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Posts written by Milea

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    SuperToy Teddy:
    l'orsacchiotto digitale che parla 30 lingue


    Sfrutta la tecnologia di Jeannie, un «Siri» inventata
    da due inglesi. Potrebbe essere in vendita da novembre (a 45 euro)




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    Chi non ricorda Teddy Ruxpin, quel tenero orsacchiotto paffuto che raccontava fiabe ai bambini? Al tempo, correvano gli anni '80, i piccoli lo guardavano incantati: vedere gli occhi e la bocca che si muovevano al ritmo delle parole sembrava un prodigio della tecnologia. Invece era frutto di un'apposita audiocassetta a due tracce: su una era registrato l'audio, sulla seconda i movimenti del pupazzo. Correndo di pari passo ecco che tutto era sincronizzato. Più o meno.

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    TUTTO MERITO DI JEANNIE - Ma ora? Per i piccoli d'oggi c'è bisogno di una marcia in più. Per molti di loro tablet e smartphone non hanno segreti, giocano con la realtà aumentata e non sanno neanche cosa sia una musicassetta (beati loro). Ecco quindi Supertoy, il giocattolo per i cuccioli d'uomo hi-tech. Nato da due amici inglesi, l'orsacchiotto rivisto e corretto sfrutta Jeannie, una sorta di Siri di loro invenzione, per interagire con i piccoli, rispondere alle loro domande e sostenere conversazioni piuttosto complesse. Dietro non c'è un mangianastri ma uno smartphone che gestisce gli impulsi ricevuti, si connette a Internet ed eseguire i comandi impartiti.

    COSTA 45 EURO
    - Il prezzo è di 39 sterline, circa 45 euro spese incluse, e sembra una bazzecola se si pensa che il pupazzo è in grado di rispondere a domande come «Che ore sono a Londra?», «Come sarà il tempo nel pomeriggio?» oppure eseguire comandi tipo «Suona della musica classica», «Ricordami di innaffiare le piante» o «Manda un'email a Tal dei Tali». Il supergiocattolo insomma diventa un fido aiutante robotico, capace di ricordare le conversazioni sostenute, ciò che piace o meno all'utente e perfino parlare in 30 lingue, tutte interpretate con la giusta intonazione e mimando gli stati d'animo corretti in base alla discussione.

    ARRIVA A NOVEMBRE - Nonostante appaia futuristico, Supertoy è già in corso di finanziamento sul sito di crowdfunding Kickstarter e per entrare in produzione dovrà raccogliere 30 mila sterline entro il 22 agosto. In caso positivo le prime consegne partiranno già da novembre, dietro l'angolo insomma. Un ultimo avvertimento però è necessario: viste le sue (ampie) capacità i due inventori lo consigliano non solo ai bambini ma anche gli adulti: la fascia d'età indicata va dagli 8 agli 80 anni. Con buona pace di coloro che sono nati prima del 1933.


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    “Supertoy” creators Ashley Conlan (left) and Kartsen Fluegge (right) with their invention.



    Fonte






    Edited by Milea - 30/7/2013, 12:14
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    Palio di Provenzano:
    vince la contrada dell'Oca


    La Carriera dedicata alla Madonna di Provenzano. Prima dell'inizio il corteo storico. Tra il pubblico tanti vip dall'ad del Milan Galliani all'attore Massimo Ghini. Secondo il cavallo della Pantera che ha corso senza fantino per una caduta

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    Il cavallo Guess della contrada dell'Oca, montato dal fantino Giovanni Atzeni, detto Tittia, ha vinto il Palio di Siena dedicato alla Madonna di Provenzano. L'Oca, sempre con 'Tittia, aveva vinto il Palio del 2 luglio di due anni fa. Una gara spettacolare, con alcune cadute tra cui il fantino della Pantera, che è comunque arrivata seconda con il cavallo, Pestifero, che ha fatto una grande rimonta senza fantino ma anche del Nicchio. La prima edizione dopo lo scandalo Mps, la prima con il sindaco Valentini. Il corteo storico ha aperto la corsa, poi le 10 contrade sono entrate in piazza del Campo e si sono sistemate al canape per la Mossa. Una lunga attesa, la partenza soltanto alle 20.15 dopo una prima Mossa annullata. Grande tranquillità alla mossa e cavalli impegnati solo in un leggero trotto durante i tre giri di Piazza del Campo: al via, buoni gli spunti di Istrice, Oca e Torre che con Giuseppe Zedde detto 'Gingillo' su Mocambo ha preso la testa della corsa conducendo per tutto il primo giro. Nel secondo giro sono state le contrade di Leocorno e Nicchio ad alternarsi al comando della prova, prima dell'arrivo in testa della Pantera che, al trotto, ha vinto l'ultima prova prima della Carriera.

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    Edited by Ilbastonedidio - 2/7/2013, 21:06
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    Palio di Siena: i fantini e i cavalli

    Nessuna novità nella segnatura dei fantini: tutte le monte confermate.
    Nessun esordiente in Piazza. I dieci barberi che questa sera correranno la Carriera



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    LUIGI BRUSCHELLI DETTO TRECCIOLINO
    Questa sera correrà per i colori del Leocorno sull’esordiente Porto Alabe


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    CARRIERA: Nato a Siena il 27 dicembre 1968
    Palii corsi 41
Palii vinti 13
agosto ‘90 Civetta Adonea, luglio ‘91 Civetta Nicoleo, luglio 1992 Ci-vetta Brandauer, agosto ‘92 Civetta Bambina, agosto 1993 Civetta Usilia, luglio ‘94 Bruco La Fanfara, agosto ‘94 Istrice Naomi, luglio 1995 Civetta Rass de Ozieri, agosto ‘95 Civetta Naomi, luglio 1996 vince nell’Oca con Quarnero, agosto ‘96 Oca Quarnero, luglio 1997 Drago Careca, agosto ‘97 Chiocciola Lobi’s Andrea, luglio 1998 vince nell’Oca con Vittorio, agosto ‘98 Oca Careca, luglio ‘99 vince nell’Oca con Giove, agosto ‘99 Civetta Vanity Girl, luglio 2000 vince nell’Istrice con Gangelies, settembre 2000 Valdimontone Votta Votta, luglio 2001 vince nel Leocorno con Ugo Sanchez, agosto 2001 Aquila Venus VIII, luglio 2002 Bruco Urban II, agosto 2002 vince nella Tartuca con Berio, luglio 2003 Pantera Zilata Usa, agosto 2003 vince nel Bruco con Berio, agosto 2004 vince nella Tartuca con Alesandra, luglio 2005 vince nel Bruco con Berio, agosto 2005 vince nella Torre con Berio, luglio 2006 Istrice Zodiach, agosto 2006 Tartuca Elisir di Logudoro, luglio 2007 Bruco Choci, agosto 2007 Valdimontone Estremo Oriente, luglio 2008 vince nell’Istrice con Già del Menhir, agosto 2008 Tartuca Elimia, luglio 2009 Istrice Elisir di Logudoro, agosto 2009 Istirce Ganosu, luglio 2010 Nicchio Istriceddu, agosto 2010 vince nella Tartuca Istriceddu, luglio 2011 Pantera Miguel, 16 agosto 2011 Bruco Lo Specialista, luglio 2012 vince nell’Onda Ivanov, agosto 2012 Onda, Magic Tiglio.

    PORTO ALABE(Leocorno) Proprietario: Fabrizio Brogi, allenatore: Massimo Milani
    Castrone sauro del 2008 è al suo esordio in Piazza.


    ANDREA MARI DETTO BRIO
    corre il Palio per la Civetta con Indianos



    CARRIERA:Nato a Rosia (SI), il 13 ottobre 1977
    Palii corsi 18
    Palii vinti 3
    16 agosto 2001 TARTUCA Razzo de’ Nulvi, luglio 2002 AQUILA Venus VIII, agosto 2002 OCA Varco II, agosto 2003 AQUILA Big Big, agosto 2004 VALDIMONTONE Zilata Usa, luglio 2005 TARTUCA E.T. di Gallura, agosto 2005 ONDA Choci, luglio 2006 vince nella PANTERA con Choci, agosto 2006 PANTERA Choci, luglio 2007 NICCHIO Dostoevskij, agosto 2007 ISTRICE Elisir di Logudoro, luglio 2008 PANTERA Indira Bella, agosto 2008 TORRE Già del Menhir, agosto 2009 vince nella CIVETTA con Istriceddu, agosto 2010 CIVETTA Ilon, luglio 2011 CIVET-TA Marrocula, agosto 2011 vince nella GIRAFFA con Fedora Saura, luglio 2012 GIRAFFA Moedi, agosto 2012 CIVETTA, Moedi.

    INDIANOS(Lupa) Proprietario; Benedetta Gualtieri, Allenatore: Massimo Milani
    Castrone grigio del 2003.
    E’ al suo sesto Palio. Ha corso il 16 agosto 2010 nella Selva con Salasso, 2 luglio 2011 nel Drago con Girolamo, 16 agosto 2011 nell’Aquila con Tittia, 2 luglio 2012 nella Selva con Voglia ed il 16 agosto 2012 nella Tartuca con Tittia.


    GIUSEPPE ZEDDE DETTO GINGILLO
    Correrà per i colori della Torre su Mocambo

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    CARRIERA: Nato a Siena il 30 luglio 1982
    Palii corsi 15
    Palii vinti 2
    16 agosto 2002 BRUCO Attilax, 16 agosto 2003 CIVETTA Zodiach, 2 luglio 2004 TORRE Brento, 2 luglio 2005 CIVETTA Vai Go, 16 agosto 2005 ISTRICE Donnaiuolo, 16 agosto 2006 DRAGO Elfo di Montalbo, 2 luglio 2007 CIVETTA Delizia de Ozieri, 16 agosto 2007 CIVETTA Elmizato-pec, 16 agosto 2008 vince nel BRUCO con Elisir di Logudoro, 2 luglio 2009 vince nella TARTUCA con Già del Menhir, 16 agosto 2009 PANTERA Giove Deus, 2 luglio 2010 LEOCORNO Giostreddu, 16 agosto 2010 BRUCO Elfo di Montalbo, 2 luglio 2011 BRUCO Lampante, 2 luglio 2012 BRUCO Mississippi, 16 agosto 2012 ISCTRICE Morosita Prima.

    MOCAMBO(Torre) – Proprietario Mark Harris Getty, allenatore: Luigi Bruschelli
    Castrone sauro del 2005. E’ al secondo Palio. Ha corso la Carriera del 16 agosto 2010 nel Nicchio montato da Tremendo


    GIOVANNI ATZENI DETTO TITTIA
    correrà per i colori dell’Oca su Guess

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    CARRIERA: Nato a Nagold (Germania) il 13 aprile 1985
    Palii corsi 17
Palii vinti
    2 
luglio 2003 NICCHIO Alesandra, agosto 2003 NICCHIO Amoroso, agosto 2004 NICCHIO Barattieri, luglio 2005 NICCHIO Brento, agosto 2005 CIVETTA Desmon, luglio 2006 LEOCORNO Zilata Usa, agosto 2006 BRUCO Fujan de Ozieri, luglio 2007 vince nell’OCA con Fedora Saura, agosto 2007 BRUCO Choci, luglio 2008 BRUCO Estremo Oriente, agosto 2008 OCA Elfo di Montalbo, luglio 2009 DRAGO Fedora Saura, agosto 2009 GIRAFFA Giordhan, agosto 2010 OCA Lahib, luglio 2011 vince nell’OCA con Mississippi, agosto 2011 AQUILA Indianos, luglio 2012 AQUILA Missisippi, agosto 2012 TARTUCA, Indianos.

    GUESS(Oca) – Proprietario: Fabio Romanelli, Allenatore: Giovanni Atzeni
    Castrone grigio del 2002
    E’ al quarto Palio. Ha corso il 16 agosto 2008 nel Nicchio con Salasso,16 agosto 2011 nella Torre con Tremendo e 16 agosto 2013 nel Drago con Amsicora.


    SILVANO MULAS DETTO VOGLIA
    Corre il Palio con Pestifero per i colori della Pantera

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    CARRIERA: Nato a Dorgali (NU) il 23 marzo 1984
    Palii corsi 6
    Palii vinti 1
    2 luglio 2009 ONDA Insomma, 16 agosto 2009 ONDA Guadalupe, 2 luglio 2010 vince nella SELVA con Fedora Saura, 16 agosto 2010 VALDIMONTONE Fedora Saura, 16 agosto 2011 ISTRICE Marrocula, 2 luglio 2012 SELVA Indianos, 16 agosto 2012, PANTERA, Gammede.

    PESTIFERO(Pantera): Proprietario: Massimo Leonini, Allenatore: Massimo Milani
    Castrone sauro 2008 è all’esordio in Piazza



    LUCA MINISINI DETTO DE’

    Corre il Palio per i colori del’Onda su Ozzastru.

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    CARRIERA: Nato a Livorno il 25 marzo 1977
    Palii corsi: 20
    Palii vinti: 3
    2 luglio 1998 SELVA, Papavero Nero, 16 agosto 1999 DRAGO, Paola Barale, 16 agosto 2000 vince nel LEOCORNO su Venus VIII, 9 settembre 2000 DRAGO, Altoprato, 2 luglio 2001 DRAGO, Alghero, 16 agosto 2001 vince per il Drago su Zodiach, 2 luglio 2002 vince nell’Istrice con Ugo Sanches, 16 agosto 2002 DRAGO, Altoprato, 2 luglio 2003 DRAGO, Ugo Sanchez, 16 agosto 2003 CHIOCCIOLA, Altoprato, 16 agosto 2004 DRAGO, Berio, 2 luglio 2005 AQUILA, Zilata Usa, 16 agosto 2005 LEOCORNO, Elisir di Logudoro, 16 agosto 2006 NICCHIO, Zodiach, 16 agosto 2007 GIRAFFA, Gridu, 2 luglio 2008 GIRAFFA, Gezabele, 16 agosto 2008 VALDIMONTONE, Choci, 2 luglio 2009 OCA, Indira Bella, 16 agosto 2009 AQUILA, Indira Bella.

    OZZASTRU(Onda) – Proprietario Lucia Toto, allenatore Massimo Milani.
    Castrone sauro del 2007. Al suo primo Palio


    JONATAN BARTOLETTI DETTO SCOMPIGLIO
    Corre questa sera per i colori del Valdimontone con Lo Specialista


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    CARRIERA: Nato a Pistoia il 30 aprile 1980
    Palii corsi 9
    Palii vinti 2
    16 agosto 2007 vince nel LEOCORNO con Brentoto, 2 luglio 2008 LEOCORNO Iada, 16 ago-sto 2008 DRAGO Fedora Saura, 2 luglio 2009 PANTERA Elfo di Montalbo, 2 luglio 2010 ONDA Giove Deus, 16 agosto 2010 ONDA Lo Specialista, 2 luglio 2011 VALDIMONTONE Lo Specialista, 16 agosto 2011 LEOCORNO Ivanov, 2 luglio 2012 DRAGO Lampante. 16 agosto 2012 vince nel Valdimontone con Lo Specialista.

    SPECIALISTA(Valdimontone) Proprietario: Fabio Fioravanti, allenatore: Fabio Fioravanti
    Castrone sauro del 2004 E’ al suo quinto Palio. Unico cavallo in Piazza ad aver vinto un Palio: 16 agosto 2012 nel Valdimontone con Scompiglio


    ALESSIO MIGHELI DETTO GIROLAMO
    Questa sera correrà il Palio per i colori della Civetta su Nottambulo


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    CARRIERA: Nato a Siena l’8 febbraio 1984
    Palii corsi 6
    Palii vinti 0
    2 luglio 2008 VALDIMONTONE Iolao, 2 luglio 2010 DRAGO Insomma, 16 agosto 2010 DRA-GO Mortimer, 2 luglio 2011 DRAGO Indianos, 16 agosto 2011 NICCHIO Fantastic Light, 2 luglio 2012 NICCHIO Misteriosu, 16 agosto 2012 Civetta Nicolas De P. Ulpu

    NOTTAMBULO (Civetta) – Proprietario Mattia Marchetti, allenatore Alessio Migheli
    Castrone sauro del 2006. E’ all’esordio in Piazza.


    VALTER PUSCEDDU DETTO BIGHINO
    Corre il Palio per i colori dell’Istrice sull’esordiente Naiké


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    CARRIERA: Nato a Pegli il 16 aprile 1981
    Palii corsi 17
    Palii vinti 0
    2 luglio 1999 LEOCORNO, Razzo de Nulvi, 16 agosto 1999 ISTRICE, Verkos, 2 luglio 2000 TARTUCA, Razzo de Nulvi, 9 settembre 2000 CIVETTA, Zetsun, 2 luglio 2001 TARTUCA, Zenubbia, 16 agosto 2011 CIVETTA, Attilax, 2 luglio 2002 TORRE, Altoprato, 16 agosto 2002 LEOCORNO, Zodiach, 2 luglio 2003 LEOCORNO, Urban II, 16 agosto 2003 TORRE, Artù Valoroso, 2 luglio 2005 ONDA, Ellery, 16 agosto 2005 SELVA, Vai Go, 2 luglio 2006 OCA, Elisir di Logudoro, 16 agosto 2006 OCA, Didimo, 2 luglio 2007 ONDA, Giaguaro, 16 agosto 2007 ONDA, Ermellyno, 16 agosto 2008 PANTERA, Istriceddu, 2 luglio 2009 VALDIMONTONE, Ilon, 2 luglio 2011 ISTRICE, Moedi, 16 agosto 2011 PANTERA, Gammede.

    NAIKE’ (Istrice): Proprietario: Simone Picchi, Allenatore: Luigi Bruschelli
    Femmina baio del 2006 al suo esordio in Piazza



    SEBASTIANO MURTAS DETTO GRANDINE

    Corre per i colori del Nicchio su Morosita Prima


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    CARRIERA: Nato a Santu Lussurgiu (OR) il 18 luglio 1990
    Palii corsi 1
    Palii vinti o
    16 agosto 2012 LEOCORNO, Nobile Nilo

    MOROSITA PRIMA
    (Nicchio) - Proprietario: Carolina Tacconi, allenatore: Massimo Milani.
    Femmina baio scuro del 2005. Al suo secondo Palio. Ha corso il 16 agosto 2012 nell’Istrice montato da Gingillo. Fonte



    Edited by Milea - 3/7/2013, 00:52
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    Siena, 2 luglio 2013 è
    il giorno del Palio di Provenzano



    Drappellone-provenzano-2013



    E' il giorno del Palio di Siena. Alle 19.30 i dieci cavalli delle contrade partecipanti alla Carriera dedicata alla Madonna di Provenzano usciranno dall'entrone di Palazzo Pubblico, dando così inizio ai giochi.

    Drappellone-dett

    Le contrade in Piazza sono Valdimontone, Pantera, Oca, Civetta, Istrice, Lupa, Torre, Leocorno, Onda e Nicchio, e si contenderanno lo splendido Drappellone realizzato dalla senese Claudia Nerozzi. Questo Palio è stato ribattezzato "delle rivalità" perché sono ben 9 le nemiche al canape, con la sola Pantera "libera".

    Le accoppiate sono ormai ufficiali:

    ISTRICE Naikè Valter Pusceddu detto Bighino
    PANTERA Pestifero Silvano Mulas detto Voglia
    LUPA Indianos Andrea Mari detto Brio
    LEOCORNO Porto Alabe Luigi Bruschelli detto Trecciolino
    OCA Guess Giovanni Atzeni detto Tittia
    VALDIMONTONE Lo Specialista Jonatan Bartoletti detto Scompiglio
    TORRE Mocambo Giuseppe Zedde detto Gingillo
    ONDA Ozzastru Luca Minisini detto Dè
    CIVETTA Nottambulo Alessio Migheli detto Girolamo
    NICCHIO Morosita Prima Sebastiano Murtas detto Grandine

    Dedicato alla Madonna di Provenzano è stato dipinto da Claudia Nerucci, La giovane artista senese, ha realizzato il "cencio" dedicato alla Madonna di Provenzano, per il Palio di Siena del 2 luglio 2013.

    C’è tutta la simbologia cara ai senesi nel drappellone dipinto dalla giovane artista Claudia Nerozzi per il prossimo Palio del 2 luglio.
    In alto, su un fondo blu cobalto e pagliuzze d’oro, l’effige della Madonna ha il volto di una donna mediterranea. Bella nei lineamenti, ma forte nell’espressione. Incarna il passato e la contemporaneità. Un tempo senza tempo, plastico come l’arte. Eterno come la fede.

    Nella parte centrale del drappo di seta le teste di 10 cavalli. Sono i ritratti di cavalli vittoriosi: Brandano, Zodiach, Panezio, Già del Menhir, Benito, Rimini, Berio, Pitheos, Fedora Saura, Choci, rimasti nella mente e nel cuore della città. Un omaggio, della Nerozzi, alla Festa senese. Belle le spennacchiere ad ornamento, impreziosite da strass in un effetto a spessore, che le fa emergere dalla stoffa con scintille di luce.

    L’amore per i cavalli di Claudia Nerozzi è scritto nel suo DNA e corre sul drappellone con la forza del suo Iron Horse, proposto come immagine dominante, come iconografia unica del Palio di Siena. Il cavallo, essenza pura della passione. L’elemento che ha mantenuto, inalterato, il senso di una tradizione secolare come il Palio.

    Nel suo lavoro l’artista senese è riuscita, in perfetto equilibrio, a coniugare quel magico paradigma che vede, in perfetta simbiosi, il sacro e il profano: la forza della corsa, disputata in onore della Vergine. Le braccia alzate dei contradaioli, nella parte bassa dell’opera, per incitare ed esultare. Per ringraziare, insieme al cromatismo delle bandiere, a mo’ di cornice, sul lato del dipinto.

    Sulla trama del cielo, in lettere d’oro, il Te Deum, l’inno cristiano che tutta la città canta a ringraziamento della vittoria conquistata. Il cantico continua anche sul retro del drappellone, dove la Nerozzi lo affianca alle orme degli zoccoli lasciati sull’anello di tufo giallo della Piazza. Segni di memoria. Segni di eternità.

    Dalla tavolozza della Nerozzi si è materializzato il “cencio” del cuore, che i senesi già sognano pregando quella Madonna carica di umanità terrena che sembra assistere, come loro, ad un gioco, metafora di vita, disputato in una terra di mezzo in grado di accettare la sfida di coniugare il passato al presente e delineare il futuro. E’ un Palio dentro il Palio.

    Il linguaggio artistico di Claudia Nerozzi non è affatto autoreferenziale, bensì duttile, in grado di trasformarsi in un’armonica narrazione del Palio, intima e speculare, così da farla rivivere nel ricordo per chi già lo conosce, ma, al contempo, è una sintesi in grado di raccontarlo a chi non lo conosce.

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    Fonte



    Edited by Bootleg - 2/7/2013, 19:45
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    Breeze: Teddy Bear takes on role
    of mummy after foal is found abandoned


    Orphaned foal cuddles up to teddies as he misses his mum


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    Newborn foals rely on their mothers to provide everything from food to motherly affection.
    But after Breeze the Dartmoor Hill pony was orphaned, his cuddles have come from a 4ft teddy bear, which rescuers have given him as a surrogate mother.
    One-week-old Breeze was found abandoned on Dartmoor National Park on May 24 when he was just a few hours old.
    He had been wandering without his mother and attempting to suckle on other mares before rescuers found him collapsed from clinical shock and dehydration. Despite a search of the area for the mare that gave birth to Breeze, his mother could not be found.
    Rescuers nursed Breeze back to health at the Mare and Foal Sanctuary in Devon, and he was given the cuddly toy to snuggle up to in the absence of a mother. The giant bear lives with Breeze in his stable and the young foal can be seen nestling in to its fur for comfort.


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    Sanctuary executive director Syra Bowden said: ‘Sadly, little Breeze hasn’t got his mum around to keep him company.
    ‘Although his carers here at the sanctuary work around the clock to look after him, it’s not quite the same.
    ‘As a result, we always give our orphaned foals a giant cuddly toy as a compa-nion. They’re just like human babies in the way it provides them with comfort.’ When Breeze arrived at the equine centre their vet spent three hours by his side and put him on a saline drip, fitted him with a catheter and gave him colostrum drips, milk and medication.


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    Breeze now receives 24-hour care from staff at the sanctuary’s Honeysuckle Farm in Newton Abbot and is said to be making progress.
    Ms Bowden said: ‘Breeze was very poorly when we first reached him and it was very much touch and go.
    ‘He’s now suckling well and feeding every hour. He even tried to have a little canter and buck in his stable over the weekend.
    ‘He’s not out of the woods yet, though. We’ll keep a very close eye on him and care for him around the clock to ensure we do everything possible to help him pull through. ‘We all have our fingers crossed that Breeze will continue to grow strong’


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    Source





    Edited by Lottovolante - 2/6/2013, 20:51
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    Pisanello_San-Giorgio-e-la-Principessa
    Pisanello, San Giorgio e la Principessa (1437-38)
    affresco, parete esterna, sopra l'arco, della cappella Pellegrini (o "Giusti")
    Verona, chiesa di Sant'Anastasia



    Tredici metri e venti centimetri dal pavimento. L'affresco sull'arco esterno della cappella Pellegrini svetta a un'altezza siderale, che rende i particolari invisibili all'occhio e trasforma la scena in un arazzo multicolore. Eppure, l'affresco brulica di dettagli. Quando guardo un'opera destinata ai soffitti e alle cupole di una chiesa o di un palazzo, irraggiungibili una volta smontati i ponteggi, non posso impedirmi di chiedermi per chi, davvero, dipinga un artista.

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    Studio della testa della principessa (Louvre)

    Per chi esibisca la propria bravura, invenzione, intelligenza. Per i committenti che, pagando, vogliono il meglio? Per gli assistenti? I fedeli, il pubblico? Per Dio?

    Antonio di Puccio, detto Pisanello, dipinge per il piacere della bellezza e per la gloria - dunque anche per se stesso. Benché fosse coetaneo di Beato Angelico (e quest'affresco coevo di quelli del convento di San Marco), non poteva essere più diverso dal frate di Fiesole. Quanto quello era mistico e spirituale, tanto Pisanello era laico, profano e immerso nel tumulto del mondo. Il diminutivo imposto al suo nome non inganni: era il pittore più lodato del suo tempo, venerato dagli umanisti e dagli intellettuali.

    Trascinato dal successo su e giù per l'Italia - da Pavia a Venezia, da Roma a Ferrara, da Mantova a Milano, fino a Napoli e oltre - chiamato a tutte le corti, conteso da condottieri, papi e marchesi, finì per identificarsi con gli aristocratici suoi protettori, e per impelagarsi nelle lotte che dilaniavano Verona, la città in cui era cresciuto e in cui aveva casa, madre e figlia.

    I Veneziani gli confiscarono i beni, costringendolo a un dorato esilio. Pisanello rimase fedele soltanto alla sua pittura raffinata e gradevole alla vista quanto complessa nella concezione e nell'esecuzione.

    San Giorgio è il casto cavaliere errante che libera la principessa e trafigge il drago. La sua storia, una delle più romanzesche del Martirologio cristiano, echeggia fiabe e miti dell'antichità e del Medioevo - da Perseo e Andromeda fino a Parsifal e Bors. Nel XIII secolo Jacopo da Varazze, nella Legenda Aurea, ne fissò per sempre scenario e protagonisti. Un drago dal fiato pestilenziale ammorba il lago della città di Silena, in Libia. Per placarlo, ogni giorno gli abitanti gli danno in pasto due montoni.


    Pisanello_cavallo-e-cavaliere
    Cavallo e cavaliere (dettaglio)


    Quando il bestiame scarseggia, estraggono a sorte le vittime umane. La prescelta è la figlia del re, che viene condotta al lago per essere divorata. Ma sopraggiunge Giorgio. Sfida il drago, lo sconfigge, gli mette il guinzaglio, lo conduce in città, converte gli abitanti e prosegue verso la Palestina, dove subirà il martirio. Tutti i pittori hanno sempre raffigurato la scena chiave: il combattimento col drago. Del resto è la più drammatica, e anche la più significativa, che si presta a letture allegoriche e perfino politiche: il Bene sconfigge il Male, il cristianesimo il paganesimo (o l'islam).


    Pisanello_principessa
    La principessa


    Pisanello no. Fa una scelta che noi - abituati a ogni demistificazione narrativa - sottovalutiamo. Ma allora doveva parere di un'audacia sconfinata. Infatti, dubitando che il soggetto restasse oscuro, appose in basso una didascalia esplicativa: SANCTUS GIORGIUS. Pisanello dipinge un momento trascurabile della vicenda San Giorgio - che coraggiosamente ha appena rifiutato il consiglio della Principessa di mettersi in salvo - infila il piede sinistro nella staffa e si accinge a salire a cavallo.


    Pisanello_gli-impiccati Gli impiccati


    Un gesto prosaico. Che però crea sospensione, attesa, poesia. Chi guarda deve riconoscere, nella novità della rappresentazione, la storia ben nota. Pisanello fornisce tutti gli elementi, ma si concede la massima libertà: fantasticheria, idealizzazione e crudo naturalismo trovano un miracoloso equilibrio.


    Pisanello_il-castello
    Il castello


    L'affresco è diviso in due parti dall'arco ogivale che fungeva da ingresso alla cappella Pellegrini, nobile e ricchissima famiglia di Verona che lì aveva la sua tomba. Ha sofferto per le infiltrazioni d'acqua ed è stato staccato e spostato, prima di ritrovare la definitiva collocazione. Gli inserti d'argento sulle armature, l'oro e parti di colore sono cadute. A sinistra, appena leggibile, c'è il deserto e il drago: ossa, crani e carcasse animali, avanzi delle sue vittime, giacciono sulla sabbia. Al centro, il lago. A destra, la civiltà e gli eroi. Dalla pinnacolare città gotica - in cui si riconoscono forse edifici reali - è uscito il triste corteo, scortato da un drappello di guerrieri esotici. Fra loro un turco e un arciere mongolo (le cui asiatiche fattezze Pisanello aveva già disegnato dal vero).


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    Pisanello_ritratti2
    Ritratti


    Un cavallo ha le froge tagliate: crudele usanza orientale per permettergli di respirare meglio nella corsa, che Pisanello aveva studiato nel seguito di qualche sovrano straniero, durante i soggiorni a corte. Sopra il re, cavalcioni di un mulo bardato e riconoscibile per il mantello d'ermellino, incombe un patibolo: i cadaveri di due impiccati offrono una sorta di danza macabra, lugubre monito alla vanità del potere. Un corvo gracchia, mentre l'arcobaleno preannuncia la redenzione. Sulla destra, lo scudiero di Giorgio gli porge la lancia; la principessa, altera e impassibile, ci offre la fronte alta, l'acconciatura a balzo, il sublime profilo, e un lussuoso abito di broccato con lungo strascico. Due imponenti cavalli - uno visto di fronte, uno da tergo - creano illusione di profondità. Anche i cani sono pronti: lo spaniel fiuta le tracce, e il levriero, con la museruola e un prezioso collare di pietre preziose, freme guardando il lago.

    Pisanello_barca
    La barca


    E Giorgio è lì, trasognato, malinconico, i biondi capelli come un'aureola, il piede nella staffa, e le labbra socchiuse, come prendesse il respiro prima di affrontare la battaglia. Socchiuse, sì. Perché forse dal basso non si vedevano: ma Pisanello dipinse perfino i suoi denti. Essi rappresentano per me una lezione: di etica, e di stile. Forse nessuno intuirà quanti disegni, quanto studio, quanti ripensamenti precedono un capolavoro come questo. Ma tu dipingerai i denti di Giorgio, le narici dei cavalli, il collare di un cane e la calza di un impiccato, con ogni cura. La stessa con cui hai disegnato per anni aironi, linci, conigli, cervi, avvoltoi, perfino tessuti. Osservare ogni cosa del mondo, perfezionarsi, osare. Tutto conta, nient'altro conta. Questo significa essere un artista. Melania Mazzucco




    Pisanello_il-dragone
    Avanzi consumati dal drago





  8. .


    Degas-Woman-Ironing
    Edgar Degas, La stiratrice (Woman Ironing)
    oil on canvas, (1869 - 72 circa)
    Neue Pinakothek, Munich Germany


    L'epoca conta, diceva. Se fosse vissuto nel '600, avrebbe dipinto opulente Susanne al bagno; all'inizio dell'800, odalische, come il venerato Ingres: corpi sognati, senza rapporto con la vita, solo con l'arte stessa. Ma Degas era nato nel 1834 e quando pose fine al suo apprendistato i pittori uscivano dai musei e piantavano il cavalletto sotto il cielo. Cercavano la verità feriale. L'aspra realtà. E i naturalisti scrivevano tetre storie di operai, prostitute e lavandaie: l'arte non doveva più escludere i lavoratori. La modernità imponeva una nuova forma di bellezza, e talvolta esibiva la bruttezza, l'energia grezza della vita.

    Degas-Woman-IroningD

    Degas era un borghese ricco e di ottimi studi: "nato per disegnare", si era formato copiando e assimilando i capolavori del Rinascimento, perfezionando la fermezza della linea, il modellato, la figura; rivendicava la continuità della tradizione e in politica divenne prudente. Eppure si ritrovò, senza esitare, dalla parte dell'innovazione. La sua arte non tendeva all'eloquenza né alla poesia, disse Valéry: non cercava che la verità nello stile e lo stile nella verità.

    In disparte, protetto dagli occhiali con le lenti blu, libero da scuole e gruppi (benché sodale con gli impressionisti), influenzò la pittura (europea e non solo) fino a '900 inoltrato. Credeva solo alla disciplina, al rigore, al mestiere: lavorò anche quando la malattia agli occhi lo costrinse ad abbandonare i pennelli e i colori a olio per dedicarsi al pastello. Poiché "l'arte non si espande ma si riassume", la sua opera si concentra su pochi soggetti: corse di cavalli; ballerine (sul palco dell'Opéra, a lezione o esauste dietro le quinte, in un'infinità di scorci e variazioni); teatri, caffè, uffici, modiste; stiratrici e infine solo donne senza attributi o identità: nude con tinozza.

    Le stiratrici occupano la sua fantasia per una quindicina d'anni. Nel 1874, a Edmond de Goncourt che visita il suo studio ingombro di Stiratrici (5 le esporrà nella II Mostra Impressionista del 1876), infligge la spiegazione sulla differenza fra il "colpo di ferro appoggiato" e quello "circolare": lo affascina la dura vita di quelle donne. Degas le studia al lavoro: lo interessa la loro manualità e la materia luminosa delle biancherie. Ma col passare del tempo l'osservazione partecipe si muta in entomologico distacco: le stiratrici diventano plebee sbadiglianti, sfatte dalla fatica, condannate all'alcolismo.

    La stiratrice di Monaco è la prima, e più grande, della serie.
    La raffigurazione è frontale: in seguito Degas sceglierà punti di vista più ricercati, col soggetto di tre quarti o di spalle. È una sinfonia in bianco, orchestrata su pochi altri colori: le sfumature del rosa e del bruno - quasi un dagherrotipo. La nota dominante allude anche al vapore che satura l'ambiente. Pennellate larghe e dense coprono la superficie della tela. La ragazza del popolo, giovanissima, paffuta, polposa, stira un lenzuolo: la stoffa, lucida, lascia intravedere un ricamo vegetale. Forse il lenzuolo di un corredo nuziale, ma non il suo: non potrebbe permetterselo. Degas, nevrotico dromomane, esplorava volentieri i quartieri operai, curiosava in modesti appartamenti bui. Si documentava con scrupolo.

    Ma qui - come in altri suoi ritratti - l'ambiente resta sommario e indefinito: la biancheria, appesa sui fili ad asciugare, forma la parete di fondo che serve a far spiccare più netta la figura della stiratrice. Bocca rossa, capelli neri, pelle lunare, indossa una gonna scura e un corpetto bianco scollato. Gli occhi neri assonnati rivolti verso di noi. Ha l'espressione intimidita e però fiera di chi s'è scoperta degna di posare per un artista. Degas, che a van Gogh sembrava un notaio e a Goncourt un ipocrita con lo sguardo obliquo da assassino, era brutale con le sue modelle: le rimproverava di mutare posizione senza permesso e spesso imprecava, insultava. Nella fase tarda, semi-cieco, aveva bisogno di toccarle, di averle sempre sotto mano. Qui, invece, si è sistemato davanti al tavolo da lavoro: alla giusta distanza. La ragazza si sforza di restare immobile. Ma non può. Così Degas non riesce a stabilire la posizione delle sue braccia e della mano destra sul ferro da stiro. E forse nemmeno vuole. È la dinamica del gesto che lo interessa. Lascia visibili sulla tela i pentimenti - l'ombra irreale del braccio nella postura scartata. E la mano sul ferro (sdoppiata) sembra in movimento, come se due fotogrammi fossero stati sovrapposti. La ragazza si muove, il pittore si muove: si guardano. La corrente di empatia che passa dall'uno all'altra diventa luce accecante.

    Degas - che non si sposò mai, per mancanza di passione, e visse con la fedele governante Zoé Cloisier - non è ancora il cinico celibe attempato che disegna laide maîtresse nei bordelli, o donne nude mentre si lavano i piedi o escono dalla tinozza, di cui coglie la pienezza delle forme da angolazioni inedite, talvolta crudeli. La sua stiratrice dalle bianche braccia ha ancora la grazia della Lattaia di Vermeer.

    Ma attenzione. L'arte è artificio, diceva Degas. Richiede malizia, furbizia e inganno, come un crimine. Perché una realtà sembri vera, bisogna che sia falsa. La sua non era affatto un'arte spontanea. Catturava il vero dal vivo durante la posa, ma poi lo costruiva con l'ausilio della memoria. La Stiratrice sembra un'istantanea, ma non lo è. È una scheggia di vita quotidiana ricreata con la freschezza del pennello - con l'analisi e l'immaginazione.

    Degas ha dato all'anonima stiratrice parigina il volto di Emma Dobigny, dolce modella che dipinse altre volte, e che posava anche per Corot e Puvis de Chavannes. Forse il "ritocco" è una forma di esorcismo, di distanziazione. Dopo la catastrofica guerra franco-prussiana e i massacri della Comune, il pittore si attardò senza scopo apparente in Louisiana. Da lì, nel 1872 scrisse al suo amico Tissot di ritenere che "una stiratrice parigina dalle braccia nude" valga più di tutta la notevole bellezza di New Orleans. Fu la frase più gentile che questo distaccato pittore di femmine ebbe mai per una donna. Melania Mazzucco






  9. .


    Black-Iris
    Georgia O' Keeffe - Black Iris (1926)
    oil on canvas - 36 x 29 7/8 in. (91.4x75.9 cm)
    New York, Metropolitan Museum




    Nei musei del mondo ci sono intere stanze tappezzate di quadri di fiori. Le evitavo, annoiata dalla monotonia di opere che mi parevano tutte uguali: vaso poggiato su ripiano, con sfondo neutro. La maestria degli autori - per lo più olandesi e fiamminghi - consiste nel raffigurare i fiori come se fossero veri e gli mancasse solo il profumo. Coi petali vizzi o molli di rugiada, gli steli verde smeraldo o giallognoli e imputriditi, perfino con le mosche e gli insetti che ci ronzano sopra.

    Ma la mia avversione per i quadri di fiori era anche un'avversione di genere (nel senso di gender). Per secoli i pregiudizi accademici hanno relegato la pittura di fiori al gradino più basso della gerarchia. Al primo posto c'era la figura umana (il quadro storico, religioso, mitologico). All'ultimo, la figura inanimata (la natura morta). Come pittura di genere, e di genere minore, le artiste donne avevano finito per specializzarsi proprio in quella, divenendo maestre del virtuosismo illusionista, come Rachel Ruysch, o dell'eleganza decorativa, come Margherita Caffi. Ma io respingevo l'associazione della pittrice con la produzione floreale, che implicava la svalutazione del suo talento. Sul finire dell'Ottocento, l'arte moderna ha capovolto la gerarchia, vedendo proprio in un genere così formalizzato il campo ideale per la sperimentazione pura: basti pensare alle Ninfee di Monet e ai Girasoli di Van Gogh. Ma non mi sono riconciliata coi fiori dipinti dalle donne finché non ho scoperto questo scioccante capolavoro.

    C'è un'umida macchia scura coronata da sinuose labbra viola, grigie e rosate. I colori, intensi e accostati arditamente, non servono a creare volume o a dare luce: sono colori assoluti. La forma illude: chiunque guardi crede di riconoscere nella sinuosa fessura, che si schiude trionfante e sensuale, un sesso femminile. Non rappresentato con la crudezza anatomica dell'Origine del mondo di Courbet: con una capacità poetica di astrazione quasi giapponese. Ma il titolo non consente equivoci. Il quadro raffigura un Iris nero.

    Eppure la pittrice che l'ha dipinto rifiuta con radicalità la zavorra della tradizione e il suo trito simbolismo: sovvertendo ogni rapporto di scala e dimensione, reinventa il proprio soggetto. Quando prendi un fiore in mano e lo guardi - ha osservato una volta - è il tuo mondo in quel momento. Voglio dare quel mondo a qualcun altro. Così l'iris nero è un fiore-mondo. Visto in tutti i suoi dettagli botanici come attraverso la lente di un microscopio, o fotografato con un potentissimo zoom. Il quadro è infatti enorme. L'oggetto che rappresenta è ingrandito più di quaranta volte. Questa macro-pittura finisce per trasformarlo in una figura astratta, una sinfonia armoniosa di colore e linea, dipinta a olio con una sbalorditiva sicurezza. Le pennellate restano invisibili, come se il quadro si fosse dipinto da sé.

    Invece Georgia O'Keeffe aveva impiegato venticinque anni per impadronirsi di una simile tecnica. Fra i pittori non si trova spesso un Rimbaud: la pittura ha rari geni precoci. Per quasi tutti è un lento, caparbio, faticoso apprendistato alla ricerca di se stessi. Il primo fiore dal vero, un arisaro, Georgia l'aveva disegnato nel 1901, in un collegio di Madison.

    Dopo una formazione accademica tradizionale, in scuole d'arte di vario livello, si era impiegata come illustratrice di pubblicità e poi come insegnante in provincia: sarebbe forse rimasta l'ennesimo talento femminile inespresso se non avesse incontrato interlocutori aggiornati capaci di stimolare la sua ricerca. Così, a quasi trent'anni aveva ricominciato daccapo, ripartendo da un foglio di carta e da un carboncino. Tesaurizzando ogni nozione che aveva appreso e insieme dimenticando tutto, per creare una pittura originale, che fosse davvero espressione della sua personalità.

    Iris Nero lo dipinse nel 1926, intorno ai suoi trentanove anni, al culmine della sua maturità di donna e di artista, al tempo della sua consacrazione professionale e del suo matrimonio. Quando i fiori giganti furono esposti per la prima volta a New York, i visitatori ritennero che i petali morbidi dischiusi attorno a un alvo oscuro evocassero una vulva, e che ognuno di quei fiori carnosi ed erotici fosse un intimo - imbarazzante e insieme provocatorio - autoritratto dell'artista. Il suo mentore (e marito), Alfred Stieglitz, aveva contribuito a creare la fuorviante identificazione dichiarando che Georgia si era aperta "come un fiore". I fiori giganti attirarono una folla di visitatori turbati e affascinati, perfino di pazienti nevrotiche mandate alla galleria d'arte dagli psichiatri che le avevano in cura per liberarle delle loro inibizioni.

    Offesa, O'Keeffe rifiutò qualunque interpretazione sessuale o psicanalitica della sua opera. Voleva che essa fosse valutata per le sue qualità pittoriche. Cioè per il disegno, la composizione, l'armonia della forma, l'uso rivoluzionario del colore. Quando dipingeva astrazioni, rappresentava le immagini della sua mente; quando dipingeva mele rosse, iris, petunie viola, calle, papaveri, tulipani, orchidee, camelie, fiori di cactus o di banano dipingeva non tanto l'oggetto in sé quanto l'esperienza di esso, dunque l'emozione che le trasmetteva. Riempire lo spazio in modo che la bellezza si manifesti: questa - diceva - è l'arte.

    Iris nero e i fiori giganti riscossero un successo travolgente, furono venduti a prezzi altissimi, e diedero finalmente a O'Keeffe la possibilità di vivere della sua pittura. Eppure poco dopo - e per molto tempo - smise di dipingere fiori. Negli anni Cinquanta giunse a dire di odiarli, e di averli dipinti solo perché costavano meno di una modella, e avevano il pregio di non muoversi. Abbandonò i colori per il bianco. Si dedicò a ossa di animali, scheletri, bucrani e pelvi raccolti pazientemente nel deserto del New Mexico, dove si era trasferita, e intorno ai settant'anni alle nuvole, che la sedussero quando prese l'aereo per la prima volta. Anche lei dovette rifiutare l'equazione di genere per essere considerata, come credeva di meritare, non la migliore delle pittrici, ma uno dei migliori pittori americani. Melania Mazzucco




  10. .

    Edward-Burne-Jones---The-Doom-Fullfilled
    Edward Burne-Jones - The Doom Fullfilled (Il destino compiuto)
    olio su tela - (1888)
    Stoccarda, Staaatsgalerie



    Non ho mai capito se quelli che vogliono salvare il mondo sono più ingenui o pericolosi. Li ammiro e ne diffido. La Confraternita dei Pre-Raffaelliti voleva salvare l'arte riportandola a una presunta ingenuità originaria. La formazione artistica di Burne-Jones era stata finanziata da John Ruskin, mentore della Confraternita, che gli aveva pagato nel 1859 il primo viaggio in Italia.

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    Così la sua pittura idealizzante e anacronistica, ispirata a Beato Angelico e Gentile da Fabriano, rifletteva gli ideali di un'arte pura ed elitaria, che si opponeva alla volgarità del realismo e al materialismo del mondo contemporaneo. La società vittoriana gli oppose resistenza, ma poi lo adottò, facendone un personaggio della Londra fine '800: un mistico apostolo della bellezza, e alla fine anche un baronetto.

    Per me sir Burne-Jones è il protagonista di un paradosso. Amo le sue superfici senza profondità abitate da dee, cavalieri erranti, statue e sirene; non perché avesse senso resuscitare un'arte morta da secoli con le convenzioni e le convinzioni che la ispirarono, ma perché - teorizzando l'esatto contrario - Burne-Jones stava inventando un'arte del futuro, popolare e universale. Il fumetto. O, come si dice oggi, la graphic novel.

    Il destino compiuto è un episodio del mito di Perseo, uccisore di Medusa e liberatore di Andromeda, che impegnava Burne-Jones dal 1868. Narrato da Ovidio nelle Metamorfosi, era stato dipinto da innumerevoli pittori (fra cui prediligo Piero di Cosimo, Tiziano e Moreau). Ma lui era partito da William Morris. Amico e sodale dai tempi di Oxford, quando leggevano a voce alta tomi di Platone, Morris aveva riscritto il mito nel poemetto The Doom of the King Acrisius (che fa parte della raccolta raccolta The Earthly Paradise).

    Burne-Jones intendeva illustrare il volume dell'amico con 500 disegni.
    Ne preparò una settantina, poi il progetto naufragò. Intorno al 1875 il conte Arthur Balfour, rampante politico tory nonché occultista, spiritista e letterato, gli commissionò la decorazione del salone principale della sua casa di Carlton Gardens. Gli lasciò la scelta del soggetto, e Burne- Jones tornò a Perseo. Un quadro, per lui, era il risultato di una maniacale elaborazione.

    Realizzò dunque svariati disegni a penna e inchiostro; poi li traspose ad acquarello su cartoni; approntò rilievi in gesso dorato su pannello di quercia e solo dopo iniziò a dipingere (lasciava asciugare il colore per mesi, e talvolta aspettava anni prima di verniciare). Passò il tempo: delle 10 tele a olio promesse a Balfour, ne finì solo 4.

    Il destino compiuto prevede lo scontro finale fra Perseo e il mostro che minaccia la vergine Andromeda.
    Scontro elementare, etico: il Bene contro il Male. Ma Burne-Jones non credeva in un'arte didattica: i quadri non devono spiegare, piuttosto suggerire il mistero. La perfezione elegante della linea, il nitore formale, la meticolosità della pennellata, la precisione dei particolari conferiscono al quadro il ritmo ipnotico di una danza. Si tratta di una lotta mortale: ma non c'è movimento, furore, dinamismo. Totale è l'assenza di dramma. La composizione è cristallizzata in un'immobilità onirica.

    Andromeda callipigia, in posa come una statua greca sul piedistallo dello scoglio, ci offre la visione di un nudo integrale femminile dal lato b tra i più attraenti della storia dell'arte. Appena sciolta dalla catena che la ancorava alla roccia a forma di menhir (ma anche di fallo), non sembra spaventata: volge il viso a destra verso il suo liberatore, Perseo. Non fosse perché in testa ha l'elmo che lo rende invisibile e non una chioma di capelli di rame, l'androgino eroe sarebbe identico a lei. Stesso volto aguzzo, stesso naso, stessi occhi.

    Il suo abbigliamento è stupefacente. Burne-Jones studiò per mesi le armature da collezione, e si fabbricò un elmo di cartapesta. Non voleva inserire nel quadro armi o oggetti che rimandassero a un'epoca precisa. Il mito è fuori dalla storia e dalla realtà. E' sempre. Perseo indossa un'armatura che riverbera barbagli d'argento, o una corazza sottile di cuoio nero che gli aderisce alla carne come una seconda pelle? Entrambe, direi: la lamina d'acciaio sembra subire una metamorfosi e diventa guaina sulle cosce e i polpacci. Perseo è protetto da una sorta di maschera - guscio e talismano - come il supereroe Batman.

    the-doom-fulfilled-1885


    Il mostro, Burne-Jones lo immagina come un fascinoso serpente (e così gli assegna natura diabolica).
    Ma acquatico: una murena gigante, dalla pelle nera, liscia e lucida come la camera d'aria di un pneumatico. Perseo e il Mostro hanno la stessa pelle. Insieme, formano un'unica figura: Perseo è inglobato dentro le spire del Mostro, che gli si avviluppa intorno come una ruota: in precario equilibrio, la mano sinistra sul collo di quello, deve subire sull'inguine la pressione vagamente oscena del corpo dell'altro. La spada magica nella mano destra, sta per tagliargli la testa. Il mostro digrigna i denti, e lo fissa negli occhi.

    Non c'è paesaggio. L'ambiente è ridotto a nuda materia: carne, roccia, acqua, metallo. Non sembra di essere in mare, ma all'interno di uno spazio claustrofobico, mentale. Insomma, grazie all'estetica da fumetto dark, il quadro trasmette minaccia e inquietudine. Il titolo contrasta con l'immagine: l'efebico Perseo sembra inadeguato e nulla suggerisce che possa vincere il Mostro e compiere il suo destino. Anche il messaggio è perturbante. Nessuno è ciò che dovrebbe essere: il maschio e la femmina sono gemelli; il Mostro e Perseo un'entità ambigua; l'eroe è solo la parte emersa dell'essere oscuro che li abita entrambi.

    Forse si può essere innovatori senza saperlo e senza volerlo, perseguendo una pittura raffinata ed estetizzante, ignara delle asprezze dell'avanguardia, capace però di aprire spazi di libertà inaudita, lasciando affiorare sulla tela le paure e i fantasmi della psiche. Lottando coi propri demoni segreti tutta la vita, come Perseo. O come Burne-Jones. Melania Mazzucco






    Edited by Ilbastonedidio - 7/5/2013, 21:58
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    Matthias Grünewald, Crocifissione (1512-1516)
    olio su tavola, 269 x 307 cm
    Altare di Issenheim ( prima faccia)
    Musée d'Unterlinden, Colmar



    Il dolore insostenibile del Cristo. Ti atterra come un pugno in faccia, appena entri nell'ex coro della cappella di un convento di monache agostiniane. Stai visitando il museo di una linda cittadina alsaziana, e credi di essere preparata. Hai visto centinaia di Crocifissioni, hai le tue preferite. Sai che questa viene ritenuta la più sconvolgente opera d'arte occidentale.

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    Eppure ti turba come una rivelazione: è come se avessi visto morire qualcuno, e non l'hai aiutato. E anche se non tornerai più a Colmar, rimane dentro i tuoi occhi e dentro di te, indelebile come una colpa.

    Eppure è soltanto il pannello centrale di un polittico, dipinto a olio su tavola di tiglio cinque secoli fa. Ci sono Cristo, Maria ai piedi della croce (a differenza che nella tradizione iconografica, è una giovane dal volto bellissimo, vestita di bianco), il diletto Giovanni e la disperata Maddalena stravolta dal pianto - come ovunque.

    C'è anche Giovanni Battista, dall'altra parte della croce, e ciò è forse unico, e ha un significato: ma la prima volta che guardi la Crocifissione trovi normale che ci sia il barbuto profeta con l'agnello, visto che ci sei anche tu, dunque la spiegazione ti basta. Insomma, è la solita scena. Tuttavia questa Crocifissione non somiglia alle altre.

    Innanzitutto per le dimensioni. Questo Cristo in croce è enorme, o lo sembra perché gli altri personaggi sono in scala ridotta. Il pittore usa la misura per esprimere l'intensità, e la solitudine - non conosce le regole della prospettiva, o le ignora. Poi c'è l'oscurità. Il pittore non ha dipinto la collina del teschio detta Golgota. Distoglierebbe l'attenzione. Il paesaggio è ridotto a una massa avvolta nella notte. Il pittore sceglie dunque l'istante cruciale della religione cristiana: la morte di Dio - come un uomo, in nome dell'uomo e per il suo riscatto.

    Scrivo "il pittore" e non Mathis Grünewald, perché la questione dell'identità dell'autore, su cui si discute da secoli, mi lascia indifferente. Per me conta solo questo: fu contemporaneo di Giorgione e Dürer ma visse nella provincia tedesca, ai margini della grande arte del Rinascimento; non dipinse mai opere profane, e quasi solo Crocifissioni (almeno cinque); fra il 1510 e il 1516 fu chiamato da Guido Guers, priore del convento di Issenheim, a dipingere il polittico per l'altar maggiore della chiesa dell'ospedale. Composto di ante apribili, a libro, doveva contenere svariate tavole, con effigi di santi e episodi della vita di Gesù.



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    Cristo soffre. Una corona di spine, pesante come fosse di ferro, gli incarta la testa insanguinata. Le mani e i piedi, che i chiodi configgono a una trave di legno grezzo, si contraggono nello scatto estremo dell'agonia (le dita si increspano verso il cielo, le braccia si slungano). Il sangue cola da ogni ferita. Il perizoma è uno straccio lacero, il corpo un sacco bucherellato come un puntaspilli. Miriadi di schegge, residui della fustigazione con le verghe, crivellano infatti la carne. I buchi sono infiammati e la pelle verdastra, la cassa toracica sollevata in uno sforzo estremo. La bocca è livida, le labbra socchiuse, perché l'uomo morente, dopo aver gridato il suo "Padre, perché mi hai abbandonato?", esala l'ultimo respiro. Il pittore ci costringe a guardarlo morire.


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    La visione può risultare intollerabile. Molti detestarono il realismo brutale di Grünewald, in seguito un pittore non avrebbe più potuto immaginare di dipingere Gesù come un ladrone, umiliato da una morte brutta e infame. Prevalse l'idealizzazione. Suggerire il dolore, ma non mostrarlo. Ancora oggi si discute se sia lecito mostrare la morte e la sofferenza degli uomini, ogni volta che una foto rubata ce li mostra nel loro orrore. Si parla di pornografia del dolore. C'è chi ne abusa - e per provocare convoca frattaglie, mutilazioni e corpi avariati, negando il confine dell'invisibile.

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    Ma Grünewald, chiunque fosse, non vuole scioccare né provocare. Vuole, al contrario, consolare. La sua spaventosa Crocifissione serviva proprio a questo. Confortare i ricoverati nell'ospedale di Isenheim, che vi venivano rinchiusi come Cristo salì sul Golgota: per morire. Erano infatti colpiti dal "fuoco sacro" o "fuoco dell'inferno": fra le tante malattie che allora potessero colpire un essere umano, la più crudele. Letale come la peste, lenta come la lebbra, e anche vile, perché si accaniva sui poveri.

    hand

    La pelle brulicava di pustole, che causavano allucinazioni e degeneravano in ulcere, corrodendo le membra; braccia e gambe enfiate andavano in cancrena, e si staccavano dal corpo o dovevano essere amputate; il tronco ormai nero come carbone e duro come cuoio puzzava di putrefazione. I balsami dei monaci fatti con la verbena, la prunella e l'oppio del papavero davano sollievo ai dolori atroci: ma non esisteva cura. Solo secoli dopo si scoprì che le epidemie erano causate dal fungo che guastava la segale, e si coniò il termine "ergotismo".

    Quel Cristo repellente diceva ai poveri moribondi che anche il figlio di Dio aveva sofferto ogni dolore. In fondo, che anche loro erano figli di Dio. Grünewald vuole anche rafforzare. La fede, intendo. Poiché era credente, e sapeva che solo morendo Cristo poteva risorgere.

    Cioè che tutto il male sofferto - da lui e da loro - doveva essere accettato, e sopportato, perché aveva un senso. Questo era il messaggio più autentico del cristianesimo, e la ragione della sua popolarità fra gli ultimi del mondo. E la luminosa Resurrezione, in un'altra anta del polittico, mostra infatti lo stesso Cristo già torturato salire sorridente al cielo in una abbagliante nuvola d'oro.

    La Crocifissione di Isenheim sarebbe uno scandalo senza la Resurrezione. Eppure confesso che col tempo il resto del polittico svanisce. I demoni con la testa di pappagallo, il grugno di maiale e gli occhi di fuoco; gli angeli piumati come uccelli, l'eremita con l'abito di canne; perfino la bellissima Madonna in bianco che sviene sotto la croce.

    Svaniscono le innovazioni alle convenzioni pittoriche, le invenzioni, le verità teologiche che pure il pittore esibì con mirabile intransigenza espressiva e coraggio. Resta il dolore insostenibile di una creatura che muore. E la domanda che esala da quelle labbra dischiuse. Perché mi hai abbandonato? Melania Mazzucco




    jesus-hand








    Edited by Ilbastonedidio - 7/5/2013, 21:58
  12. .

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    Antonio Canal detto il Canaletto
    Il ritorno del Bucintoro nel giorno dell’Ascensione (1729)
    olio su tela, 182 x 259 cm.
    Collezione privata



  13. .

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    Hieronymus Bosch
    Trittico del Carro di fieno (pannello centrale)
    olio su tavola, 135x100 cm (1516)
    Museo del Prado, Madrid



  14. .

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    Fernando Botero
    Man And Woman, (1998)



  15. .

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    Giovanni Boldini
    Portrait of the Marchesa Luisa Casati with a Greyhound
    Oil on canvas (1908)
    Private collection



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