TOUR DE FRANCE 2014: altimetria, percorso, tappe [FOTO]

Al via 22 squadre, 198 corridori, 17 italiani. Niente abbuoni

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  1. Lottovolante
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    La favola
    di Vincenzo Nibali.


    Da Messina agli Champs Elysées.

    Scorrendo le tante foto che scandiscono la vita di Vincenzo Nibali, ce n'è una che colpisce. Lui è appena adolescente, occhialoni esagerati ed una maglietta rossa. Ecco, quando vedi lo Squalo scattare sulle Alpi, sui Pirenei, con gli occhiali neri, misteriosi che sembrano intimorire gli avversari, l'associazione viene naturale, quasi un flash. Quella immagine fanciullesca racchiude una determinazione neanche inconscia, la voglia di arrivare che ha fatto del siciliano un emigrante particolare: da una parte lo straordinario attaccamento alla sua Sicilia, ma al tempo stesso l'indipendenza dalle catene della 'saudade', nemica giurata dei grandi risultati. Tanta determinazione però da sola non basterebbe, se ad essa non si aggiungesse uno straordinario talento naturale, la base di tutto. Il piccolo Vincenzo trova il suo habitat naturale già nel triciclo, poi impazzisce per la bici, chi ama la storia del ciclismo lo chiama la 'pulce dei Pirenei' rifacendosi al famoso scalatore spagnolo Vicente Trueba. Lui e la bici, talmente una cosa sola che il furto di una fiammante mountain bike lo getta nella disperazione. Poi ci si mette il caso. I genitori gestiscono una cartoleria a Messina, un lavoro un po' sedentario: il padre ne risente, non riesce a mantenere la linea, e la madre gli regala una bici per dimagrire. E' in quel periodo che Vincenzo, per accompagnare il genitore lungo quelle strade del messinese, che oggi ancora percorre per allenarsi quando torna a casa, inizia le prime uscite amatoriali.


    Quando spinge, il piccolo Vincenzo Nibali sente che la bici va. E gli viene anche il gusto della competizione. Inizia a gareggiare, quasi per gioco, e si piazza anche bene. Chi sa di ciclismo non tarda ad intuirne le enormi potenzialità. Classe, ma anche carattere. E' per questo che Vincenzo a quindici anni dimostra già grande personalità, fa il grande salto per andare in Toscana ad imparare ciclismo. Gli manca la famiglia, gli mancano le granite, la frittura di pesce: non è facile sostituire tutto con una dieta da atleta. Ma è un sacrificio che lui accetta volentieri. Anche perché diventerà un emigrante, oltre che particolare, anche 'fortunato': lo sa e ci tiene a farlo sapere. Non manca di puntualizzare che l'eroe di famiglia è il nonno ottantottenenne, il 'vero Vincenzo Nibali', andato in Australia a cercare fortuna e capace di costruire, una volta tornato in Italia, una casa per una famiglia molto grande. Nibali in Toscana, a livello giovanile inizia a vincere qualcosa di importante. E' la Coppa Mazzola Valli, e già fa il capitano, non dimenticandosi dei compagni di squadra. Arriva solo al traguardo con un minuto di vantaggio, ma spiega che ciò è avvenuto per merito del lavoro collettivo. Ma è probabilmente in quel momento che prova l'ebbrezza del campioncino, è emozionato, tutto d'un fiato definisce quella corsa 'molto bellissima'. Il primo quartier generale è a Mastromarco, in provincia di Pistoia. Da dilettante incontra sulla sua strada un altro emigrante siciliano, Giovanni Visconti: per lui tifano quelli di San Baronto. E questi due meridionali inizia un dualismo sentitissimo che infiamma i tifosi toscani, che danno vita ad una rivalità che sconfina nella curva calcistica. Ma il Tour a conti fatti finisce per unirli, tanto che Vincenzo, quando Giovanni fugge sulle Alpi, sembra accelerare con meno veemenza per non compromettere l'azione del corregionale. E Giovanni Visconti dice che lavora per Valverde, ma che un italiano, un siciliano in maglia gialla... Il passaggio al professionismo nel 2005 con la Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti, quindi la Liquigas, dove si forma come corridore. La sua è una crescita graduale, fatta di belle prove ma anche di 'salutari' cotte. Al Tour de France fa capire di poter fare grandi cose quando nel 2009 termina al settimo posto. Ma a parte il piazzamento finale, è indicativo il fatto che passo sulle grandi salite riesce a stare insieme ai mostri sacri. Nel 2010 non è prevista la sua partecipazione al Giro d'Italia, per sua stessa ammissione esagera un po' con le specialità siciliane, ma Pellizotti ha dei problemi con il passaporto biologico ed allora tocca a lui fare lo scudiero a capitan Ivan Basso. Vincenzo Nibali assolve alla perfezione il suo compito e fa anche di più. Assapora la maglia rosa, la perde, scivola dietro ma finisce in crescendo. Si piazza terzo, ma è il classico gradino in più che gli consente di pensare in grande. E infatti, pochi mesi dopo, arriva il successo nella Vuelta, la sua prima corsa a tappe. Il Giro 2011, dominato da Contador ma poi revocato per la famosa bistecca contaminata, tra l'altro mangiata in un periodo che con la corsa rosa poco entrava, lascia l'amaro in bocca a Nibali, che non tiene neanche il passo di Scarponi e non riceve premi a tavolino. L'anno dopo arriva il primo podio del Tour, quello disegnato in discesa per Wiggins, ma terzo alla Grande Boucle significa rischiamo internazionale. Nibali ormai è una stella, Alexander Vinokourov, braccio tecnico della voglia di vincere dei ricchi kazaki, che fino a poco tempo prima lo aveva studiato come avversario in gruppo, lo chiama all'Astana, dove va anche il ds storico Martinelli. Significa tre cose: tanti soldi, una squadra più forte, ma anche maggiori pressioni. Vincenzo Nibali vince il Giro d'Italia dominandolo, nè più nè meno come ha fatto con il Tour. E mentre Froome spaventa la Francia e il mondo del ciclismo con imprese disumane, lui gli lancia la grande sfida. E' una star di prima grandezza, e sa tanto di star il trasferimento in Svizzera, a Lugano. Ma nessun divismo. Vincenzo mantiene le amicizie di sempre, per non parlare poi della straordinaria sensibilità: non manca mai di partecipare alla pedalata amici di Edy Onlus, per raccogliere fondi e sensibilizzare l'opinione pubblica su una rara forma di distrofia muscolare. Manca solo un tassello a questo punto, regolare la sfida a Chris Froome e Contador. Parte un interminabile conto alla rovescia, ma non esiste solo il ciclismo. C'è il matrimonio con Rachele, poi l'arrivo della piccola Emma. Nel ciclismo specialistico dei tempi moderni, difficile abbracciare la stagione sin dagli albori. Nibali rimedia batoste nelle classiche di primavera, non vince e l'Astana si arrabbia. Parte la lettera di richiamo, che peraltro non è neanche tutta questa novità. Vittorio Adorni racconta infatti che nei primi mesi del 1965 la Salvarani - a occhio e croce meno rigida dei gelidi kazaki - richiamò la squadra ad un maggiore impegno. Risultato: lui vinse il Giro e Gimondi il Tour alla prima esperienza da professionista. Quindi richiamo necessario? Ovviamente no, più importate della tanto reclamizzata lettera, un'altra figura fondamentale nella carriera di Nibali, l'allenatore Paolo Slongo. Lui conosce Vincenzo diciassettenne, sa pregi e difetti. E' lui che dà la sferzata necessaria perché Nibali arrivi all'appuntamento della vita con precisione assoluta. Il trionfo di Parigi dimostra che ha avuto ragione.

     
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30 replies since 4/7/2014, 22:32   374 views
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