e Pinot è di nuovo nel mirino. Alla fine rientra anche Valverde, in difficoltà in salita dopo aver acceso la miccia, ma i giochi non sono invariati come sembra. C'è infatti un grande sconfitto di giornata, Romain Bardet, che cede il podio a Pinot. Inoltre anche van Garderen e Mollema vanno alla deriva. A conti fatti, tutto bene per Nibali, quel passaggio sul Port de Bales potrebbe essere 'salutare', tiene i piedi ben ancorati a terra alla vigilia di due tappe durissime.


    Protagonista di giornata, ma non occasionale, è Michael Rogers. L'australiano entra nel drappello che va in fuga, tiene in salita, fa il vuoto in discesa, dà ulteriore dignità - dopo il successo alpino di Majka - alla spedizione della Tinkoff Saxo orfana del leader Contador. Eroe non occasionale, perché la vittoria a Luchon è una sintesi delle sue due belle imprese all'ultimo Giro d'Italia. A Savona aveva vinto con una azione in discesa, allo Zoncolan aveva fatto il vuoto in salita: al Tour completa l'opera, sfoggiando anche le doti da cronoman che gli hanno fruttato tre titoli iridati. "Con queste vittorie al Giro e al Tour ho cambiato mentalità, perchè erano anni che cercavo questo tipo di successi. Ora mi sento più affamato e quando ci sono queste opportunità cerco di sfruttarle", esulta Rogers. "Vorrei dedicare questa vittoria ad Alberto Contador e a tutta la squadra perchè abbiamo passato 4-5 giorni molto difficili dopo il suo ritiro. Però fare vedere che la squadra è presente dimostra che se lui fosse qui non dico che sarebbe maglia gialla ma sarebbe una bella lotta". Tanti spunti, proprio nel giorno in cui il Tour abbraccia le salite che ne hanno fatto la storia. Il primo assaggio vero si chiama Port de Bales, ascesa Hors Categorie di quasi 12 km con una pendenza media del 7.7% e tratti oltre il 10. Dalla cima, una lunga discesa verso Bagneres de Luchon, località simbolo da cui ebbe inizio la favola pirenaica. Nel 1910 Luchon fu sede di due tappe di alta montagna, quando alle pendenze si aggiungevano sterrati e paracarri spacciati per biciclette. Protagonisti di un duello epico furono il francese Octave Lapize e il lussemburghese François Faber, travolti pochi anni dopo dalla follia della Grande Guerra. Entrambi volontari, Lapize perse la vita durante un duello aereo, Faber mentre combatteva in nome del fascino misterioso della Legione straniera. Luchon da quell'anno è stata spesso frequentatissima dal Tour. L'ultima volta a Luchon due anni or sono, con la vittoria di Thomas Voeckler (un habitueè, primo anche lo scorso nell'arrivo di una tappa della Route du Sud). T-Blanc del resto è uno che l'odore dell'impresa lo respira anche quando la ruota non gira nel verso giusto. Deludente sulle Alpi, quando 'stuzzicato' in maniera un po' troppo pungente da un tifoso olandese si era addirittura fermato per replicare, l'istrionico alsaziano entra nella fuga buona. Sono tanti (21), ben assortiti e soprattutto non danno nessun fastidio a Nibali e compagnia. Voeckler ha due compagni di squadra (Gautier e Reza), tra gli altri ci sono l'ex maglia gialla Gallopin, Serpa, il nostro Montaguti, ovviamente Rogers, Slagter, i due Sky Eisel e Kiriyenka, un marpione delle classiche come van Avermaet, e ancora Bakelants e Kwiatkowski, Albasini. Prima del Port de Bales, si passa sul Portet d'Aspet: su quella maledetta discesa, 19 anni fa, perse la vita Fabio Casartelli. Il Tour doverosamente non dimentica, e il direttore Christian Prudhomme si avvantaggia sulla carovana per porre dei fiori sulla stele che ricorda lo sfortunato ciclista. Tornando al Port de Bales, c'è la prima resa dei conti. Restano davanti Rogers, Voeckler, Serpa, Kiriyenka e Gautier. Discesa mozzafiato, di quelle senza protezione, dove è impossibile sbagliare. Voeckler e Gautier possono giocare di squadra, ma la discesa non è cosa che si improvvisa: Rogers aggredisce la strada, Voeckler capisce che stavolta non gli riuscirà il tris, scuote la testa mentre l'australiano già ride. Non vincerà tanto, ma sa vincere molto bene. "Bella giornatina, la tappa è stata molto lunga, ci sono tentativi di fuga, ventagli, non è stato facile controllare la corsa - commenta Nibali -. La corsa è partita sul Port de Bales, gli uomini della Movistar hanno fatto la corsa, l'intenzione di Valverde era guadagnare secondi e Pinot ha preso la maglia bianca a Bardet". Il siciliano è rimasto solo, ma evita qualsiasi accenno polemico: "La squadra ha lavorato dal secondo giorno fino adesso. Oggi la tappa era di 240 km e hanno fatto un grande lavoro. Di più cosa si voleva?". Sulla macchina pericoloso ostacolo in discesa: "L'ho trovata in mezzo, però sapevo che la corsa era tutta lì così non ho preso rischi".

    ORDINE D'ARRIVO DELLA SEDICESIMA TAPPA

    1. Michael Rogers (Aus, Tinkoff) in 6h07'10"
    2. Thomas Voeckler (Fra, Europcar) 09"
    3. Vasili Kiryenka (Blr, Team Sky) s.t.
    4. Josè Serpa (Col) s.t.
    5. Cyril Gautier (Fra) s.t.
    6. Greg Van Avermaet (Bel) 13"
    7. Michal Kwiatkowski (Pol) 36"
    8. Matteo Montaguti (Ita) 50"
    9. Tom Jelte Slagter (Ned) 2'11"
    10. Tony Gallopin (Fra) s.t.
    17. Thibaut Pinot (Fra) 8'32"
    18. Alejandro Valverde (Esp) s.t.
    20. Vincenzo Nibali (Ita) s.t.

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (Ita, Astana) in 73h05'19"
    2. Alejandro Valverde (Esp, Movistar) a 4'37"
    3. Thibaut Pinot (Fra, FDJ) a 5'06"
    4. Jean Christophe Peraud (Fra) a 6'08"
    5. Romain Bardet (Fra, AG2R) a 6'40"
    6. Tejay Van Garderen (Usa) a 9'25"
    7. Leopold Konig (Cze) a 9'32"
    8. Laurens Ten Dam (Ned) a 11'12"
    9. Michal Kwiatkowski (Pol) a 11'28"
    10. Bauke Mollema (Ola) a 11'33"

     
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    17^ TAPPA
    Nibali padrone dei Pirenei. Majka concede il bis.


    Ancora una dimostrazione di forza della maglia gialla, che nell'ultima salita del tappone pirenaico stacca Valverde, Pinot e Bardet.

    La voglia di impresa, l'orgoglio di voler mettere sempre la maglia gialla davanti a tutti i rivali verso Parigi. Vincenzo Nibali non amministra, non sta alla finestra a guardare Pinot e Bardet che si beccano come galletti in un pollaio. Potrebbe farlo, ma Valverde perde terreno, 'les enfants' non tengono. E allora lo Squalo morde, coglie un'altra perla: 14 giorni in giallo, come Gastone Nencini. Tra tanti emergenti, l'unico francese che ne tiene la ruota è il vegliardo Peraud, ma questo è relativo. L'assoluto è l'ennesima spallata ad un Tour vissuto più da tiranno che da padrone. Manca solo la vittoria di tappa, ma è un dettaglio. Arriva il bis di Rafa Majka, e per il polacco della Tinkoff - straordinaria la reazione del team dopo il forfait di Contador - si tratta del secondo successo della carriera, ed entrambi al Tour. Majka consolida la maglia di leader della montagna, e quei pois sono l'unico piccolissimo neo ad una giornata che per la Sicilia poteva essere leggendaria. Giovanni Visconti, altro isolano del gruppo, per poco non bissa l'impresa del Giro dello scorso anno sul Galibier. Mancano le energie sul più bello, ma il secondo posto in una giornata del genere è roba di lusso.


    Dunque la seconda pirenaica non tradisce. E' la tappa più difficile del Tour. Tra col du Portillon, Peyresourde, Val Louron-Azet e arrivo Hors Categorie a Saint-Lary Soulan, negli ultimi 75 km ce ne sono 40 di salita, spesso durissima. A questo va aggiunta una difficoltà in più: è una tappa di appena 123 km, lunghezza che può risultare indigesta quando c'è molto dislivello. Lo insegna quella maestra quasi infallibile che è la storia del ciclismo: nel 1982, su una frazione di appena 85 km con arrivo a Montecampione, Bernard Hinault riprese a Silvano Contini un Giro che appena 24 ore prima sembrava naufragato. E di storia ce n'è a iosa lungo il percorso dei Pirenei. Si parte da Saint Gaudens: Louison Bobet nel 1955 da qui spiccò il volo verso il suo terzo Tour consecutivo, all'epoca primato assoluto. Ma anche l'arrivo non è banale. Basti pensare che la prima volta in cui il Tour vi giunse, l'eterno secondo Raymond Poulidor, ormai trentottenne, vinse la sua sesta ed ultima tappa alla Grande Boucle, creando problemi niente meno che a Eddy Merckx. Tradotto: se ha fatto male al Cannibale, l'ascesa può stroncare chiunque. Tatticamente la gara si sviluppa a settori, ma senza tregua. Basta pensare ai 53 km di media scatenati in pianura. Tanti attaccanti. C'è chi prova a vincere la tappa come Visconti o quel Vasil Kiriyenka specialista in tapponi, ma stavolta senza benzina quando servirebbe. C'è chi combatte per la maglia a pois e non solo (Rodriguez e Majka), chi lotta per il piazzamento (Mollema, van den Broeck, Frank Schleck). Inoltre c'è il punto interrogativo, Jakub Fuglsang, uomo di Vincenzo Nibali autorizzato a lasciare temporaneamente la scorta del capitano: la risposta arriva presto, infatti il danese quando il gioco si fa serio non ne ha più, nè come attaccante, nè come punto di appoggio. Il sessantaquattresimo assalto della storia al Peyresourde evidenzia la volontà offensiva di Alejandro Valverde: i Movistar dell'asturiano non mancano mai di partecipare ad azioni che movimentino la situazione. Sul Col de Val Louron-Azet arriva la prima vera selezione nel gruppo big. La FDJ.fr per Pinot, la AG2R per Bardet, forzano molto. Il risultato è che Nibali resta con un solo luogotenente, Kangert. Sui tornanti della discesa che ne segue, Bardet anticipa e va nuovamente a caccia del podio. Nibali in realtà si preoccupa di più per un tornante preso male che procura a tutti un lungo brivido, mentre Pinot, chiamato a reagire nei confronti dell'amico-nemico, mostra quei limiti in discesa che costituiscono il suo tallone d'Achille. Ai -9 la prima svolta. Visconti piazza il suo allungo, di forza: non cerca di sorprendere Roche, Rolland, Moinard - battistrada con lui - all'improvviso, ma li stacca partendo dalla prima posizione. Sembrerebbe l'azione giusta, lo sarebbe se non ci fosse Majka... Intanto dietro Nibali rompe gli indugi, mostra la sua superiorità. Valverde sembra andare alla deriva ma con classe difende il secondo posto, mentre tra Pinot e Bardet ormai si va sul filo dei secondi. Insomma, lotta serrata per il podio, ma non per il gradino più alto. Parigi si avvicina. "Ormai ho un bel vantaggio, anche oggi ho guadagnato qualcosa di più in vista della tappa di domani e della crono. Si può stare più sereni, anche se al Tour non c'è mai da essere troppo sereni", è il commento di Nibali. "Oggi la squadra è stata fenomenale a differenza di ieri ha controllato la corsa dall'inizio e poi nel finale chi aveva le gambe poteva provare qualcosa. Peraud ha fatto una bella azione, ma per me era più importante staccare gli altri". Sulla tappa di giovedì, Nibali ha spiegato: "Sarà una tappa difficile, più lunga di quella di oggi. Sicuramente ci sarà chi tenterà di fuggire da lontano, ma noi controlleremo la corsa".

    ORDINE D'ARRIVO DELLA DICIASSETTESIMA TAPPA

    1. Rafal Majka (POL-Tinkoff)
    2. Giovanni Visconti (ITA-Movistar) a 29''
    3. Vincenzo Nibali (ITA-Astana) a 46''
    4. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 46''
    5. Alessandro De Marchi (ITA-Cannondale) a 49''
    6. Pierre Rolland (FRA-Europcar) a 52''
    7. Frank Schleck (LUX-Trek) a 1'12''
    8. Bauke Mollema (NED-Belkin) a 1'12''
    9. Nicolas Roche (IRL-Tinkoff) a 1'25''
    10. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 1'35''

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (ITA-Astana)
    2. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 5'26''
    3. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 6'00''
    4. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 6'08''
    5. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 7'34''
    6. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 10'19''
    7. Bauke Mollema (NED-Belkin) a 11'59''
    8. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 12'16''
    9. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 12'40''
    10. Pierre Rolland (FRA-Europcar) a 13'15''
     
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    18^ TAPPA
    Nibali incanta nel giorno del Tourmalet.


    Nell'ultima tappa pirenaica, spettacolare azione finale del siciliano, che vola in maglia gialla verso il successo all'arrivo di Hautacam.

    Finora era stato un padrone saggio, rispettoso degli altri ma soprattutto di se stesso...

    Per certi aspetti più formica che cicala, sempre scrupoloso nel lasciare energie sufficienti per il giorno che verrà. Ma sull'ultima salita vera del Tour, quella di Hautacam, Vincenzo Nibali diventa padrone tiranno, sigilla il suo Tour de France, lo stravince. Persino le nubi basse dei Pirenei sembrano scansarsi, intimorite dal passaggio della maglia gialla. Una azione fantastica iniziata quando mancano dieci km all'arrivo, un rischio di chi ormai sa di poter rischiare. Gli altri si giocano il podio (e Valverde stavolta ne esce malconcio, scavalcato non solo da Thibaut Pinot, ma anche da Peraud), lui vola verso la vittoria, stabilizzando e rilanciando l'azione a seconda della reazione più concreta, quella leader della montagna, Rafa Majka. E' il trionfo dello Squalo: manca una tappa per velocisti in cui basterà tenere alta la concentrazione, la cronometro di sabato da gestire, poi l'ovazione di Parigi.


    Un sigillo ancora più significativo nel giorno dell'abbraccio un vecchio amico, amato e rispettato come pochi. Questo per il Tour de France è il Col du Tourmalet, visitato per la settantanovesima volta. La prima alla Grande Boucle nel 1910, talmente improba per strade e mezzi che dalla bocca di Octave Lapize uscì verso il celebratissimo 'vous êtes des assassins' lanciato verso i 'crudeli' organizzatori. In realtà la prima idea di cui si ha traccia di fare la salita in bicicletta data addirittura 1902. In cima al Tourmalet passaggio solitario del francese Jean Fisher, anche se poi a causa di una foratura del fuggitivo, la vittoria andò a Rodolfo Muller, livornese e primo italiano a partecipare al Tour de France l'anno dopo (finì con un onorevole quarto posto), ma poi sposo della Francia tanto da finire i suoi giorni come Rodolphe. Storia enorme anche in partenza: Pau, 65 volte sede di tappa, sul podio delle più gettonate dietro solo a Parigi e Bordeaux. Numeri impressionanti da far impallidire l'arrivo ad Hautacam, toccato per la quarta volta. La prima venti anni or sono, vinta dal francese Luc Leblanc, che pochi mesi dopo al mondiale di Sicilia avrebbe impacchettato una bella fregatura ai nostri Claudio Chiappucci e Massimo Ghirotto, nel giorno di un grande duello tra Miguel indurain ed un Pantani affacciatosi da poco alla ribalta. In cima al Tourmalet, il souvenir Jacques Goddet, direttore del Tour de France per 51 anni consecurivi, con annessi 5000 euro di premio, vanno e Blel Kadri, già brillante vincitore di tappa. Il francoalgerino fa parte della prima fuga di giornata: insieme a lui sulla penultima fatica pirenaica c'è Mikel Nieve, altro uomo da salita. Primo sul difficilissimo arrivo di Rifugio Gardeccia di tre anni fa al Giro, lo spagnolo sulle prime rampe della salita finale saluta e se ne va. Ma in origine il drappello è ben più consistente. Ne fanno parte il solito bravissimo De Marchi, protagonista fino all'ultimo, con il compagno di squadra Marcato, e gli spagnoli Izaguirre ed Herrada Lopez. Questi ultimi sono Movistar, fanno da punto di appoggio quando Alejandro Valverde esce come un proiettile nella discesa del Tourmalet. Non è un attacco a Nibali, è una provocazione nella lotta al secondo posto a Thibaut Pinot, uno che la discesa la odia. A conti fatti però l'asturiano deve rientrare nei ranghi, perchè l'Astana stavolta è padrona in senso assoluto. Nibali è sornione, attende solo un pretesto per mordere. Lo trova, ancora più volentieri, sull'iniziativa del vecchio Chris Horner. Sì proprio quello che lo scorso anno alla Vuelta, tra la perplessità generale, privò il siciliano della maglia rossa proprio sul più bello. I tempi cambiano però, stavolta Nibali lo statunitense non lo vede proprio, lo stacca addirittura su un tratto di falso piano. Nieve ripreso come un birillo, dietro chi la gamba per tentare qualcosa è Rafa Majka, brillante quanto stizzito per non aver letto il momento giusto. Ma non era neanche facile farlo. Nibali apre il gas come non aveva mai fatto completamente in questo Tour. Padrone sul pavè, padrone sui Vosgi, padrone sulle Alpi, padrone sui Pirenei: semplicemente Vincenzo Nibali.

    ORDINE D'ARRIVO DELLA DICIOTTESIMA TAPPA

    1. Vincenzo Nibali (Ita, Astana) in 4h04'17"
    2. Thibaut Pinot (Fra, FDJ) 1'10"
    3. Rafal Majka (Pol, Tinkoff) 1'12"
    4. Jean Christophe Peraud (Fra) 1'15"
    5. Tejay Van Garderen (Usa) s.t.
    6. Romain Bardet (Fra) 1'53"
    7. Bauke Mollema (Ned) 1'57"
    8. Leopold Konig (Cze) s.t.
    9. Haimar Zubeldia (Esp) 1'59"
    10. Alejandro Valverde (Esp) s.t.

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (Ita, Astana) in 80h45'45"
    2. Thibaut Pinot (Fra, FDJ) a 7'10"
    3. Jean Christophe Peraud (Fra, AG2R) a 7'23"
    4. Alejandro Valverde (Esp) a 7'25"
    5. Romain Bardet (Fra) a 9'27"
    6. Tejay Van Garderen (Usa) a 11'34"
    7. Bauke Mollema (Ned) a 13'56"
    8. Laurens Ten Dam (Ned) a 14'15"
    9. Leopold Konig (Cze) a 14'37"
    10. Haimar Zubeldia (Esp) a 16'25"
     
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    Vincenzo Nibali:
    "Sì, ora sono il padrone del Tour".


    "Vincere sui Pirenei era importante per noi e per tutti i ragazzi che hanno lavorato alla grande".

    "Io padrone del Tour? Sì, diciamo che ora ho un buon vantaggio e posso stare più tranquillo per le prossime tappe". Dopo la vittoria nella tappa del Tourmalet, Vincenzo Nibali si lascia andare. "Volevo un'altra vittoria tappa, la squadra ha lavorato tantissimo e duramente. Vincere sui Pirenei era importante per noi e per tutti i ragazzi che hanno lavorato alla grande". L'apoteosi di Parigi è sempre più vicina: "Venerdì speriamo di fare una tappa tranquilla, ma sarà difficile. Poi c'è la cronometro da fare molto bene". "Il momento più bello di questo Tour? E' stato bello fino ad ora, tutte le giornate, i momenti più belli delle vittorie, dalla prima a quella di oggi. Però l'emozione dei Campi Elisi non la può dare nessun'altra tappa ed evento. Dall'Italia tifano per me? Sono più che contento che si parli di me, questo Tour mi ha dato tanto, ma anche lo scorso anno al Giro, poi la Vuelta con tanti corridori di altissimo livello. Anno dopo anno, è normale che ci sia questo grande tifo. Oggi veramente la volevo la vittoria, ho visto la squadra compatta, i ragazzi hanno lavorato alla grande, loro ci credevano più di me e dovevo ripagarli con la vittoria". Ora il vantaggio sale a 7'19'' su Pinot: "Un vantaggio molto importante - ammette Nibali - ma anche lo scorso anno al Giro avevo un vantaggio più o meno simile. Su queste salite sono sempre andato bene. Ogni arrivo e tappa ho cercato di guadagnare qualcosa e cosi' ho ottenuto questo vantaggio". "E' meraviglioso. E' un ulteriore elemento di ottimismo e di positività per la Sicilia, per l'Italia e per il ciclismo che sicuramente ne ha un gran bisogno", ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, al termine degli Stati Generali dello sport in Sicilia, a Palazzo dei Normanni, a Palermo. "Di Nibali non ne nasce uno al giorno, è un fuoriclasse assoluto. Quello che dobbiamo fare è non correre il rischio che se c'è un Nibali noi non lo scopriamo. Questo è il vero problema".

     
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    19^ TAPPA
    Per Nibali Parigi si avvicina. Ma che paura nel finale!


    La maglia gialla dimostra lucidità nell'evitare una caduta di gruppo nel finale di una frazione corsa sotto una pioggia a tratti violenta. La vittoria va al lituano Navardauskas, abile nel partire in salita e coraggioso nella discesa verso l'arrivo a Bergerac.

    "Un requin, deux dauphins" (uno squalo, due delfini), ha titolato L'Equipe esaltando le gesta del Tourmalet. Profetico, perché per Vincenzo Nibali e compagnia è stata proprio l'acqua a rendere molto problematica una frazione di relax solo sulla carta. Invece c'è tanto altro stress: strada pericolosa, tantissime forature, una brutta caduta intorno dentro i meno 3 dall'arrivo (quindi in zona di neutralizzazione) che coinvolge uno di classifica come Bardet. Nibali la evita, in realtà non corre alcun rischio esibendo la consueta lucidità. Semmai la grande paura la prova l'Italia che guarda. Questo tanto per spiegare come nell'ennesima difesa della maglia gialla, anche nella terz'ultima fatica, il siciliano si guadagni la pagnotta. Alla fine è brivido, ma la missione è compiuta. Emozioni forti invece per Ramunas Navardauskas, che vince alimentando una bacheca già ricca di un successo e di una maglia rosa al Giro d'Italia. Il lituano scatta sugli unici veri metri di ascesa, poi dà tutto in una discesa rischiosa e perfetta. Ha tutte le squadre dei velocisti contro, ma dimostra più abilità e soprattutto più coraggio. Dunque sempre allerta, il Tour non è banale neanche al diciannovesimo capitolo, 208 km che vanno da Maubourguet a Bergerac. Si arriva in un luogo ispiratore di scrittori, da Edmond Rostand e il suo Cyrano a Georges Simenon, che fece muovere da Parigi niente meno che il commissario Maigret per ambientarvi una delle tante storie celebri. Ma Bergerac è anche anche città di cronoman di lusso. Miguelon Indurain al Tour del 1994 si impose a modo suo nella prova contro il tempo, impossessandosi della gialla per non mollarla più fino a Parigi. Inoltre nel 1961 vi prese il via la crono verso Pèrigueux, che suggellò il secondo dominio al Tour di Jacques Anquetil. La Cote de Monbazillac, poco più di un km ma con punte del 10%, rappresenta la soluzione di continuità ad un percorso sostanzialmente piatto. La continuità invece non si interrompe mai quando si tratta di pioggia. Secchiate d'acqua da invadere la sede stradale, unite ad un vento sferzante, tappa decisamente ostica.


    Gli unici che accettano il diluvio, se non di buon grado, con contenuta benevolenza, sono i cinque attaccanti. In tali condizioni, di solito aumentano - si fa per dire - chance solitamente nulle in situazioni del genere. Il punto di riferimento è Martin Elmiger. Lo svizzero era in fuga anche domenica scorsa verso Nimes: stessa fatica, stessa pioggia, un tentativo dal km 0 fallito proprio sul filo di lana ad opera di Kristoff, ma mediaticamente oscurato dalle lacrime di disperazione del neozelandese Bauer, che gli aveva fatto compagnia per tutta la giornata. Stavolta il campione elvetico, che sfonda il muro dei 700 km in avanscoperta (!), procede con Gautier (altro fuggitivo doc), Taaramae, Gerard e Slagter, quest'ultimo compagno di squadra proprio di quel Bauer e meno socievole della compagnia. L'olandese è l'unico che prova a fare tutto da solo, forse perchè resosi conto che neanche la pioggia può fermare le squadre dei velocisti. Solo sulla Cote de Monbazillac emerge però che Slagter è pedina del piano Garmin. Non ne ha più, ma fa da punto di appoggio alla stoccata di Navardauskas. Il lituano prende qualche metro di vantaggio in cima, tanto gli basta per sfoggiare un rischiatutto in una discesa tecnica, scivolosa e pericolosa. Il lituano non ha paura, dietro le squadre dei velocisti - dalla Lotto, alla Cannondale, per ultimo alla Tinkoff di Bennati - si alternano. Ma non lo prendono. Questione di coraggio. Ora la cronometro. E' strafavorito il campione del mondo Tony Martin, ma c'è una certa curiosità nel vedere l'interpretazione che darà Nibali. Non stiamo certo ribadire lo stato di forma della maglia gialla, e si sa che la crono finale solitamente limita le differenze tra specialisti e non... "Sarà una crono comunque molto importante, per me e per la squadra, la vogliamo e la dobbiamo onorare al meglio", commenta Nibali che parla anche della caduta: "Eravamo vicini all'arrivo, mancavano poco meno di tre chilometri e io ero con i miei compagni in zona tranquilla. Avevamo deciso di lasciare spazio agli 'attaccanti' di oggi e di non correre rischi". In Francia intanto c'è chi lo definisce già una leggenda: "Io una leggenda? No, mi limito a far divertire le persone e a tentare sempre di vincere, per me, per vedere ripagate le tante fatiche fatte, per il mio team e anche per i tifosi. Non penso, ovviamente, di essere una leggenda. Potrebbe esserlo mio nonno, che negli anni 30' è andato in Australia per cercare fortuna, prima di tornare in Sicilia, dove da solo, con l'aiuto di mio padre giovanissimo, ha costruito la nostra grande casa"

    ORDINE D'ARRIVO DELLA DICIANNOVESIMA TAPPA

    1. Ramunas Navardauskas (Ltu, Garmin) in 4h43'41"
    2. John Degenkolb (Ger, Shimano) 7"
    3. Alexander Kristoff (Den, Katusha) s.t.
    4. Mark Renshaw (Aus) s.t.
    5. Daniele Bennati (Ita) s.t.
    6. Alessandro Petacchi (Ita) s.t.
    7. Samuel Dumoulin (Fra) s.t.
    8. Julien Simon (Fra) s.t.
    9. Sep Vanmarcke (Bel) s.t.
    10. Jurgen Roelandts (Bel) s.t.

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (Ita, Astana) in 85h29'33"
    2. Thibaut Pinot (Fra, FDJ) a 7'10"
    3. Jean Christophe Peraud (Fra) a 7'23"
    4. Alejandro Valverde (Esp, Movistar) a 7'25"
    5. Romain Bardet (Fra) a 9'27"
    6. Tejay Van Garderen (Usa) a 11'34"
    7. Bauke Mollema (Ned) a 13'56"
    8. Laurens Ten Dam (Ned) a 14'15"
    9. Leopold Konig (Cze) a 14'37"
    10. Haimar Zubeldia (Esp) a 16'25"
     
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    20^ TAPPA
    Nibali va forte anche nella crono. "Non è un sogno, ho vinto davvero".


    Il siciliano è straordinario anche contro il tempo, quarto dietro solo specialisti come il vincitore Tony Martin, Dumoulin e Barta.

    L'ultimo tassello ad un meraviglioso puzzle prima della passerella trionfale di Parigi.

    Vincenzo Nibali si libera anche dell'ultima timidezza, sfodera il vezzo, si veste tutto di giallo e, quel che più conta, va fortissimo anche a cronometro. Tony Martin, vincitore degli ultimi tre titoli mondiali di specialità, è hors categorie e infatti domina la prova. Ma la maglia gialla, giunta quarta, cede per pochi secondi a specialisti come Tom Dumoulin e Jan Barta. Un altro sigillo dello Squalo che, se ce ne fosse ancora bisogno, dimostra di essere completo in tutti i campi: salita, discesa, pavè, crono. Poco altro da aggiungere. Per il resto, si definiscono anche i gradini più bassi del podio: il secondo lo prende il vecchio Peraud, 37 anni, che scavalca il futuro del ciclismo francese, Thibaut Pinot. Una bella soddisfazione anche per i transalpini, che non ne mettevano due sul podio da 30 anni tondi tondi e ora possono cominciare a sognare di rivincere quel Tour che manca dal 1985.


    Risultati finali di un Tour che affronta 'finalmente' la cronometro individuale: 54 km da Bergerac a Perigueux, sempre pochi se confrontati alle abitudini alla Grande Boucle. L'ultima volta che si era corso così poco contro il tempo era stato nel 1934, quando comunque la crono fu di 90 km ed il successo, di tappa e finale andò ad Antonin Magne. Guardando la cartina la sensazione è che il percorso possa sorridere a gente forte in salita, anche se la realtà è quella di saliscendi tutto sommato perfetti per uno specialista. E' così che ben presto la prova trova il suo assassino: Tony Martin. Lo avevano intuito un po' tutti, a cominciare da Purito Rodriguez, che si chiedeva con un tweet se il tedesco lo avrebbe salutato nel momento dell'annunciato sorpasso. Spiritoso Purito, implacabile il tedesco, che tira dritto, teso a cannibalizzare tutti gli intermedi: chiude con una media di quasi 49 orari. Non si è campioni del mondo per caso: il secondo, il passistone olandese Dumoulin, giunto a oltre un minuto e mezzo. Prove al confronto dei quali fa quasi tenerezza la crono di Ji Cheng, il cinese al Tour, memorabile personaggio su Repubblica.it quando lo scorso anno affrontò il Giro. Il compagno Ji, da buon ultimo in classifica, apre le danze cinque ore buone prima dei big. Merita una citazione però, se non altro per il fatto che sta imparando a soffrire, a diventare un corridore vero. Quel "Ji Cheng, dolore al ginocchio sinistro" è un ritornello giornaliero dei bollettini medici. Ma lui non molla: si stacca pure se sale le scale del condominio, ma in pianura è il primo a beccare il vento in faccia pur di aiutare i capitani Degenkolb e Marcel Kittel. Tornando in quota, molto interessante la lotta per il podio dietro Nibali. In quindici secondi sono concentrati il giovane Thibaut Pinot, il vecchio Jean Christophe Peraud, il solito Alejandro Valverde. E' proprio l'asturiano che ne esce spennato: quel palco a Parigi, tanto agognato e compromesso sui Pirenei, viene gettato alle ortiche contro il tempo. Dal campione nazionale a cronometro da lui era lecito attendersi di più. Il massimo invece lo fa Peraud, che riesce ad ovviare anche ad una foratura nel momento di massimo sforzo. Non può dire la stessa cosa il compagno di squadra della Ag2R, Romain Bardet: a lui quella maledetta ruota costa un bel quinto posto a vantaggio di Tejay Vangarderen per due secondi. "La crono è stata veramente lunga e difficile da affrontare, sono contento, aspettiamo domenica", commenta Nibali. "A Parigi sarà il momento più bello, l'Arco di Trionfo e la premiazione saranno la cosa più bella di tutto questo Tour. Non è un sogno, ora l'ho vinto davvero. Quando sono venuto qui per disputare il primo Tour della mia carriera, sono rimasto stregato dall'atmosfera dell'ultima giornata, dal giro d'onore, dal tifo della gente... E' un po' tutto irreale, devo abituarmi lentamente... Aver vestito la maglia gialla dalla seconda giornata fino alla fine è stato logorante, non è stato facile per niente. Ora voglio godermi questi momenti con la mia famiglia e con i miei amici". Prima del Tour, Nibali ha ricevuto dalla mamma di Marco Pantani, Tonina, la maglia gialla indossata dal Pirata. "Prima dell'inizio della corsa, ho detto: 'Se il Tour va bene, alla fine andrò a rendere omaggio a Marco'"

    ORDINE D'ARRIVO DELLA VENTESIMA TAPPA

    1. Tony Martin (GER-Omega Pharma) 1h06'21''
    2. Tom Dumoulin (NED-Giant) a 1'39''
    3. Jan Barta (CZE-Netapp) a 1'47''
    4. Vincenzo Nibali (ITA-Astana) a 1'58''
    5. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 2'02''
    6. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 2'08''
    7. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 2'27''
    8. Sylvain Chavanel (FRA-IAM) a 2'36''
    9. Markel Irizar (ESP-Trek) a 2'39''
    10. Daniel Oss (ITA-BMC) a 2'58''

    CLASSIFICA GENERALE

    1. Vincenzo Nibali (ITA-Astana)
    2. Jean Christophe Peraud (FRA-Ag2r) a 7'52''
    3. Thibaut Pinot (FRA-FDJ) a 8'24''
    4. Alejandro Valverde (ESP-Movistar) a 9'55''
    5. Tejay Vangarderen (USA-BMC) a 11'44''
    6. Romain Bardet (FRA-Ag2r) a 11'46''
    7. Leopold Konig (CZE-Netapp) a 14'41''
    8. Haimar Zubeldia (ESP-Trek) a 18'12''
    9. Laurens Ten Dam (NED-Belkin) a 18'20''
    10. Bauke Mollema (NED-Belkin) a 21'24''

     
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    Nibali ha vinto il Tour de France:
    Parigi incorona il suo re.


    Agli Champs Elysées è il grande giorno dello Squalo, che diventa il settimo italiano a vincere la Grande Boucle.

    Ore 19,10 del 27 luglio 2014, il romantico tramonto parigino accoglie un eroe sportivo.

    Mancano tre km alla fine del Tour, in attesa dello sprint finale, poi vinto del tedesco Kittel, il tempo viene neutralizzato. Significa che per Vincenzo Nibali suona il gong nella storia: è il settimo italiano a vincere il Tour de France. Una vittoria perentoria, una missione meditata da un paio d'anni, forse da una vita, di una portata enorme per il ciclismo e per tutto lo sport italiano. La maglia gialla nella marcia di avvicinamento a Parigi, ma anche negli ultimi metri della passerella finale, viene scortata da tutti i compagni dell'Astana. E stavolta è una scorta dolce, priva dell'agonismo della gara, a volte talmente feroce da appiattire l'umanità. Scarponi e compagni hanno faticato tutti i giorni per tenere il capitano in rampa di lancio, ma quando non ci sono riusciti lui ha fatto da solo, applicando una ricetta straordinariamente difficile nella sua semplicità: ha fatto valere la legge del più forte.


    Ore 19,10 del 27 luglio 2014, inizia una festa senza fine: l'Arco di Trionfo, le note dell'inno di Mameli che inebriano gli Champs Elysées. Vincenzo le vive intimamente, è preda di una commozione genuina, le lacrime ne segnano il volto. Ci sono i genitori, la moglie Rachele, l'ultima arrivata Emma, tenerissima, che sembra quasi capire con fierezza il capolavoro del papà. Non è neanche semplice aggiungere altro ai fiumi di inchiostro versati nel mondo per la maglia gialla. I termini più usati in queste tre settimane sono stati 'normale', ' comune' ecc. Vero, viene da associarsi. Vincenzo Nibali è il ragazzo della porta accanto che va fortissimo in bicicletta. Ma non cambia mai atteggiamento verso il prossimo. Forse è per questo che in fase di avvicinamento al Tour ci siamo preoccupati che non la potesse fare. C'era il timore che quella serenità potesse soccombere di fronte alla brutale voglia di riscatto di Alberto Contador o alle scariche adrenaliniche dell'allampanato Chris Froome. Vincenzo Nibali con le sue imprese ha ribaltato tutto, e anche senza controprova è lecito affermare che lo Squalo questo Tour lo avrebbe vinto lo stesso anche se il pistolero e il britannico non si fossero massacrate le ossa sull'asfalto. Magari con distacchi più contenuti, ma avrebbe vinto lo stesso. Nibali lo ha fatto capire a Sheffield nel secondo giorno, quando l'Inghilterra sembrava la Vallonia e lui ha piazzato una rasoiata da classica fulminando i suoi rivali. A pensarci bene però, anche quel 'comune' va riveduto e corretto. Basta analizzare i distacchi inflitti. Peraud e Pinot, giusto orgoglio di una Francia che torna a respirare il podio con due atleti dopo 30 anni, sono dietro di otto minuti. Il decimo, Bauke Mollema, addirittura a ventuno minuti e mezzo. Il tutto tenendo presente che, a parte la cavalcata selvaggia scatenata nell'ultima tappa pirenaica verso Hautacam, Nibali ha sempre tenuto benzina nel serbatoio, dando la sensazione di spingere meno rispetto alle potenzialità. Avrà pure la faccia del ragazzo della porta accanto, ma comune... Proprio no. Entra in un club che più esclusivo non si può: ci sono Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Bernard Hinault e Alberto Contador. Sono gli unici nella storia del ciclismo che hanno vinto almeno una edizione delle maggiori corse a tappe, Tour, Giro, Vuelta. Nel Tour ha dimostrato una completezza impressionante. Di Sheffield abbiamo detto, ma è stato solo l'inizio. Il capolavoro Nibali lo compie sul pavè della Roubaix, più odiato che amato dai big: Froome sulle pietre della leggenda neanche ci arriva, Contador naufraga nel fango, Vincenzo si prende la prima pagina de L'Equipe che sembra un tuono: 'Dantesque". E poi i Vosgi, la Plance des Belles filles, e le Alpi nel giorno dei 100 anni del mito Bartali, ed ancora sui Pirenei, quando chiude il poker perfetto. Ottavio Bottecchia, Gino Bartali, Fausto Coppi, Gastone Nencini, Felice Gimondi, Marco Pantani, i nostri eroi in giallo. Ora lo Squalo, di gran lunga il più meridionale di tutti, segnale di un ciclismo che cambia geografia non solo nel mondo, ma anche in Italia. Merci, Monsieur Nibalì.
     
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    La favola
    di Vincenzo Nibali.


    Da Messina agli Champs Elysées.

    Scorrendo le tante foto che scandiscono la vita di Vincenzo Nibali, ce n'è una che colpisce. Lui è appena adolescente, occhialoni esagerati ed una maglietta rossa. Ecco, quando vedi lo Squalo scattare sulle Alpi, sui Pirenei, con gli occhiali neri, misteriosi che sembrano intimorire gli avversari, l'associazione viene naturale, quasi un flash. Quella immagine fanciullesca racchiude una determinazione neanche inconscia, la voglia di arrivare che ha fatto del siciliano un emigrante particolare: da una parte lo straordinario attaccamento alla sua Sicilia, ma al tempo stesso l'indipendenza dalle catene della 'saudade', nemica giurata dei grandi risultati. Tanta determinazione però da sola non basterebbe, se ad essa non si aggiungesse uno straordinario talento naturale, la base di tutto. Il piccolo Vincenzo trova il suo habitat naturale già nel triciclo, poi impazzisce per la bici, chi ama la storia del ciclismo lo chiama la 'pulce dei Pirenei' rifacendosi al famoso scalatore spagnolo Vicente Trueba. Lui e la bici, talmente una cosa sola che il furto di una fiammante mountain bike lo getta nella disperazione. Poi ci si mette il caso. I genitori gestiscono una cartoleria a Messina, un lavoro un po' sedentario: il padre ne risente, non riesce a mantenere la linea, e la madre gli regala una bici per dimagrire. E' in quel periodo che Vincenzo, per accompagnare il genitore lungo quelle strade del messinese, che oggi ancora percorre per allenarsi quando torna a casa, inizia le prime uscite amatoriali.


    Quando spinge, il piccolo Vincenzo Nibali sente che la bici va. E gli viene anche il gusto della competizione. Inizia a gareggiare, quasi per gioco, e si piazza anche bene. Chi sa di ciclismo non tarda ad intuirne le enormi potenzialità. Classe, ma anche carattere. E' per questo che Vincenzo a quindici anni dimostra già grande personalità, fa il grande salto per andare in Toscana ad imparare ciclismo. Gli manca la famiglia, gli mancano le granite, la frittura di pesce: non è facile sostituire tutto con una dieta da atleta. Ma è un sacrificio che lui accetta volentieri. Anche perché diventerà un emigrante, oltre che particolare, anche 'fortunato': lo sa e ci tiene a farlo sapere. Non manca di puntualizzare che l'eroe di famiglia è il nonno ottantottenenne, il 'vero Vincenzo Nibali', andato in Australia a cercare fortuna e capace di costruire, una volta tornato in Italia, una casa per una famiglia molto grande. Nibali in Toscana, a livello giovanile inizia a vincere qualcosa di importante. E' la Coppa Mazzola Valli, e già fa il capitano, non dimenticandosi dei compagni di squadra. Arriva solo al traguardo con un minuto di vantaggio, ma spiega che ciò è avvenuto per merito del lavoro collettivo. Ma è probabilmente in quel momento che prova l'ebbrezza del campioncino, è emozionato, tutto d'un fiato definisce quella corsa 'molto bellissima'. Il primo quartier generale è a Mastromarco, in provincia di Pistoia. Da dilettante incontra sulla sua strada un altro emigrante siciliano, Giovanni Visconti: per lui tifano quelli di San Baronto. E questi due meridionali inizia un dualismo sentitissimo che infiamma i tifosi toscani, che danno vita ad una rivalità che sconfina nella curva calcistica. Ma il Tour a conti fatti finisce per unirli, tanto che Vincenzo, quando Giovanni fugge sulle Alpi, sembra accelerare con meno veemenza per non compromettere l'azione del corregionale. E Giovanni Visconti dice che lavora per Valverde, ma che un italiano, un siciliano in maglia gialla... Il passaggio al professionismo nel 2005 con la Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti, quindi la Liquigas, dove si forma come corridore. La sua è una crescita graduale, fatta di belle prove ma anche di 'salutari' cotte. Al Tour de France fa capire di poter fare grandi cose quando nel 2009 termina al settimo posto. Ma a parte il piazzamento finale, è indicativo il fatto che passo sulle grandi salite riesce a stare insieme ai mostri sacri. Nel 2010 non è prevista la sua partecipazione al Giro d'Italia, per sua stessa ammissione esagera un po' con le specialità siciliane, ma Pellizotti ha dei problemi con il passaporto biologico ed allora tocca a lui fare lo scudiero a capitan Ivan Basso. Vincenzo Nibali assolve alla perfezione il suo compito e fa anche di più. Assapora la maglia rosa, la perde, scivola dietro ma finisce in crescendo. Si piazza terzo, ma è il classico gradino in più che gli consente di pensare in grande. E infatti, pochi mesi dopo, arriva il successo nella Vuelta, la sua prima corsa a tappe. Il Giro 2011, dominato da Contador ma poi revocato per la famosa bistecca contaminata, tra l'altro mangiata in un periodo che con la corsa rosa poco entrava, lascia l'amaro in bocca a Nibali, che non tiene neanche il passo di Scarponi e non riceve premi a tavolino. L'anno dopo arriva il primo podio del Tour, quello disegnato in discesa per Wiggins, ma terzo alla Grande Boucle significa rischiamo internazionale. Nibali ormai è una stella, Alexander Vinokourov, braccio tecnico della voglia di vincere dei ricchi kazaki, che fino a poco tempo prima lo aveva studiato come avversario in gruppo, lo chiama all'Astana, dove va anche il ds storico Martinelli. Significa tre cose: tanti soldi, una squadra più forte, ma anche maggiori pressioni. Vincenzo Nibali vince il Giro d'Italia dominandolo, nè più nè meno come ha fatto con il Tour. E mentre Froome spaventa la Francia e il mondo del ciclismo con imprese disumane, lui gli lancia la grande sfida. E' una star di prima grandezza, e sa tanto di star il trasferimento in Svizzera, a Lugano. Ma nessun divismo. Vincenzo mantiene le amicizie di sempre, per non parlare poi della straordinaria sensibilità: non manca mai di partecipare alla pedalata amici di Edy Onlus, per raccogliere fondi e sensibilizzare l'opinione pubblica su una rara forma di distrofia muscolare. Manca solo un tassello a questo punto, regolare la sfida a Chris Froome e Contador. Parte un interminabile conto alla rovescia, ma non esiste solo il ciclismo. C'è il matrimonio con Rachele, poi l'arrivo della piccola Emma. Nel ciclismo specialistico dei tempi moderni, difficile abbracciare la stagione sin dagli albori. Nibali rimedia batoste nelle classiche di primavera, non vince e l'Astana si arrabbia. Parte la lettera di richiamo, che peraltro non è neanche tutta questa novità. Vittorio Adorni racconta infatti che nei primi mesi del 1965 la Salvarani - a occhio e croce meno rigida dei gelidi kazaki - richiamò la squadra ad un maggiore impegno. Risultato: lui vinse il Giro e Gimondi il Tour alla prima esperienza da professionista. Quindi richiamo necessario? Ovviamente no, più importate della tanto reclamizzata lettera, un'altra figura fondamentale nella carriera di Nibali, l'allenatore Paolo Slongo. Lui conosce Vincenzo diciassettenne, sa pregi e difetti. E' lui che dà la sferzata necessaria perché Nibali arrivi all'appuntamento della vita con precisione assoluta. Il trionfo di Parigi dimostra che ha avuto ragione.

     
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    Un bacio per la vittoria:
    Nibali festeggia in famiglia.



    Festa in famiglia per il messinese vincitore del Tour de France.

    Ad attenderlo a Parigi in prima fila il papà Salvatore, la mamma Giovanna, la moglie Rachele e la figlia Emma.




     
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    La premiazione di Vincenzo Nibali.

     
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    La gioia di Nibali:
    "E' più bello di quanto immaginassi".


    Raggiante eppur composto nella sua felicità, la Maglia Gialla può godersi il trionfo: "È stata dura guidare la corsa fin dal secondo giorno, ora riposerò prima di pensare a nuovi obiettivi: amo le grandi corse ma vorrei puntare anche alle classiche e al Mondiale".

    Una gioia a lungo soffocata, per scaramanzia e anche per pudore, fino alla linea del traguardo dei Campi Elisi. Al traguardo arriva il momento delle lacrime, dell'abbraccio all'amata Rachele e alla piccola Emma, dei ringraziamenti ai compagni di squadra, delle foto con i suoi "CanNibali". Vincenzo può abbandonare il basso profilo tenuto fino a venerdì e accantonato un po' solo dopo la cronometro, per esprimere tutta la propria soddisfazione, quella di un ciclista che ha appena conquistato la perla più preziosa del mondo del pedale. Anche nel momento di massima gioia, lo Squalo non lascia nulla al caso. Sul podio di Parigi, Vincenzo legge un messaggio scritto alla vigilia, per non lasciarsi tradire dall'emozione di fronte a milioni di telespettatori e alle migliaia di tifosi presenti ai piedi del podio: "Nei giorni scorsi, quando mi hanno chiesto quale fosse stato il mio momento più bello al Tour, avevo già anticipato che nessuna gioia per una vittoria poteva essere paragonata a quello che si prova su questo podio, sugli Champs-Elysées ora che mi trovo qui, sul gradino più alto, devo dire che è ancora più bello di quanto potessi immaginare. Ho costruito il successo giorno dopo giorno, partendo da lontano, dalla preparazione iniziata in inverno, quando ho deciso con la squadra che questo sarebbe stato il nostro obiettivo".



    "MERCI A TOUT LE MONDE" - "Può sembrare scontato ringraziare tutti quelli che mi hanno aiutato a raggiungerlo ma, quando conquisti un obiettivo così grande, non sei mai da solo, te ne accorgi strada facendo - ammette la Maglia Gialla, non senza tradire la propria commozione - compagni eccezionali, tutti, anche quelli che non erano con me qui in Francia, direttori sportivi tra i migliori al mondo come Martinelli. Ringrazio Alexandre Vinokourov per avermi voluto all'Astana, il mio massaggiatore e tutto il mio staff, oltre ovviamente alla mia famiglia: se non avessi accanto la mia Rachele e la mia bimba Emma, e non avessi avuto il sostegno dei miei genitori fin dalle prime pedalate, non so se sarei qui oggi. Un'emozione così forte penso di averla provata poche volte nella vita, perciò dico: merci a' vous, merci a' tous le Françaises et merci a' tout le monde". "Non riesco ad esternare la mia felicità ma dentro di me ho dovuto prendere tante volte fiato, l'emozione era tanta - confessa Nibali ai microfoni della Rai - vedere tutta questa gente ai Campi Elisi è eccezionale, incredibile. Ho vinto il Tour de France, posso dirlo, e ora posso riposare perché sono stanco, anche se non sembra. È stata una gran fatica, abbiamo lavorato duramente, con la Maglia Gialla già dal secondo giorno. Non è facile tenerla così, fino alla fine. Un successo che unisce l'Italia? Ho tantissimi amici, da Nord a Sud, ho fan club dappertutto, sono amato in tutta Italia. Ho visto sventolare tanti tricolori ed è stato fantastico". Con i suoi ringraziamenti sul podio, Vincenzo ha dimostrato nuovamente la sua umiltà e la consapevolezza della necessità di tanto aiuto per raggiungere un traguardo così grande: "Non potevo non ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nei momenti difficili, è stato un lungo cammino fino a qui - ribadisce il vincitore del Tour - Cosa significa questa Maglia Gialla? Difficile dirlo ora, lo capirò tra qualche giorno; dopo aver riposato, però, partirò a caccia di nuovi successi e nuovi obiettivi. Amo sempre le grandi corse a tappe, dal Giro d'Italia al Tour de France fino alla Vuelta, ma penso anche alle grandi classiche e, ovviamente, al Mondiale". La prima ad essere abbracciata, non appena Nibali scende di bici, è ovviamente la moglie Rachele con la piccola Emma (alla quale Vincenzo Nibali ha dedicato il successo alla Planche des Belles Filles): "Questa vittoria è un sogno che si realizza, per Vincenzo e per me, che ci ripaga di tanti sacrifici - ammette Rachele Nibali - c'è stata da un lato un po' di ansia, quando ci sono state le cadute di Froome e Contador, dall'altra tappa dopo tappa la gioia per l'arrivo a Parigi. La vittoria per Emma è stata quella più bella anche per il gesto inaspettato di Vincenzo (esultanza con dito in bocca al traguardo, ndr). Paura? Mai, solo quando c'era quella spettatrice in mezzo alla strada e l'ha presa in pieno. Cosa gli dirò quando lo riabbraccerò? Che è stato 'bravino'". Per noi essere qui a Parigi è un'emozione incredibile, che non si può descrivere - confessa mamma Giovanna - Vincenzo Nibali da bambino era vivace; poi è cambiato tantissimo, grazie alla bici, che lo ha calmato. Un leader? Sì, anche quando non vinceva era sempre protagonista. Poi, le sue vittorie sono arrivate gradualmente e dopo tanti, tanti sacrifici". "Ci siamo svegliati oggi qui a Parigi in questo sogno - racconta Salvatore Nibali, papà della Maglia Gialla Sicuramente festeggeremo con una buona granita con la panna o con un arancino, come abbiamo fatto in occasione del successo al Giro d'Italia. Vincenzo da piccolo? C'è stato un periodo nel qual cadeva con la bici quasi tutti i giorni. Allora io gli dissi 'se cadi ancora mi farò sentire'. Poi è caduto anche il giorno dopo ed è scappato a casa per non farsi trovare da me. Io ridevo e non gli ho detto niente; lui invece era andato dalla mamma 'nero'. Poi Vincenzo è cresciuto sano, sanissimo: non ha bisogno di niente lui. Dalla prima corsa con le bici è sempre stato un protagonista: è la persona più seria che conosco. Il salto di qualità, però, lo ha fatto in Toscana, da ragazzino, grazie all'aiuto di persone doc". È rimasta a Messina, invece, Carmen Nibali, sorella della Maglia Gialla: "Sono dispiaciuta per non essere potuta andare a Parigi ma molto felice per mio fratello - ammette Carmen - Qui a Messina c'è molta gioia, c'è euforia: siamo tutti contenti per Vincenzo. Sapevo già di avere un fratello numero uno al mondo. È stato sempre ritto sui pedali e concentrato sui suoi obiettivi. Nonno Vincenzo? È troppo emozionato e non vuole venire alla festa organizzata nella sede del Consiglio comunale di Messina. Per me, la sua vittoria più bella è stata quella in Inghilterra, quando ha indossato la sua prima Maglia Gialla. Lì abbiamo capito che poteva vincere il Tour. Quando verrà qui? Lui vuole tornare presto in Sicilia; ma non sa ancora quando potrà venire a Messina".
     
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