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Lottovolante.
Folli i miei passi
da Roma occupata
Le usate strade
Folli i miei passi come d'un automa
Che una volta d'incanto si muovevano
Con la mia corsa,
Ora più svolgersi non sanno in grazie
Piene di tempo
Svelando, a ogni mio umore rimutate,
I segni vani che le fanno vive
Se ci misurano.
E quando squillano al tramonto i vetri,
Ma le case più non ne hanno allegria
Per abitudine se alfine sosto
Disilluso cercando almeno quiete,
Nelle penombre caute
Delle stanze raccolte
Quantunque ne sia tenera la voce
Non uno dei presenti sparsi oggetti,
Invecchiato con me,
O a residui d'immagini legato
Di una qualche vicenda che mi occorse,
Può inatteso tornare a circondarrni
Sciogiiendomi dal cuore le parole.
Appresero così le braccia offerte
I carnali occhi
Disfatti da dissimulate lacrime,
L'orecchio assurdo,
Quell'umile speranza
Che travolgeva il teso Michelangelo
A murare ogni spazio in un baleno
Non concedendo all'anima
Nemmeno la risorsa di spezzarsi.
Per desolato fremito aIe dava
A un'urbecome una semenza, arcana,
Perpetuava in sé il certo cielo, cupola
Febbrilmente superstite..