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Posts written by Milea

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    Anche in questo dipinto si avverte una sensazione di pienezza satura dello spazio ambientale.
    La caratteristica che costituisce una novità essenziale,
    è l’atteggiamento della figura che,
    pur non compiendo alcun gesto precisato in una azione,
    è determinante per la composizione generale.
    L’uomo è incastonato nella sagoma dell’armadio, fra il tavolo da disegno e la finestra,
    in un rapporto indissolubile con l’ambiente.
    Se dovesse spostarsi, per qualunque motivo,
    crollerebbe tutta l’impalcatura compositiva in modo catastrofico.







    In questo dipinto, Vermeer usa la composizione preferita,
    quella riferita alle mediane,
    con cui la tela viene divisa simmetricamente in ogni senso,
    realizzando un equilibrio statico totale. Ripetuta tante altre volte,
    rappresenta in fondo la struttura dello spazio nel suo schema cardinale sul piano.
    La mediana orizzontale inizia il suo cammino sotto forma di davanzale della finestra,
    continua come equatore del globo,
    si nasconde poi dietro la manica del braccio teso dell’astronomo,
    per concludere la sua corsa sotto forma d’ombra del quadro appeso al muro.
    La mediana verticale è tangente al lato destro del pannello attaccato all’armadio che,
    per il suo contrasto chiaroscurale, ne suggerisce la direzione visiva.
    Attraverso il braccio orizzontale,
    appoggiato sulla mediana del quadro,
    l’integrazione dell’uomo nell’ambiente è totale ed impeccabile.

    La figura umana che prima era una forma congenita al suo ambito pittorico planimetrico, ora integrandosi nell’ambiente, insieme alle suppellettili riacquista il peso, la corposità e la complessità, la naturalità esistenziale della persona.

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    Adorazione dei pastori, 1609
    olio su tela 314×211 cm
    Messina, Museo Regionale



    La presenza a Messina di alcuni esponenti dei Cavalieri di Malta, con i quali Caravaggio era rimasto in contatto, può spiegare il rapido inserimento del pittore nelle committenze artistiche cittadine.
    Nel corso del suo breve soggiorno a Messina, Caravaggio riceve dal senato della città l'incarico della realizzazione della pala che avrebbe ornato l'altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Concezione, retta dai padri Cappuccini. In cambio, il senato prometteva all'artista il compenso di mille scudi, una delle più alte cifre della sua carriera. Non è noto però a chi fosse originariamente destinata la seconda pala d’altare messinese, eseguita contemporaneamente alla Resurrezione di Lazzaro.


    Doveva trattarsi della richiesta da parte di una chiesa francescana, ancora più probabilmente dell’ordine dei Cappuccini, con i quali Caravaggio è stato ripetutamente in contatto, e alla cui religiosità rimanda l’atmosfera intima e semplice del dipinto. Poco tempo dopo aver dipinto la tela messinese, nel successivo passaggio a Palermo, Caravaggio dipingerà un’altra scena della Natività per un oratorio francescano.
    Alla spiritualità francescana si legano la nudità della rustica baracca di legno, tra gli utensili in primo piano e l’asino e il bue mansueti sullo sfondo, e il sentimento della scena, sobria ed insieme toccante.


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    A parte la sottilissima aureola d’oro intorno alla testa di Maria, nella scena non compare alcun riferimento divino: l’episodio è interamente svolto su un livello umano, ma proprio per questo acquista una profonda credibilità, si consegna direttamente all’esperienza reale di chi lo guarda.
    Questi aspetti di dimessa verità quotidiana sono sottolineati dalla posa naturale della Madonna che, col gomito appoggiato alla mangiatoia, coccola con dolcezza il suo Bambino, pronto a restituire la carezza.


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    Ispirato probabilmente alla semplice umana devozione dei Cappuccini, il dipinto mostra l’estrema povertà della famiglia di Gesù: la Madonna, sfinita dal viaggio e dal successivo parto, sulla paglia che copre parzialmente il suolo, è stesa a terra e viene osservata con commossa trepidazione da Giuseppe e da un gruppo di pastori silenziosi.
    Anche questa tela, come le altre pale d’altare eseguite nei mesi pieni di attività trascorsi in Sicilia, esprimono la volontà di Caravaggio di sperimentare nuove soluzioni compositive, attraverso un dialogo innovativo tra le figure e l’ambiente vuoto che le circonda.



    La gamma dei colori, ridotto essenzialmente a leggere variazioni sui toni di bruno (salvo il vestito rosso di Maria) ribadisce l’essenzialità della composizione. Nella penombra all’interno della stalla, Caravaggio riesce a far cogliere al visitatore, il senso realistico dello spazio.


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    Tre personaggi formano un blocco molto compatto: il primo dei tre, a destra è probabilmente da identificare con san Giuseppe. Il giovane pastore, al centro, mette in risalto un fisico tornito. San Giuseppe e i pastori sono disposti in maniera da formare una croce, mentre sullo sfondo il bue e l'asino fungono quasi da quinta insieme alla mangiatoia. La scena è riprodotta, quasi fotografata, in tutta la sua drammaticità e povertà”. Ed è proprio con quest'opera che il pittore inaugura il cosiddetto genere della Natività Povera, che avrà grandissima fortuna nella pittura sei-settecentesca.



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    Tenerissimo,
    carico di infinita dolcezza,
    è l’abbraccio
    tra Maria e il Bambino,
    che sembra accennare
    a una carezza
    verso il viso della Madonna.
    (M.@rt)



    Edited by Milea - 18/6/2014, 15:29
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    Ciò che immediatamente si percepisce è la scansione della superficie in aree delimitate da ortogonali in un perfetto equilibrio di pieni e di vuoti,intendendo per pieni le parti scure: mappa, tavolo, sedie, donna, per vuoti i ritagli della parete.

    Come in una mappa i percorsi visivi guidano le nostre percezioni da un oggetto all’altro, da una zona all’altra per collegamento grafico, con semplicità e linearità.
    La sferetta nera, dell’asta della mappa, è il punto focale dell’immagine, il perno su cui ruota il congegno compositivo.



    Se si toglie mentalmente la donna, da questo quadro, resta una composizione di Mondrian.

    Vermeer è il primo pittore che ci mostra un mondo corrispondente al suo modo di essere: senza alterare la realtà, ci mostra la costruzione percettiva del suo cervello visivo.
    Egli mostra la vita nella sua semplice dignità intrinseca, la vita valorizzata dalla sua qualità, in cui e per cui, ogni cosa ha la propria importanza e dignità estetica e formale, il proprio valore dal rapporto in cui si colloca tra le altre.

    Il “metodo analitico”, applicato alla pittura, ha portato Vermeer a superare i valori esemplari fissati dalla tradizione umanistica: i valori assoluti, i caratteri tipici, i ruoli privilegiati ed esemplari.
    Ha capito, attraverso la pratica pittorica che ogni forma, ogni colore, ogni tonalità, ogni ente è relativo, cioè trova il proprio valore dalla relazione.
    Questo è il principio estetico che regola la natura morta: quello di scegliere un oggetto, piacevole in sé, e di porlo in modo tale da non sovrastare la bellezza, il carattere degli altri oggetti, ma di essere parte complementare degli altri per raggiungere una orchestrazione più ampia nell’accordo generale, elargendo, come ricevendo, sonorità e musicalità.
    L’uomo di Vermeer consiste nella dignità dell’esistenza: dell’esserci.Come il giallo trova il proprio canto vitale dal rapporto con la luce spenta del grigio, lo scuro dal chiaro.

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    Vermeer suggerisce la concentrazione totale della merlettaia sul suo lavoro grazie alla postura scomoda e al giallo limone dei suoi vestiti – colore attivo e psicologicamente intenso; anche i capelli riflettono lo stato fisico e mentale.
    Infine, la luce illumina la fronte e le dita a sottolineare la precisione e la chiarezza di visione necessaria per l'arte del merletto: i capelli e le mani sono inondati di luce che, a differenza della maggior parte delle opere di Vermeer, entra da destra, non da sinistra.



    La Merlettaia e i secoli successivi


    Il dipinto è stato particolarmente apprezzato dagli impressionisti,
    sempre alla ricerca della luce che crea il colore.
    Così, Renoir ha ritenuto che questo capolavoro
    fosse l'immagine più bella del mondo
    e Van Gogh, affascinato dal colore di questo dipinto ,
    in una lettera a Emile Bernard, nel 1888,
    evidenziò la bellezza del suo «giallo limone, azzurro e grigio perla».

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    Un attimo di vita quotidiana trasformato in un’immagine raffinata e senza tempo.

    L’atmosfera della Lattaia non è narrativa,
    ma di tutt’altro genere;
    vi “aleggia una calma di sogno, una completa immobilità ...."
    che ci porta lontano dalla grossolana e nuda realtà quotidiana”
    (Huizinga).

    La struttura geometrica,
    dallo spazio si è trasferita all’interno della figura,
    magistralmente architettata ed imponente nel gesto e nella posa.
    Il meccanismo compositivo non parte dal gesto,
    dall’azione che risulta statica e statuaria,
    ma dal cerchio della brocca, di prospetto, da cui cola il latte nella bacinella.
    Lo scorrere immobile del liquido è l’emblema dell’eterno presente!




    Invece della pittura lucida,
    smaltata e nitidissima delle ‘scene di genere’ dei suoi contemporanei olandesi
    Vermeer adotta una tecnica a grani di colore,
    abolisce le linee di contorno e sfuma i profili degli oggetti che sembrano dissolversi nella luce;
    propone ombre colorate e pennellate visibili e ricche di impasto.


    I grani di colore
    – tocchi di pennello densi di colore che restano in rilievo sulla tela–
    danno vita agli oggetti,
    descrivono la diversa consistenza dei materiali:
    la ruvida cesta di vimini, la seta grezza del corpetto giallo,
    la cuffia inamidata, la porosità della brocca di terracotta,
    la crosta croccante del “pane nel cestino
    e dei panini sulla tavola che sono costellazioni di punti luminosi”
    (Schneider).


    E’ il sottile zampillo di latte bianco, che scorre immutabile e senza tempo dalla brocca di terracotta, o il contrasto giallo blu del semplice abito della ragazza ad attirare il nostro sguardo? Difficile dirlo.
    Resta il fatto che la “ Lattaia “ di Vermeer è una delle opere più affascinanti di tutta la storia della pittura.


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    ...il tempo di un risveglio

    image

    Il risveglio

    È l’ora densa del risveglio, gli occhi
    cercano ancora il sonno nelle palpebre,
    seguono il lembo dell’ultimo sogno
    fuggito al limitare della notte.

    Ma dal groviglio di lenzuola il giorno
    chiama con la sua voce fastidiosa
    - un gallo petulante ed insistente.
    Chiede un nuovo tuffo nella realtà.

    Fonte





    Il risveglio

    Qualunque fiore tu sia, quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
    Prima di allora, una lunga e fredda notte dovrà passare.
    Anche dai sogni della notte trarrai forza e nutrimento.
    Perciò sii paziente verso quanto ti accade e curati ed amati,
    senza paragonarti o voler essere un altro fiore,
    poichè non esiste fiore migliore di quello che si apre
    nella pienezza di ciò che è.
    E quando ti avverrà, potrai scoprire che andavi sognando
    di essere un fiore che aveva da fiorire.


    Walter Gioia




    Edited by Milea - 27/7/2010, 14:04
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    ....il tempo di una telefonata





    Quando mi parli al telefono


    Quando mi parli al telefono
    e mi s'aprono
    d'incanto i paradisi
    della vocalità -
    gli accordi
    e i tocchi d'arpa
    soffici
    appena subsquillanti
    di quella voce dai precordi sono
    tuoi, sì, ma intanto
    è il calmo pelago
    della muliebrità
    che entra
    festosamente ruscellando
    nel mattino della stanza
    e mi dilava da me,
    si porta via la mia nascita,
    mi cancella dalla mia morte
    lasciandomi sospeso...
    è o non è
    chi? me stesso
    ed il mio ascolto - le dicono da tempo
    i suoi interlocutori
    uomini o angeli.

    Mario Luzi

2573 replies since 8/4/2008
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