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La madre
E il cuore quando d'un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d'ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa
Sarai una statua davanti all'eterno,
Come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia.
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.. -
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Dove la luce
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo. -
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Sono una creatura
Come questa pietra
del San Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede.
La morte
si sconta
vivendo.
Monte San Michele nel Carso fu durante la prima guerra mondiale teatro di aspri e sanguinosi combattimenti. Quella terra calcarea e porosa, quasi completamente priva di vita vegetale perché le acque non trattenute in superficie scorrono sotterranee, è per il poeta il simbolo di come la tragedia della guerra può sconvolgere l'umanità. Anche lui è una creatura: perciò non può rimanere indifferente alla morte di tante altre creature. La sua anima è ora, come le pietre del San Michele, indurita dal dolore e non più capace di sentire e trasmettere calore umano. Il poeta non ha più lacrime che mostrino all'esterno la sua profonda angoscia. Sente quasi la colpa di essere sopravvissuto a tanti che nella morte trovarono una liberazione dalla tragedia della guerra: egli però sta scontando la pena per non essere morto, vivendo una vita «disanimata» che è come un quotidiano morire.. -
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Vanità
D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell'immensità
E l'uomo
curvato
sull'acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un'ombra
Cullata e
piano
franta.. -
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Soldati
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.. -
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Amaro accordo
Oppure in un meriggio d'un ottobre
Dagli armoniosi colli
In mezzo a dense discendenti nuvole
I cavalli dei Dioscuri,
Alle cui zampe estatico
S'era fermato un bimbo,
Sopra i flutti spiccavano
(Per un amaro accordo dei ricordi
Verso ombre di banani
E di giganti erranti
Tartarughe entro blocchi
D'enormi acque impassibili:
Sotto altro ordine d'astri
Tra insoliti gabbiani)
Volo sino alla piana dove il bimbo
Frugando nella sabbia,
Dalla luce dei fulmini infiammata
La trasparenza delle care dita
Bagnate dalla pioggia contro vento,
Ghermiva tutti e quattro gli elementi.
Ma la morte è incolore e senza sensi
E, ignara d'ogni legge, come sempre,
Già lo sfiorava
Coi denti impudichi.. -
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Sentimento del tempo
E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l'ascolto,
T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.. -
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Allegria di naufragi
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare. -
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Mattina
M'illumino
d'immenso.
Il movimento si poneva da un Iato contro il Dannunzianesimo, dall'altro contro la poesia delle piccole cose di stampo crepuscolare; accostandosi alla poetica simbolista francese, il suo primo obiettivo era quello di restituire alla parola la sua verginità originaria, liberandola da tutte le incrostazioni derivate dall'uso comune: la parola doveva riacquistare la purezza, la capacità evocativa, la forza espressiva che aveva perso. Ai poeti ermetici premeva soprattutto celebrare sensazioni e atmosfere, prescindendo dai legami logici che incatenavano la parola, impedendole di liberare le sue enormi potenzialità. La poesia diventa allora il risultato di improvvise illuminazioni del poeta, che tocca il mistero dietro alla realtà apparente delle cose usando parole isolati dal loro normale contesto storico e logico. Perché ciò si realizzi, per esprimere ciò che con i normali mezzi espressivi non è esprimibile. lo strumento tecnico indispensabile diventa l'analogia, che consiste nell'accostare immagini distanti, frutto di queste folgorazioni del poeta. Elemento comune a tutti gli ermetici è, infine, il senso di estraneità che il poeta sente rispetto al reale: angoscia, crisi esistenziale, la certezza di non aver nulla da declamare e nessuna verità assoluta da affermare. Caposcuola riconosciuto dell'Ermetismo è stato Ungaretti, che ha portato all'estremo il processo di rarefazione della parola, arrivando a una tale concentrazione di significato da poter scrivere, già ne lontano 1917, una poesia composta da due sole parole, essenziale, ma ricca di implicazioni e suggestioni: M'illumino d 'immenso. Abolito ogni nesso logico e grammaticale, il frammento évoca un'atmosfera solare, che richiama analogicamente il concetto di infinito, di immensità; la luce che entra nell'animo del poeta lo riempie e lo esalta a tal punto da fargli toccare l'immenso, una sconfinata e illimitata sensazione di superamento dei limiti imposti all'uomo.. -
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Non gridate più
Cessate di uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l'impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell'erba,
Lieta dove non passa l'uomo.. -
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Veglia
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.. -
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La notte bella
Quale canto s'è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle
Quale festa sorgiva
di cuore a nozze
Sono stato
uno stagno di buio
Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio
Ora sono ubriaco
d'universo.. -
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Terra
Potrebbe esserci sulla falce
Una lucentezza, e il rumore
Tornare e smarrirsi per gradi
Dalle grotte, e il vento potrebbe
D'altro sale gli occhi arrossare...
Potresti la chiglia sommersa
Dislocarsi udire nel largo,
O un gabbiano irarsi a beccare,
Sfuggita la preda, lo specchio...
Del grano di notti e di giorni
Ricolme mostrasti le mani,
Degli avi tirreni delfini
Dipinti vedesti a segreti
Muri immateriali, poi, dietro
Alle navi, vivi volare,
E terra sei ancora di ceneri
D'inventori senza riposo.
Cauto ripotrebbe assopenti farfalle
Stormire agli ulivi da un attimo all'altro
Destare,
Veglie inspirate resterai di estinti,
Insonni interventi di assenti,
La forza di ceneri - ombre
Nel ratto oscillamento degli argenti.
Il vento continui a scrosciare,
Da palme ad abeti lo strepito
Per sempre desoli, silente
Il grido dei morti è più forte.
Edited by Lottovolante - 7/6/2012, 22:56. -
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Perchè
Carsia Giulia 1916
Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso
Negli incastri fangosi dei sassi
come un'erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce
Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell'improvvisa strada
di guerra
Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato
Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione
Guardo l'orizzonte
che si vaiola di crateri
Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi
Reggo il mio cuore
che s'incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo
Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere.. -
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Tu ti spezzasti
I molti, immani, sparsi, grigi sassi
Frementi ancora alle segrete fionde
Di originarie fiamme soffocate
Od ai terrori di fiumane vergini
Ruinanti in implacabili carezze,
Sopra l'abbaglio della sabbia rigidi
In un vuoto orizzonte, non rammenti?
E la recline, che s'apriva all'unico
Raccogliersi dell'ombra nella valle,
Araucaria, anelando ingigantita,
Volta nell'ardua selce d'erme fibre
Più delle altre dannate refrattaria,
Fresca la bocca di farfalle e d'erbe
Dove le radici si tagliava,
Non la rammenti delirante muta
Sopra tre palmi d'un rotondo ciottolo
In un perfetto bilico
Magicamente apparsa?
Di ramo in ramo fiorrancino lieve,
Ebbri di meraviglia gli avidi occhi
Ne conquistavi la screziata cima,
Temerario, musico bimbo,
Solo per rivedere all'elmo lucido
D'un fondo e quieto baratro di mare
Favolose testuggini
Ridestarsi fra le alghe.
Della natura estrema la tensione
E le subacquee pompe,
Funebri moniti.
Alzavi le braccia come ali
E ridavi nascita al vento
Correndo nel peso dell'aria immota.
Nessuno mai vide posare
Il tuo lieve piede di danza.
Grazia, felice,
Non avresti potuto non spezzarti
In una cecità tanto indurita
Tu semplice soffio e cristallo,
Troppo umano lampo per l'empio,
Selvoso, accanito, ronzante
Ruggito d'un sole d'ignudo..